Guariti dal coronavirus, le storie schiette da chi ce l’ha fatta

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Leggere o ascoltare le storie di chi è guarito è un’esperienza difficile, forte. Pressoché impossibile resistere all’emotività e alla lacrima mai così sincera.

 

Guariti, le storie dall’emergenza

Perché sono storie innanzitutto vere, schiette, nulla di più della verità di una malattia che può essere terribile. Persone che hanno avuto vicini di stanza che magari non ce l’hanno fatta, o che hanno dovuto toccare con mano l’emergenza, che significa anche più persone ricoverate dei letti disponibili in tempi normali, medici e infermieri che raddoppiano turni e sforzi per potere seguire tutti e non lasciare indietro nessuno.

C’è una costante dei racconti che mi è capitato di sentire o leggere che mi ha reso profondamente riconoscente nei confronti del personale che lavora negli ospedali milanesi e lombardi. In un’emergenza che consentirebbe anche modi sbrigativi, o anche bruschi, i nostri medici e infermieri non hanno perso neanche un secondo l’umanità.

Incoraggiamento, ascolto, anche in quei pochi momenti a disposizione di un dialogo con i pazienti. Molte testimonianze hanno questo aspetto in comune, questa resistenza dell’empatia verso il paziente, questa voglia di non mollare neanche un secondo.

Guariti, storie che infondono speranza

C’è poi un altro aspetto di questi racconti: da un lato ci infondono speranza, perché si può guarire. Dall’altro ci ricordano quanto può essere dura fare i conti con questo virus, quanta sofferenza può portare e quante cicatrici può lasciare anche dopo.

Un monito in più per convincerci che non c’è altra soluzione che stare a casa e limitare al minimo indispensabile ogni attività. Anche da casa si può pensare al dopo. In un letto d’ospedale è molto più difficile.

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