Sitting volley, Milano ospita l’azzurro: «Uno sport da medaglia»

sitting volley
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L’anno del sitting volley azzurro si chiuderà proprio a Milano, al Centro Pavesi. Tre giorni di raduno, dal 20 al 22 dicembre, in cui il direttore tecnico delle due Nazionali maggiori e ct della femminile, Amauri Ribeiro, testerà la condizione delle giocatrici (dodici le convocate) in vista dell’anno che verrà e dei tanti impegni in programma. Uno su tutti, le Paralimpiadi di Tokyo 2020.

 

Coach Ribeiro, che tipo di lavoro verrà impostato a Milano?
«Questo sarà l’ultimo collegiale dell’anno. Un allenamento di routine, da venerdì a domenica. Faremo due sedute al giorno in cui ci prepareremo per il prossimo anno».

Con quale obiettivo?
«Quello più importante saranno le Paralimpiadi in Giappone, ma per arrivarci passeremo attraverso diversi tornei. Il primo già a gennaio in Finlandia dove oltre alle padrone di casa troveremo squadre come Russia, Ucraina e Slovenia. Più avanti confermeremo alcuni raduni e competizioni».

Amauri Ribeiro
Amauri Ribeiro

Quale sarebbe un buon risultato a Tokyo?
«Arrivare tra le prime quattro, a quel punto con un pensiero alla medaglia. Sappiamo che è difficile, perché sarà la prima partecipazione di una squadra italiana alle Paralimpiadi e ci sono le otto più forti al mondo. Abbiamo una squadra giovane, ma abbiamo fatto un percorso positivo centrando un quarto posto al Mondiale 2018 e quest’anno in Ungheria una medaglia d’argento all’Europeo. Ci manca un pizzico di esperienza, ma possiamo crescere tanto tecnicamente».

Come si è avvicinato al sitting volley?
«Personalmente ho seguito tutto lo sviluppo della disciplina, sono stato invitato nel 2004 in Brasile per far crescere questo sport che nel mio Paese era agli esordi. Ho studiato le gare ad Atene 2004 e mi sono appassionato. Poco dopo sono diventato l’allenatore della Nazionale brasiliana maschile e c’è stata una grande crescita. Adesso sono onorato di avere questo incarico in Italia, dove il sitting volley è arrivato da poco».

Si lavora bene con queste ragazze?
«Certo: il gruppo è eterogeneo, ognuna ha una sua storia. Qualcuna è già stata in passato atleta di pallavolo e poi per un incidente o una malattia ha dovuto smettere. Questa è una nuova opportunità che hanno per restare nello sport di alto livello».

Cosa significa per tutte loro partecipare alle Paralimpiadi, secondo lei?
«Io ne ho fatte quattro, la prima per studio e le altre tre da coach. Prima ancora ho disputato le Olimpiadi e vinto la medaglia d’oro nel 1992 a Barcellona. Il villaggio è fantastico, c’è un clima di grande competizione, di agonismo. E il sitting volley ad alto livello lascia le stesse emozioni della pallavolo».

Volley e sitting,
quali differenze?

Il campo di gioco è un rettangolo di 10×6 metri

La rete è collocata verticalmente sopra la linea centrale e il suo bordo superiore misura da terra 1,15 metri per le squadre maschili e 1,05 metri per le femminili.

Una squadra sarà composta da un massimo di 12 giocatori, compresi due giocatori classificati come “Minima Disabilità” (MD). I sei giocatori in campo possono avere solo un giocatore con “MD” , anche quando il Libero è in campo.

Se due avversari toccano simultaneamente la palla sopra la rete, causando un “bloccaggio”, si deve considerare “doppio fallo” e rigiocare l’azione. Tuttavia un breve blocco è permesso quando il contatto non ferma la continuità del gioco.

È permesso invadere lo spazio avversario sotto la rete, a condizione che non si interferisca con il gioco avversario.

È permesso murare la palla del servizio avversario.

I giocatori “MD” sono quelli con una menomazione che rientra nei criteri minimi di ammissibilità per il Sitting Volley e potrebbe non essere ben visibile una limitazione funzionale in campo. Devono essere incapaci di giocare la pallavolo in piedi in maniera permanente e incapaci di migliorare successivamente con la chirurgia o la riabilitazione.

Fonte: federvolley.it