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29. 04. 2024 05:52

Walter D’Angelo: «Io, classe ‘62, sono un nuotatore estremo»

Ori iridati e due record del mondo: Walter D'Angelo, da Pieve Emanuele, è il nuotatore di ghiaccio. E a Mi-Tomorrow racconta una passione che non ha età

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Tre ori mondiali nei 25, 50 e 100 metri rana, conditi da due record del mondo di categoria. Non poteva chiedere di meglio Walter D’Angelo ai campionati Mondiali in acque gelide di Tallin. «Sono felicissimo, al settimo cielo, esordisce l’atleta di Pieve Emanuele. Che, certo, è un vincente come tanti altri. E, allora, qual è la sua “particolarità”? È un classe ‘62. Avete capito bene: è un medagliato over 60.

Il nuotatore estremo Walter D’Angelo si racconta a Mi-Tomorrow

D’Angelo, come si svolgono queste gare?
«Nuotiamo in piscine, fiumi, laghi, anche nel mare all’aperto: la temperatura dell’acqua deve essere per forza inferiore ai 5 gradi, cosicché si possano definire “acque gelide”. La cuffia è obbligatoria, per evitare che l’acqua entri nelle orecchie. In più, si inizia la competizione senza il tuffo di partenza, direttamente in acqua. Naturalmente la muta è vietata e si nuota solo con il costume».

Che cosa la spinge a fare queste competizioni?
«La mia voglia di mettermi in gioco e superare i miei limiti. Io sono un nuotatore estremo (nel suo curriculum, D’Angelo vanta anche la traversata dello Stretto di Messina per sei volte di seguito, ndr): spesso ho gareggiato in mari, laghi o fiumi, negli ultimi anni anche nelle acque gelide».

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Nei 25 metri (16.75) e 50 metri rana (36.72) ha siglato i due nuovi record del mondo nella categoria M60. Come ci si allena per le acque gelide?
«Mi alleno 2/3 volte a settimana in piscina, con un massimo di 10 chilometri totali. Qui, in piscina, faccio il lavoro con scatti e tutto il resto. Il fine settimana, invece, cerco il “freddo” al Lago di Segrino, in provincia di Como, dove sono arrivato fino a 4,9 gradi».

E l’Idroscalo?
«È troppo “caldo”. Non scende mai sotto gli 8 gradi. A Tallin abbiamo nuotato nel Mar Baltico. Non avevo mai provato temperature così basse come in Estonia e non sapevo come avrebbe reagito il mio corpo: fortunatamente è andato tutto bene».

Come funziona il recupero post-gara? Si deve fare qualcosa di particolare?
«Qui c’è la vera “impresa”: una volta terminata la gara, ci vogliono decine di minuti per riprendersi. Usciti dalle acque, ci si riveste il più veloce possibile, per poi fiondarsi in macchina, con il riscaldamento a palla, tremando come una foglia. Tutto questo serve per evitare proprio l’ipotermia».

Intanto a Milano sale la febbre olimpica per il 2026: potremmo mai vedere in città questo tipo di gare a cinque cerchi?
«Negli ultimi anni la IISA (International Ice Swimming Association, ndr) ha iniziato la procedura per il riconoscimento per i Giochi invernali, ma il via libera per Milano 2026 al momento non c’è ancora. Purtroppo credo che non arriverà a breve. Sarebbe stato bello gareggiare in casa, di fronte ai propri amici. Chissà se sarà possibile per il 2030, ma manca ancora tanto tempo».

Ha già in mente la sua prossima impresa?
«A giugno voglio provare a superare il mio record di 80 chilometri sul fume Po del settembre 2019: questa volta voglio arrivare a 100 chilometri di nuotata con circa 12 ore di nuoto».

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