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25. 04. 2024 07:07

Vulvodinia e endometriosi, Non Una di Meno in piazza per le malattie poco considerate

Il movimento ieri in venti piazze italiane per richiedere il riconoscimento di malattie e disturbi poco considerati e poco studiati

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“Presidio sensibile-invisibile”, questo il titolo dell’iniziativa, è la prima manifestazione nel mondo e nella storia per il riconoscimento di sindromi e patologie che colpiscono in prevalenza la popolazione assegnata femmina alla nascita, ad evidenziare quanto la prospettiva di genere sia sempre più necessaria anche in ambito medico.

Vulvodinia e endometriosi, ma anche neuropatia del pudendo, fibromialgia e altre forme di dolore pelvico. I loro sintomi vengono spesso minimizzati dagli specialisti e il Servizio Sanitario Nazionale non le riconosce come patologie. Eppure sono moltissime le donne a soffrirne e le loro conseguenze sul corpo sono molto dolorose, anche se non visibili. Per il loro riconoscimento ieri il movimento Non Una di Meno è sceso in 20 piazze italiane.

In venti piazze di Italia per far riconoscere vulvodinia e endometriosi

A Milano ieri le attiviste si sono radunate di fronte al palazzo della Regione davanti alla Stazione Centrale. Simbolicamente ciascuna di loro ha indossato un lenzuolo bianco e una maschera ad indicare l’invisibilità delle donne affette da queste patologie non riconosciute.  Le manifestanti hanno poi rovesciato in strada decine di flaconi di farmaci.

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Il non riconoscimento dei disturbi pelvici come malattia da parte del Servizio Sanitario Nazionale ha come conseguenza che gli eventi costi di cura siano interamente a carico di chi ne soffre. A causa di una diffusa disinformazione e impreparazione, anche da parte del personale sanitario, che per le attiviste di Non Una di Meno è da ricondurre ad un tradizione modello di medicina basata sul corpo maschile. La conseguenza sono terapie sbagliate per anni, consulenze con molti specialisti prima di riuscire a dare un nome ai disturbi per lo più considerato sintomi dello stress o di scarsa libidine.

Nel corso dell’iniziativa si sono alternati interventi, testimonianze, racconti e performance per de-normalizzare l’immagine di una donna idealizzata dal patriarcato e mettere in discussione l’impostazione ancora patriarcale della medicina.

 

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