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26. 04. 2024 08:56

Lombardia, primo produttore italiano di bici. Ma a Milano chi le usa?

Nonostante la produttività sia alta, i milanesi si stanno realmente convertendo alla mobilità sostenibile?

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In Lombardia si producono più bici di tutta Italia. Nella nostra regione sono presenti infatti 550 aziende fra costruttori, produttori di ricambi e accessori, noleggiatori e riparatori, per un fatturato che raggiunge quasi un miliardo di euro all’anno. Lo dice il rapporto Focus R2 di Legambiente, Confindustria Ancma e Ambiente Italia.

Piste. La Lombardia è la regione dove la due ruote viene più utilizzata, ma per la Confartigianato solo 213mila, fra lavoratori e studenti, la usano per spostarsi nel tragitto casa-lavoro o casa-scuola, su 7,2 milioni di cittadini attivi. Se consideriamo i metri dedicati alle piste ciclabili, Cremona, Mantova e Lodi risultano fra i primi cinque posti della classifica italiana (tra i 29 e i 33 metri ogni 100 abitanti), mentre Milano spunta solo al 58esimo posto con 4,2 metri.

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Bike sharing. Il capoluogo è invece al primo posto per numero di bici disponibili per il bike sharing (con una flotta di 13mila mezzi batte Firenze, che segue con 4mila) e per numero di noleggi (quasi sei milioni all’anno, anche se in calo rispetto al 2019). Milano è terza per numero di abbonati ai servizi di bike sharing (circa 330), dopo Mantova con 400 e Firenze con 765.

Con 2360 veicoli sempre la nostra città risulta al primo posto per numero di scooter a disposizione per lo sharing. In quanto a numero di colonnine di ricarica per i veicoli elettrici con 317 postazioni Milano è seconda a Firenze (410 postazioni). Nessun comune lombardo risulta invece nei primi cinque posti per il numero di velostazioni presenti, ovvero i parcheggi per le bici posti presso le stazioni ferroviarie.

Legambiente. Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia, ha commentato così i dati della ricerca: «In termini di produttività e innovazione la Lombardia non è certo seconda ad analoghe regioni europee, ma lo diventa quando consideriamo la propensione alla mobilità sostenibile, di cui una ciclabilità coerente e diffusa è il primo fattore qualificante. Le infrastrutture ciclabili da sole non bastano, serve disincentivare nel concreto la motorizzazione indiscriminata che viviamo tutti i giorni».

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