Ritorno alla normalità? Lo psicologo della Bicocca: «Ripartire recuperando l’autenticità dei sentimenti»

In vista di un graduale ritorno alla normalità, lo psicologo Carrà (Bicocca) avverte: «Ciascuno di noi dovrà esercitare il massimo della capacità riflessiva di cui è capace»

ritorno alla normalita
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La curva dei contagi finalmente sta scendendo e la fase 2, quella che progressivamente dovrebbe portare a un ritorno alla normalità, si avvicina.

 

Ritorno alla normalità, parla lo psicologo Giuseppe Carra

Giuseppe Carrà
Giuseppe Carrà

Ma per milioni di italiani è ancora tempo di sacrifici, di isolamento, di domande sul futuro. Per questo adesso più che mai occorre gestire l’ansia in modo costruttivo, come spiega Giuseppe Carrà, docente di Psichiatria all’università Milano-Bicocca.

In che modo è possibile affrontare queste settimane difficili?
«Il contatto sociale frequente cui eravamo abituati, e che è parte del nostro benessere mentale, è venuto meno. La tecnologia ci sta però venendo incontro. Percepire e recuperare l’autenticità del sentimento espresso dal lontano interlocutore ci aiuterà a superare le ansie di questa fase di isolamento».

Molti hanno anche paura di perdere il lavoro. Come è possibile gestire questa forma di stress?
«Così come agli operatori sanitari è necessario garantire condizioni di lavoro adeguate e, se ancora in difficoltà, supporto psicologico, allo stesso modo agli italiani che sono preoccupati per il rischio di perdere il lavoro bisogna dare risposte concrete e occuparsi del loro eventuale stress residuo solo dopo aver garantito condizioni di vita dignitose».

Quali sono le principali ripercussioni psicologiche di questo lungo periodo buio?
«I nostri sentimenti di sicurezza sono di certo messi a dura prova dalla mancanza degli elementi relazionali e sociali che tanto contribuiscono al nostro benessere. Le crescenti quote di angoscia per l’incertezza continua stanno già causando nei soggetti più fragili e predisposti spunti compatibili con disturbi depressivi e gravi problemi di ansia. Anche le violenze domestiche sono tristemente in aumento».

Quali risorse è possibile trovare dentro di noi per resistere ancora?
«Non esiste una risposta univoca per tutti. Ciascuno di noi dovrà esercitare il massimo della capacità riflessiva di cui è capace. Occorre ripescare nel proprio bagaglio personale di emozioni e sentimenti legati a variabili circostanze della storia personale, in modo da ritrovare elementi piacevoli. Sperando che la nostalgia non offuschi il desiderio, il cui esercizio è probabilmente il miglior rimedio in questi tempi».

Esiste naturalmente anche il terrore di ammalarsi, in questo caso come possiamo gestire la paura?
«Questa questione è complessa, perché il rovescio di questa medaglia è l’onnipotenza per cui alcuni di noi ancora tendono a comportarsi come se ammalarsi e, soprattutto, far ammalare altri non li riguardasse. Si tratta quindi di gestire un’adeguata percezione del rischio in cui elementi informativi da fonti affidabili si accompagnino a un atteggiamento attento e razionale».

Come sarà possibile tornare lentamente alla normalità?
«Questo probabilmente sarà il minore dei problemi in termini di benessere psicologico. Siamo esseri evoluti. Recuperare il piacere delle esperienze relazionali e sociali abbandonate sarà un dono che tutti sperimenteremo, pur con variabile grado di consapevolezza».

E’ ipotizzabile nel lungo termine vivere isolati dal punto di vista sociale?
«Questo è molto difficile da prevedere, è una situazione del tutto inedita quella che stiamo vivendo. Molto dipenderà da quanto durerà questa prima fase, dalle limitazioni poste nel breve e soprattutto nel medio termine, conservando fiducia che alla fine il tema sarà risolto come già avvenuto in passato. Tuttavia è certo che almeno per un po’ vivremo a socialità limitata. Tecnologie moderne e forse anche abitudini antiche ormai abbandonate potranno venirci incontro e supportarci».

Come gestire, invece, la nuova vita dei bambini?
«Questo è probabilmente il più serio dei problemi in termini di salute mentale pubblica. Il vivere tappe evolutive, che per definizione non potranno essere successivamente recuperate, in questa condizione del tutto particolare, inevitabilmente avrà delle conseguenze sullo sviluppo psicoemotivo di alcuni tra i soggetti più fragili in termini di predisposizione.

Le evidenze della letteratura per esperienze storiche affini, sebbene non identiche, ci indicano che in alcuni soggetti la resilienza sviluppata in questo periodo sicuramente porterà ad avere bambini e adolescenti emotivamente più solidi. Altri, invece, elaboreranno delle serie cicatrici emotive che dovremo provare a intercettare al più presto, per offrire supporto a loro e alle loro famiglie, per limitare almeno le conseguenze di questo difficile tempo».

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