Diego Abatantuono, attore italiano a tutto tondo, parla del suo rapporto con la città di Milano: «Incredibile, non l’ho mai vista triste». In un’intervista al Corriere della Sera Abatantuono, milanese classe 1995, parla del suo rapporto con la città, cominciato in via Carlo Dolci e proseguito, negli anni, in Giambellino e in altre zone: «Il milanese col coeur in man, con il cuore in mano, non è una boutade – le sue parole – . Non è marketing ante litteram. È il segnale di una città che sa accogliere, ottimista, saggia».
Diego Abatantuono, il milanese sempre e comunque
Ma Diego Abatantuono parla milanese? «A casa mia si è sempre parlato milanese – ricorda – con il mio amico Mario Arlati, ristoratore e gran pittore, parliamo solo milanese. Oggi i negozi che erano il teatro del dialetto sono spariti quasi tutti. Rischiamo di perdere un patrimonio. Bisogna fare di più per far rivivere il dialetto».
Come divenne milanista
Poi racconta come divenne milanista: «Un giorno dal portafoglio di mio nonno spuntarono due foto. Una di Gianni Rivera e una di Padre Pio. Mi incuriosii e chiesi: nonno, ma chi sono questi due signori? La risposta fu: uno che fa miracoli e un popolare frate pugliese».
La Milano mai triste
In chiusura nota sulla città: «Non ho mai visto Milano triste. Alberto Sordi da romano raccontava una città con il magun e il nebiun. La Milano che ricordo io era allegra, solidale, per niente musona. Stretta intorno al derby nella sua duplice accezione. Inteso come locale di via Monte Rosa, il tempio del cabaret, e come Milan-Inter, la sfida delle sfide, la partitissima cantata da Celentano in Eravamo in centomila ».