Secondo la consueta graduatoria del Sole 24 Ore, Milano ha recuperato 10 posizioni e si attesterebbe al secondo posto per qualità della vita nelle città italiane. Certamente un segnale importante che conferma la capacità innata della città di saper reagire alle avversità.
Milano al secondo posto tra le città italiane per la qualità della vita
Milano, per la sua vocazione a essere città di scambi continui, ha subito in modo molto pesante la pandemia, ma è stata in grado anche di individuare la strada per uscire nel modo più veloce possibile. Dai piccoli interventi (come i dehors) alle grandi questioni cruciali. Attenzione, però, a prendere per oro colato questo tipo di classifiche. Bisognerebbe domandarsi, infatti, per chi e come sia migliorata la qualità della vita in città. Il sospetto è che gli ultimi due anni abbiano aumentato il divario tra chi vive una condizione di benessere e chi fa fatica.
I dati sulla povertà, ad esempio, non sono affatto migliorati e il problema coinvolge anche migliaia di minori. Così come non sembrano migliorati alcuni servizi per i più deboli. Infine, tema cruciale, non sono certo calati i prezzi degli affitti e degli acquisti di case. Insomma, certe classifiche lasciano un po’ il tempo che trovano.
Certo, offrono spunti interessanti e vanno salutate positivamente quando gli indicatori migliorano, ma è come se da queste graduatorie scomparisse la questione sociale, delle disuguaglianze, della povertà. Come se la qualità della vita in città coincidesse con la qualità della vita di chi è benestante e gli altri sparissero in una zona d’ombra. Non è un caso che qualcuno si infastidisca quando gli viene ricordato che la questione sociale è anche una questione milanese.
