Il Comune di Milano è ancora in cerca di sponsor per le palme in Duomo: le piante, installate nel 2016 davanti al più famoso monumento meneghino tra tantissime polemiche, stanno ancora aspettando che qualche ente privato si prenda cura di loro. O meglio, che si prenda cura della grande aiuola dove, ad oggi, sorgono le palme. Ad anno dalla pubblicazione del bando lanciato da Palazzo Marino per il mantenimento di questo piccolo angolo di verde, non si è mosso ancora niente.
Palme in Duomo in cerca di sponsor
Dal 2016 al 2022 era stato Starbucks a prendersi cura delle piante e, in vista dell’anno nuovo, Palazzo Marino aveva pubblicato un bando per il nuovo sostituto. Nessuna impresa, in questi mesi, si è fatta avanti. La soluzione potrebbe essere, spiega l’assessora all’Ambiente e Verde Elena Grandi, quella di uscire «con una nuova informativa perché evidentemente i privati non sono al corrente di questa opportunità o si sono dimenticati che l’avviso è sempre aperto».
Poi l’assessora lancia l’appello, ricordando che le palme in Duomo compongono «una delle aiuole più interessanti della città, che richiede sì impegno, ma gestibile, e che offre molta visibilità». Al momento a occuparsene è il Comune con l’azienda titolare dell’appalto per la manutenzione del verde cittadino, la Global Service.
Le palme in Duomo potrebbero sparire
Le palme in Duomo, sin dal momento della loro installazione nella piazza principale di Milano, avevano diviso in due la città: da una parte in tantissimi le avevano criticate (e le criticano tutt’ora), dall’altra altrettanti si erano detti entusiasti per questa scelta di piante così particolare. In ogni caso oggi, con il bando attivo, quello che molti non sanno è che questi alberi potrebbero scomparire e lasciare spazio ad altri.
«Siamo aperti anche a nuove soluzioni perché alla fine Milano non disdegna mai le novità e questo potrebbe essere anche il momento di cambiare», aveva detto nell’estate 2022 il sindaco Beppe Sala. Che fine faranno dunque queste piante? Lo scopriremo presto. O meglio: lo scopriremo quando almeno una società deciderà di rispondere all’appello di Palazzo Marino.