Se c’è una parola che definisce bene la reazione di tutti noi dopo l’omicidio, l’efferato femminicidio di Giulia Tramontano da parte del suo “fidanzato” Alessandro Impagnatiello, è: sgomento. Siamo smarriti, turbati, perché dentro di noi ci sono tantissime domande e risposte che si intrecciano, perché sono domande e risposte non astratte, ma riguardano tutte e tutti noi. C’è una partecipazione che non è di facciata, è sentita, vissuta, vera.
Giulia Tramontano, una violenza che non sappiamo arginare
Sappiamo che Giulia Tramontano è nostra sorella, nostra zia, nostra figlia, nostra amica, nostra mamma, nostra compagna. Ci riguarda direttamente, perché sappiamo che nessuno e nessuna può essere sicura o sicuro di essere immune, e questo ci terrorizza. Quel “#losapevamotutte” è drammatico nella sua verità intrinseca, nella sua immediatezza, nel suo essere denuncia di qualcosa che sappiamo riconoscere. Ma che purtroppo non sappiamo come arginare. In questi giorni è normale, forse persino necessaria questa esternazione generale di sgomento, di rabbia, di denuncia.
Ci sarà poi bisogno del tempo del silenzio, della riflessione, del ragionamento. Quel silenzio che ci si sarebbe aspettati, per esempio, dai politici, tutti e di ogni schieramento. Perché ci si aspetterebbe che un politico non facesse come quelle persone che in modo naturale e sentito esprimono le loro reazioni sui social in modo immediato, non filtrato.
Ci si aspetterebbe un rispettoso silenzio e che magari, invece di postare la loro indignazione, i politici e i partiti tornassero a riflettere nel chiuso delle loro stanze, facendo quello sforzo di ascoltare il dolore di una società che di fronte a questi fatti si sente smarrita. Rinunciando a qualche clic e per una volta togliendo di torno quell’odiosa sensazione di utilizzare fatti di cronaca per acquisire vantaggi politico-elettorali.