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25. 04. 2024 19:24

Lavoratori a bolletta: lo smart working contro la crisi energetica

Da agile a smart, quello che per anni è parso quasi più un “vezzo” avanguardistico di Milano che reale necessità, oggi è un paracadute per molte aziende in città. Che sia davvero la chiave di volta per il lavoro del futuro?

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Nel 1969 comparve l’espressione “autunno caldo”: si riferiva alla situazione sociale italiana che, nel periodo post estivo di quell’anno, si rivelò esplosiva. Anche nel 2022 l’autunno si prospetta difficile ma stavolta, a differenza di quello che metaforicamente è passato alla storia come caldo, sarà ultra-freddo. Nel senso letterale del termine, causa crisi energetica.

La guerra in Ucraina ha creato una crisi energetica che ha già provocato la rivalutazione delle bollette e che rischia di portarci ad un vero e proprio shock: energia e gas potrebbero raggiungere prezzi esorbitanti con conseguenze disastrose per le imprese, le famiglie e la vita pubblica. Le autorità politiche stanno studiando i rimedi, le aziende provano a eliminare ogni uso più o meno superfluo, le famiglie cercano di tirare la cinghia, ma si tratta di sforzi che potrebbero risultare vani una volta arrivato l’inverno, con temperature che richiedono un incremento di risorse energetiche per il riscaldamento.

Forse siamo all’inizio di una nuova era: dovremo davvero rivedere le nostre abitudini, resistere al freddo e fare un po’ più a meno dell’illuminazione. Luce e gas diventeranno beni preziosi almeno fino a quando non saranno trovate nuove fonti di alimentazione. Dopo la pandemia, insomma, siamo chiamati ad affrontare questa nuova prova. Non sarà facile, in modo particolare per una città come Milano basata su uno sviluppo che richiede molta energia: con ogni probabilità cambierà il nostro modo di vivere, di fare economia, di progettare il futuro.

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E il lavoro? Il lavoro sta già cambiando: da agile a smart, quello che per anni è parso quasi più un “vezzo” avanguardistico che reale necessità, oggi sta diventando perno inamovibile per un numero sempre più cospicuo di aziende. Proviamo, allora, a capire un po’ di più degli orizzonti di una città in cui, oggi, 9 professionisti su 10 hanno avuto a che fare almeno una volta con lo smart working: la crisi energetica porterà alla svolta definitiva sul tema?

Crisi energetica, parla Maurizio Del Conte (presidente di Afol): «In questa fase si capirà chi regge sul mercato»

Difficile prevedere in che modo e in quali dimensioni, ma è certo che il mondo del lavoro sta per conoscere radicali cambiamenti, in alcuni casi già avviati, che segneranno imprese, datori di lavoro e dipendenti. Maurizio Del Conte, giuslavorista e presidente di Afol, ragiona sugli scenari prossimi di Milano.

maurizio del conte

Il caro energia sta già condizionando il sistema di produzione?
«Sì, basti pensare che ci sono aziende che programmano turni di notte per risparmiare. Siamo di fronte ad un condizionamento inedito per le imprese che devono affrontare un aumento di costi inevitabile».

Quali sono le prime conseguenze?
«C’è un riposizionamento sullo smart working per diverse ragioni: offre la possibilità alle imprese di ridurre le spese di riscaldamento, illuminazione, i costi vivi».

In questo modo i costi sono scaricati sul lavoratore…
«È un tema non nuovo, io credo che si possa affrontare attraverso la compartecipazione dell’impresa: stiamo parlando di una esternalizzazione dei costi che si sposta dalle aziende ai lavoratori».

Sta dicendo che le aziende dovrebbero contribuire alle spese del lavoro da casa?
«Certo, per le aziende si tratterebbe comunque di un risparmio».

Questo discorso vale sia per il pubblico che per il privato?
«A maggiore ragione per il pubblico che dovrebbe essere più sensibile su un tema come questo».

La misura che lei propone è sufficiente come sostegno ai lavoratori?
«C’è un altro tema da considerare: l’inflazione che penalizza in modo particolare i lavoratori. Credo che qualche aggiustamento salariale sia necessario».

Quanto è diffuso in città lo smart working?
«Durante la pandemia è aumentato di 10-12 volte, negli ultimi mesi si è un po’ ridotto ma resta rilevante per una città che si basa su un’economia di servizi. Diciamo che circa il 60% delle aziende lo hanno adottato, percentuale che cresce nelle assicurazioni e nel credito».

È destinato ad aumentare?
«È già in crescita».

Parliamo del Comune, la più grande azienda della città.
«È uno dei primi in Italia ad avere avviato il lavoro agile nel 2014, peraltro io mi sono occupato della formazione. Oggi il Comune fornisce molti servizi telematici, il lavoro da remoto varia da settore a settore ma, come per tutta la pubblica amministrazione, ormai due giorni su cinque lavorativi si svolgono da casa».

Il caro energia sta avendo ripercussioni anche sui coworking?
«Ci sono due fenomeni nuovi: da una parte società che si stanno specializzando per realizzare spazi idonei al lavoro, dall’altra aziende che studiano convenzioni per fare lavorare i propri dipendenti nei coworking».

Quanti lavorano nei coworking?
«Premesso che li considero un valore aggiunto, in quanto consentono possibilità di scambio e di crescita professionale, in città rappresentano al momento meno del 10% dei lavoratori».

In altri Paesi le percentuali sono diverse?
«Nei paesi del nord il lavoro da remoto si svolge al 50% nei coworking».

