Dalla forza di Baggio a l’Isola di libertà, nuova sede per i dieci anni di Shareradio

Shareradio
Shareradio

Un osservatorio privilegiato su una Milano che cambia, non pontificando dall’alto, ma da raccontare dal basso, mettendo il microfono in mano a chi vive sulla propria pelle difficoltà e successi: compie dieci anni Shareradio, web radio raggiungibile su shareradio.it, nata a fine 2009 a Baggio, che inaugura la nuova sede in via Borsieri, cuore di quell’Isola dove il passato che resiste si miscela al nuovo che avanza. I nuovi studi sono all’interno di uno stabile vuoto da anni nel cortile di un caseggiato popolare: miglior soluzione, a ben vedere, non ci poteva essere.

 

Nicola Mogno
Nicola Mogno

«La radio è nata in seno a un più ampio progetto di coesione sociale – racconta Nicola Mogno, uno dei fondatori di Shareradio –. Il quartiere rispose fin da subito in modo incredibile: organizzammo così i primi laboratori per insegnare le basi del mestiere, iniziando da scuole, oratori, centri di aggregazione giovanile a Baggio e dintorni, per poi estendere la cosa anche nelle altre zone della città. Le prime trasmissioni partirono a inizio 2010: anzi, la trasmissione, perché all’inizio in onda c’era un solo programma a settimana».

Oggi, invece?
«Sono venticinque le redazioni per la città e una cinquantina i volontari coinvolti. Ci sono zone più scoperte, per esempio quella di Sud-Est, mentre nei Municipi 6, 7 8 siamo molto forti e radicati, anche grazie alla presenza del nucleo storico di Baggio».

Come nasce una redazione?
«Diamo le “chiavi” del sito, dei social network e di tutto ciò che usiamo a ragazzi e operatori, trasformando così singole esperienze in una vera e propria costola della radio, affinché in relativa autonomia si possa andare avanti, superando la dimensione, anche temporale, del mero laboratorio».

Lo strumento, insomma, è uno, le anime, invece, molte: quali gli obiettivi?
«L’intento è promuovere coesione sociale in città, comunicando e insegnando a farlo. Coniughiamo forme di citizen journalism, storytelling e media education, intese come discipline e processi d’insegnamento e apprendimento collettivo sui media finalizzati al cambiamento sociale».

La vostra programmazione è cosmopolita e policroma: podcast e dirette; programmi a bassa soglia, palestra per tanti giovani, e gioielli audio che vincono premi giornalistici. È questa capacità di tenere insieme un po’ tutto la vostra arma vincente?
«È indubbiamente una delle principali ricchezze della radio, favorita anche dallo streaming, che oggi rende più facile l’accesso ai contenuti, e dal coinvolgimento di professionisti del settore radiofonico per raccontare la loro esperienza e fare formazione: provare a tenere insieme livelli diversi e farli dialogare è una sfida molto interessante».

Siete sbarcati anche nell’Fm: come avete fatto?
«La volontà era provare a superare il limite proprio di ogni programma, ovvero parlare solo alla propria comunità d’ascolto. Ci siamo resi conto di avere una proposta interessante e uno stile narrativo lontano dal mainstream, così abbiamo bussato alle porte dell’Fm: qualcuno non ci ha risposto, qualcun altro sì, come Radio Popolare, con cui la collaborazione è ormai consolidata. Realizziamo reportage giornalistici settimanali su temi forti come il razzismo e da quest’anno curiamo anche una rubrica dedicata all’audiodocumentario».

Milano in questi dieci anni è cambiata: che città vedete?
«C’è un impoverimento molto veloce della classe media: a volte basta un solo scivolone nel lungo percorso della vita per finire a gambe all’aria. Tra i fenomeni su cui abbiamo lavorato tanto c’è, poi, la cosiddetta gentrification, ovvero la trasformazione dei quartieri, dall’Isola a via Padova, con un fenomeno espulsivo per i redditi bassi e le fasce più deboli».

Poi?
«Il tema della scuola, con un processo di segregazione e separazione sociale che inizia già alle elementari e si trascina dietro il pregiudizio: se si vive solo con i propri simili, il diverso diventa qualcosa che non si capisce e fa paura».

Fin dall’inizio uno spazio importante è stato dedicato al tema della salute mentale: la radio può essere uno strumento terapeutico?
«Sì. Dietro al mixer e al microfono si è tutti uguali: la radio è uno strumento efficace di lotta per rivendicare il diritto alla salute e per combattere lo stigma».


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