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28. 04. 2024 09:56

CIQ: a Porto di Mare la multiculturalità è come un’arte, Gueye: «A ognuno il suo spazio»

Il Centro internazionale di quartiere è sorto dopo la ristrutturazione della Cascina Casottello, un centro socio-culturale per concerti, spettacoli, mostre e corsi, anche di cucina

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Porto di Mare, estrema periferia sud-est di Milano tra Corvetto e la Tangenziale Est. Dove oggi nasce CIQ e dove a inizio del secolo scorso si sognava il porto fluviale che avrebbe permesso a Milano di raggiungere l’Adriatico attraverso il Po, oggi, tra aree verdi e cascine, cresce un quartiere in cerca di identità. A un tiro di schioppo da Corvetto, che dello stesso Municipio 4 è parte, e Santa Giulia dove la riqualificazione urbana ha cancellato i campi, Porto di Mare rimane in bilico tra presente e passato. È qui che opera il Ciq, acronimo di Centro internazionale di quartiere. Nato dalla ristrutturazione della Cascina Casottello, spazio rurale nato nel 1700 che il Comune ha acquisito nel 2013 e messo a bando qualche anno dopo per avviare una rigenerazione territoriale e architettonica che facesse da volano alla riqualificazione del quartiere, da quasi 6 anni (l’inaugurazione risale ad aprile 2018) è un hub gestito dall’associazione socio-culturale Sunugal, e dalla Cooperativa sociale Fate Artigiane.

«È il nostro modo di vivere la multiculturalità, un posto di partecipazione attiva dove chiunque viene accolto e può trovare la sua dimensione», ci dice il senegalese Modou Gueye, presidente dell’Associazione Sunugal, anima e motore del Ciq che, all’occorrenza, non esita a mettersi in cucina per soddisfare gli ospiti del ristorante che, con il bar, è una delle molteplici attività dell’hub dove tutti sono benvenuti e non occorrono tessere per entrare. È lui in persona a prepararci il piatto d’ispirazione subsahariana la sera in cui siamo andati a conoscere il Ciq. Qui, nel dedalo di sale, in quel pomeriggio di un giorno qualsiasi, abbiamo incontrato persone del quartiere e stranieri di ogni parte del mondo tra spazi in cui si tenevano corsi di italiano, e altre in cui giovani e meno giovani seguivano un workshop di ballo e una band che stava allestendo il set in cui, da lì a poco, si sarebbe esibita. Perché nulla è statico in quegli edifici bianchi e rossi che si sviluppano attorno al cortile che, durante la bella stagiona, diventa luogo primario di aggregazione e crogiolo di multiculturalità.

Il cortile non è il solo spazio all’aperto del Ciq. Il Giardino delle meraviglie e l’orto che continua a popolarsi di nuove piante alimentano la vita all’area aperta. Il primo è lo spazio attrezzato, con tanto di bar, per gli spettacoli all’aperto dove possono accomodarsi fino a 150 persone. Nell’orto, invece, trovano spazio, piante da frutto, ortaggi e erbe aromatiche. All’interno, poi, gli spazi accolgono la Sala grande, che opportunamente insonorizzata ospita concerti, spettacoli, incontri; una Sala corsi, la Biblio-ludoteca con libri da tutto il mondo per grandi e piccini, una sala cinema per 60 persone e una sala mostre. Ognuno di questi spazi è prenotabile dagli artisti perché la struttura ospita gratuitamente chi ha voglia di proporsi, offrendo un palco aperto per musica, spettacoli e incontri. Il ristorante, infine, offre una proposta di piatti multiculturali a prezzi popolari: dagli italianissimi arrosticini a piatti unici d’ispirazione africana. Per informazioni e per presentare le proprie proposte, si può scrivere a info@ciqmilano.it o contattare i responsabili della struttura telefonicamente al 3383140224.

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CIQ
Via Fabio Massimo, 19
M3 – Porto di Mare
349.64.32.404

 

 

 

Modou Gueye, approdato in Italia dal Senegal nel 1990 è l’anima del Ciq: «Ho fatto mille lavori e poi ho scoperto il teatro»

CIQ
 

Arrivato a Milano nel 1990, quando aveva appena 21 anni, Modou Gueye ha fatto mille lavori prima di approdare alla recitazione, pratica che gli ha dato la spinta a impegnarsi culturalmente per far crescere l’arte e la possibilità di ognuno di esprimersi.

Cosa l’ha spinto in Italia?
«Quello che spinge tutti, il desiderio di vivere meglio. A Dakar gestivo un panificio, in Italia dove sono arrivato in aereo perché ancora era facile lasciare l’Africa, ho fatto il vu cumprà, il gommista e pure il panettiere. A cambiare le mie prospettive è stato un laboratorio di teatro organizzato da Mascherenere (di cui è stato poi anche presidente) frequentato nel 1993 con cui ho cominciato il mestiere di attore».

Come nasce l’idea del Ciq?
«Dalla voglia di mettere su un centro polifunzionale dove fare convergere l’arte in ogni sua forma e da qualunque parte essa provenga. L’ispirazione è stata l’attività che svolgevo alla Fabbrica del Vapore con l’Associazione Maschere Nere dove si facevano laboratori teatrali, mostre, seminari. Erano i tempi del sindaco Albertini e di Aldo Brandirali assessore (secondo mandato di Albertini, dal 2001, ndr). Credo che l’arte debba essere libera e non dipendere dal suo valore di mercato, per questo al Ciq ognuno può avere il suo spazio. E poi nella vita ho avuto fortuna e volevo metterla a disposizione degli altri».

Come siete arrivati a metterla in pratica?
«Abbiamo scommesso sul bando per la ristrutturazione della Cascina Casottello. Ci siamo riuniti con un’altra associazione e ce l’abbiamo fatta. Il difficile è arrivato dopo perché la Cascina era un rudere. Sono serviti oltre 500mila euro».

Qual è l’utenza del Ciq?
«Arrivano i ragazzini che si approcciano al rock e vengono qui a suonare e gli anziani del quartiere che prendono un caffè e si guardano intorno. Arrivano anche artisti da tutto il mondo, chi vuole lo spazio per organizzare un corso, tra questi c’è anche chi tiene corsi di cucina regionale e internazionale».

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