L’aumento dei costi dovrebbe invogliare i liberi professionisti a stabilirsi in queste strutture?
«Chi non regge i costi li sceglie oppure utilizza il proprio appartamento. Bisogna anche ricordare che il coworking non è una soluzione ottimale per tutti, ci sono professionisti che hanno bisogno di spazi riservati per colloquiare con i clienti che i coworking non possono offrire. Comunque questa à una fase di passaggio, servirà a testare chi è in grado di stare sul mercato».

I titolari dei coworking potrebbero aumentare i canoni per fare fronte al rialzo dei costi.
«È il tempo di utilizzare nuovi strumenti come i pannelli solari, in periferia già si usano per abbattere le bollette».

Ci apprestiamo a vivere una seconda pandemia?
«È diverso perché con il Covid sapevamo che sarebbe finito: ora, invece, non sappiamo se e quanto torneremo alla situazione pre crisi».

Non è possibile fare previsioni?
«È difficile: c’è la possibilità di forti speculazioni che incidono sull’economia reale».

In questo quadro come possono muoversi le imprese?
«Devono guardare in prospettiva, senza fermarsi all’immediato».

Crisi energetica e smart working, i numeri

91%
i lavoratori che hanno utilizzato lo smart working

60%
le aziende milanesi che adottano lo smart working

2 su 5
i giorni di smart working adottati dal Comune

8 su 10
le aziende che hanno almeno un dipendente in smart working

<10%
i lavoratori nei coworking

Fonte: Afol, Centro Studi Assolombarda

Crisi energetica e smart working: lavorare da remoto è sempre meno un tabù

Secondo una rilevazione del centro studi di Assolombarda dello scorso maggio, che ha coinvolto più di 250 imprese milanesi del manifatturiero e dei servizi avanzati, oltre otto aziende milanesi su 10 nel primo trimestre 2022 hanno almeno un dipendente in smart working, arrivando a coinvolgere il 22 % dei collaboratori. La percentuale risulta più elevata tra le imprese dei servizi, 91%, a fronte del 79% rilevato nell’industria, e nel comune di Milano, 90%, rispetto al 78% rilevato nell’hinterland.

Tra le imprese nell’area di Milano, Monza Brianza, Lodi e Pavia che hanno introdotto lo smart working in modo strutturale la quota di smart worker raggiunge il 27%, con punte del 43% nei servizi rispetto al 17% dell’industria: una percentuale di lavoratori superiore non solo al 15% pre Covid, ma anche al 22% dei primi mesi del 2022.

Numeri che attestano come, a due anni dall’inizio della pandemia, il lavoro da remoto in forma strutturale o per esigenze legate all’emergenza sia molto superiore al passato. Nel 2019 solo 3 imprese su 10 ricorrevano al lavoro agile e la percentuale di lavoratori in smart working era del 15%. Oggi il 63% delle imprese milanesi prevede di attivare lo smart working in maniera strutturale nel futuro, una percentuale in linea con il 65% di aziende che, nell’autunno 2020, prevedeva l’utilizzo del lavoro da remoto anche nel post-pandemia. Da segnalare che in una azienda ogni 3 è stato introdotto un sistema di valutazione basato sul raggiungimento di obiettivi, ma solo l’1% ha adottato parametri specifici di produttività per chi lavora a distanza.

Crisi energetica, la parola d’ordine tra le istituzioni è «tagliare»

Dopo avere visto il lievitare delle bollette dell’energia e del gas la parola d’ordine tra i titolari delle aziende è drastica: tagliare. Ovunque possibile si studia non solo il modo di eliminare sprechi o consumi ritenuti superflui ma di reinventare le modalità d’impresa che possano restringere le spese energetiche. C’è chi, come Michele Berteramo, ristoratore e vicepresidente di Epam, per risparmiare è passato a fare gli ordini giorno per giorno, così non deve accendere le celle frigorifere. Ci sono albergatori che pensano di lasciare al buio e senza energia interi piani oppure di concentrare le prenotazioni in alcuni piani lasciando senza luce e riscaldamento i piani vuoti.

Le piccole aziende manifatturiere stanno invece ripensando ai turni, accorciando gli orari di lavoro e tagliando le produzioni. Basteranno questi e altri accorgimenti? Difficile dirlo ma se nei prossimi mesi ci sarà un’impennata dei prezzi dell’energia bisognerà fare ricorso a interventi strutturali. Il Governo sta preparando un piano di aiuti per 12-13 miliardi, la Regione si è impegnata ad assicurare ristori ha alle famiglie e alle imprese più in difficoltà per il caro energia, attingendo dagli extra-ricavi che il Pirellone ha incassato in questi mesi dalle grandi concessioni idroelettriche.

Crisi energetica, Sala studia le contromosse: per ora niente chiusura mattutina delle piscine

Beppe Sala sta studiando i rimedi con il Politecnico e A2a. Le ipotesi, al momento sono queste: settimana corta per i dipendenti comunali con il venerdì in smart working, spegnimento delle vetrine anticipato da mezzanotte alle undici di sera, chiusura anticipata delle attività nei centri commerciali e porte chiuse con il riscaldamento acceso, regolazione dell’illuminazione in alcune vie. Non convince, invece, la chiusura mattutina delle piscine ipotizzata dall’assessore allo Sport Martina Riva. Misure che non convincono la Confcommercio e che, qualora la stretta energetica sarà radicale, saranno accompagnate da altre ben più incidenti sui consumi.

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