Emergenza teatro, Renata Coluccini: «Perché bisogna ridare importanza ai ragazzi»

Viaggio nel mondo del teatro fatto per i più giovani con Renata Coluccini

Il coronavirus non è stato particolarmente aggressivo coi giovani, ma anche bambini e ragazzi hanno pagato il prezzo di questa pandemia.

 

Coronavirus, anche il teatro, è in emergenza

Si sono visti togliere la loro quotidianità e la propria socialità. Ora provano a recuperare il tempo perduto, ma tante attività a loro dedicate sono ancora off limits. Tra queste c’è sicuramente il teatro ragazzi, un settore che in queste settimane ha voluto far sentire la propria voce anche attraverso una campagna di sensibilizzazione che ha visto protagonisti Aldo, Giovanni e Giacomo.

«Il teatro ragazzi è…» si chiede il trio comico nel video diventato virale (in foto un frame, ndr) e Assitej Italia, l’Associazione nazionale di Teatro per l’Infanzia e la Gioventù che ha lanciato la campagna, conosce bene la risposta:

«Volevamo attirare l’attenzione su di noi ribadendo che si tratta di una forma d’arte», spiega Renata Coluccini del Teatro del Buratto e membro del direttivo di Assitej Italia, che conta 102 soci, 152 spazi, 46 festival e 400mila spettatori ogni anno.

Teatro, a tu per tu con Renata Coluccini

Quali difficoltà sta incontrando il teatro ragazzi?
«Ai problemi che stanno riscontrando tutti i teatri, come ingressi contingentati e costi esagerati di sanificazione e messa a norma, si aggiunge anche il fatto che il teatro ragazzi lavora tantissimo con le scuole. Tolti i weekend in cui i ragazzi vanno a teatro con le famiglie, il resto del lavoro si svolge durante la settimana e gli insegnanti con cui siamo in contatto ci hanno già detto che sarà molto difficile ipotizzare delle uscite teatrali almeno fino a gennaio. La situazione, dunque, è gravissima».

Quanto può essere d’aiuto a scuole e famiglie?
«Ritengo che abbia un’utilità fondamentale e ancora più importante in questo periodo. Si parla tanto del dramma che hanno vissuto bambini e ragazzi, ma nessuno parla con loro e nessuno li ascolta. Il teatro ragazzi può avere questa funzione ed è in grado di elaborare questo vissuto. Permette di ricreare un tessuto sociale, un immaginario e un senso di comunità che va oltre le differenze sociali. In quanto arte ha anche una funzione educativa: noi addetti ai lavori abbiamo scelto di dedicarci ai bambini e ai ragazzi, sotto questo aspetto stiamo facendo un grande lavoro nel sociale. Per i bambini l’esperienza del teatro è davvero importante. Serve a sviluppare quello spirito critico necessario ad ogni individuo».

Quando i ragazzi torneranno a scuola, gli strumenti online potranno essere un’alternativa?
«Un’alternativa no, ma un alleato sì. Abbiamo capito tutti che non serve a nulla demonizzare gli strumenti digitali. Alcuni aspetti formativi o di relazione possono anche avere un supporto o un affiancamento online. Lo spettacolo teatrale è un’esperienza dal vivo, un viaggio con gli attori nel teatro e nella sua ritualità che non può esistere se non dal vivo. La rete può essere uno strumento, non per far vedere gli spettacoli, ma per studiare dei percorsi paralleli che si affiancano e sostengono un discorso teatrale. La magia scocca solo dal vivo».

Quali soluzioni si possono trovare in attesa di tornare alla normalità?
«Anche con le limitazioni che ci sono alcune cose possono essere fatte dal vivo, per altre si può usare il web che ti permette di mantenere una relazione. Ognuno di noi sta studiando proposte intermedie come progetti formativi che riguardano gli insegnanti. Con loro possiamo creare un’alleanza e anche grazie al web arrivare ai bambini».

In cosa deve crescere il teatro ragazzi italiano?
«Il video con Aldo, Giovanni e Giacomo serviva a sottolineare anche quello. Il teatro ragazzi è teatro. Credo che sia un valore in più il fatto di aver scelto un pubblico preciso. Facendo così decidi di metterti in ascolto di una fascia della società che di solito non è ascoltata. Parli e ti rivolgi a loro. È come se fosse una specialistica del teatro. Inoltre è un teatro popolare perché in poche situazioni teatrali si riesce a mettere insieme persone di età così diversa. Nei weekend partiamo dal bambino per arrivare al nonno. A livello di comunità e di esperienza artistica condivisa è uno dei pochi luoghi dove questo può accadere».

Alcuni teatri organizzeranno campus estivi per i bambini, può essere un modo per ripartire?
«È un modo per essere presenti. Al Buratto riapriremo il 16 giugno e faremo dei percorsi teatrali. Abbiamo una responsabilità nei confronti del pubblico che abbiamo scelto. Rispettiamo le restrizioni e le misure di sicurezza, ma ci siamo».

Una città come Milano riesce a dare il giusto spazio al teatro ragazzi?
«Non è un problema di città, ma di società. Bisogna ridare importanza sociale ai bambini. Ci sono alcune fasce sociali meno importanti, magari perché non sono consumatori, ma i bambini e i ragazzi sono importanti adesso. Dando loro importanza, socialmente cambia la mentalità. Una città che guarda ai bambini non guarda solo al futuro, ma a un presente migliore per tutti».