Sessanta anni racchiusi in uno scatto, quello di Maria Mulas

Maria Mulas
Maria Mulas

Maria Mulas è un’importante testimone dell’evoluzione e dei cambiamenti della società e, soprattutto, della città di Milano. Da oltre sessant’anni, con la sua macchina fotografica, immortala intellettuali, artisti, attori, borghesi, luoghi e architetture della città ma anche in giro per tutto il mondo. Sorella del famoso Ugo Mulas, che la introdusse ancora ragazzina in quel mondo artistico che lui ritraeva per amore e professione, ha imparato, sviluppato e apportato il suo personale tocco in ogni scatto e ancora oggi la si può vedere tra una mostra e un vernissage fotografare tra la gente.

Lo studio di Maria Mulas si trova vicino alle Colone di San Lorenzo: entrarci è come affacciarsi su un mondo variopinto di personaggi, pose in bianco e nero, architetture caleidoscopiche e multicolor, dove la storia del ‘900 si fa protagonista nei milioni di scatti racchiusi in ordinate cartelle e contenitori. Molti i personaggi che si sono messi in posa per avere l’onore di essere immortalati dalla “bella rossa” (così amorevolmente chiamata dagli amici): da Gillo Dorfles a Lea Vergine, da Emilio Tadini a Gianni Colombo, da Giorgio Strehler a Valentina Cortese, da Renzo Cortina a Giorgio Marconi, Miuccia Prada e Liz Taylor, ma anche Andy Warhol, Paloma Picasso, Robert Rauschenberg, Keith Haring, Jeff Koons e Ilona Staller.

Nella sua lunga carriera ha fotografato personaggi della borghesia, artisti e intellettuali. Chi tiene a ricordare?
«Ho fotografato di tutto e di più, ho fotografato i personaggi dell’alta borghesia negli anni ’70 e ’80 perché volevo farne una mostra. Il personaggio che mi è piaciuto molto fotografare è stato Andy Warhol che ho ritratto molto spesso, anche se lo scatto più famoso fu quello fatto al Refettorio delle Stelline alla Galleria Credito Valtellinese del 1987 quando lui espose la sua famosa Ultima Cena. E poi Hans Richter e Roberto Sanesi, un carissimo amico, ma anche Natalia Aspesi, Nanni Moretti, Alberto Moravia, Claudio Abbado e molti altri».

Come diventò la fotografa ufficiale in teatro di Giorgio Strehler?
«Mio fratello Mario era il fotografo ufficiale, si faceva aiutare da mia sorella ed io correvo dietro loro: quando decisero di lasciare io continuai. Da lì il mio grande amore per il teatro, tanto che penso di aver influenzato anche la famiglia, visto che mia figlia è un’attrice».

Con l’avvento del digitale siamo diventati tutti fotografi: cosa distingue un fotografo dall’amatore?
«Apparentemente non c’è grande differenza, oggi con lo smartphone si scattano milioni anzi miliardi di fotografie, moltissime di queste fatte a caso solo per comunicare agli altri di esserci. Il fotografo ha un progetto, dietro c’è uno studio. E’ il fotografo che decide chi e cosa, ma soprattutto come fotografare. Quando fotografavo i personaggi che venivano nel mio studio ero io a dirigere, a scegliere le pose e la scenografia.

Nello scatto è sempre stata più istintiva o più programmata?
«A volte istintiva, a volte programmata. Quando decidevo che gli scatti dovevano essere per una rivista o per un giornale, ero sicuramente programmata. Per quelle foto che nascevano da miei desideri, naturalmente ero istintiva: la scelta è sempre dettata da un’attrazione verso qualcuno o qualcosa, altre volte sono attimi che si riescono a cogliere, irripetibili come la vita». Casinò, slot, bonus attuali e le migliori offerte per i giocatori Casino Midas

Nel 1973 uscì anche il libro Milano vista da…
«Per quel libro feci quasi diecimila scatti, sul testo ne finirono 350 circa. Mi fu commissionato da Renzo Cortina, un grande amico e famoso gallerista, fu un gesto di amore verso la città. Anche Paloma Picasso la fotografai grazie a Renzo, peccato che lei non volle mai che fotografassi il padre Pablo».

Come trova cambiata la città?
«E’ cambiata e per certi aspetti anche molto. Non parlo solo dell’aspetto architettonico, ma dell’atteggiamento delle persone: una volta c’era un confronto tranquillo, sincero e sereno, adesso sono tutti troppo frenetici, troppo individualisti e l’apparenza estetica è diventata più importante della nostra morale».

Alcune opere saranno presenti alla mostra Reality 80, scatti che ritraggono momenti mondani. Possiamo svelare qualche aneddoto?
«Sarà una grande mostra dedicata alla città negli anni ‘80: sessantaquattro scatti di contesti pubblici. Ci saranno manifesti e vetrine storiche milanesi come Sant’Ambroeus e molti altri luoghi. Troverete anche dei ritratti di personaggi molto legati alla nostra città come Ettore Sottsass, Marta Marzotto, Carla Fracci con Michel Gorbaciov nell’occasione che venne a Milano. Inoltre tutta una serie di fotografie di Andy Warhol che gli fece in occasione della sua mostra proprio al refettorio delle Stelline. La particolarità di questa mia partecipazione è che ci saranno solo stampe vintage, originali dell’archivio, alcune inedite».

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