Rancore, il rap e Milano: «Quando hai un motivo le cose prendono senso»

Dopo Sanremo e il Premio Bardotti, Rancore racconta il suo rap (e, in parte, quello degli altri): «Ascoltiamo di più noi stessi, il luogo più pericoloso»

«Quando hai un motivo, le cose prendono un senso. Le polemiche sono spesso strumentalizzate dalla politica. Non servono a risolvere i problemi, ma li aumentano. Aumentano anche la divisione».

Rancore è reduce dall’imprevedibile, quanto meritata affermazione nel Premio Sergio Bardotti per il miglior testo a Sanremo 2020. La sua Eden non solo ha lasciato il segno, ma ha proiettato il rap in una dimensione sempre più contemporanea e di massa.

 

Rancore, l’intervista

Ripartiamo dalle polemiche: a posteriori, dove posizioni l’ago della bilancia?
«Credo che tante cose siano state giudicate in maniera superficiale, portando a dei concetti che pensavo superati da tantissimo tempo: è una moda che sta dilagando. Vengono anche dalla generazione dei complotti che è nata da internet».

Come si gestisce?
«Partiamo dal presupposto che tutto questo è per dividere il pubblico e aumentare la passività: facciamo scorrere il dito sul telefono e diamo la nostra opinione quando in realtà non sappiamo niente e non riusciamo neanche ad ascoltare chi abbiamo difronte. Non riusciamo, di conseguenza, ad ascoltare noi stessi che siamo il luogo più pericoloso».

Dio salvi il rap, insomma.
«Io penso che tutte le persone che cercano di portare al Festival un linguaggio nuovo come quello del rap ne portano una sola parte, soprattutto perché questo genere ha un ventaglio molto ampio.

Ognuno, con la sua storia, ha un percorso completamente diverso e unico. Noi tre cantanti rap in gara (con lui Junior Cally e Anastasio, ndr) abbiamo tre vite e tre storie diverse: anche il nostro approccio e la nostra attitudine sono molto differenti».

Come hai vissuto il confronto con Junior Cally e Anastasio?
«Io vengo dal rap underground e dalle gabbie, dalle gare di freestyle sottoterra e dagli insulti. Nasco dalla competizione e dallo scontro. Vado avanti senza l’ansia di una gara, ma questo avviene anche con gli altri artisti e amici di questo Festival.

Non è quello il punto, l’importante è che alla fine ci sia un’evoluzione della musica italiana. E che le rotture che ci sono state vengano assorbite dal sistema: i contenuti devono cambiare i contenitori».

Rancore e Milano

Che rapporto c’è con la città di Milano?
«Un bellissimo rapporto, è una città che conosco molto bene. Frequento tanto Sesto San Giovanni, in Centrale c’è una grandissima mela ed è uno dei centri principali per fare skateboard. Vado spesso anche per questo, amo i parchi di Milano: è una città nella quale si respira un’aria più europea rispetto a Roma».

L’anno scorso il premio della critica con Silvestri, quest’anno il Bardotti. Sembri destinato a lasciare il segno.
«L’anno scorso ho avuto tantissime soddisfazioni. Quest’anno ho portato una canzone a cui tenevo particolarmente quindi è un’enorme soddisfazione. Nella mia posizione è necessario stare concentrati. Hai meno di quattro minuti su quel palco, non sai a che ora toccherà a te ed ecco che è tutto imprevedibile».

Non si possono fare programmi…
«Esatto. È importante concentrarsi sul momento e lanciare un messaggio. Poi si deve sperare che questo messaggio arrivi: è questo il punto focale. È questa la cosa che spero sempre».

rancore
rancore