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19. 03. 2024 04:06

La crisi più dura. Domani la giornata dedicata alla famiglia: servono speranza, resilienza ed inventiva

Una giornata di festa nel momento in cui c’è meno voglia in assoluto di festeggiare: «Nonostante le famiglie siano cambiate tanto ci sono ancora donne costrette a lasciare il lavoro per i figli, credo che dobbiamo impegnarci per superare l’obbligatorietà di questa rinuncia»

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Domani la giornata dedicata alla famiglia: servono speranza, resilienza ed inventiva
Domani la giornata dedicata alla famiglia: servono speranza, resilienza ed inventiva
Famiglia, la crisi più dura. Domani la giornata dedicata alle famiglie, nel momento in cui c’è meno voglia in assoluto di festeggiare: servono speranza, resilienza ed inventiva.

 

 

Silvia Piani, Assessore Regionale per la famiglia: «In Lombardia 46mila richieste di contributi»

Uno dei bersagli del Covid-19 è la famiglia, colpita non solo sotto l’aspetto finanziario ma anche psicologico e morale. «È complicato. È lo sarà anche per i prossimi mesi», ammette Silvia Piani, assessore regionale alle Politiche per la Famiglia, Genitorialità e Pari opportunità.

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Silvia Piani
Silvia Piani

Piani, qual è la situazione delle famiglie lombarde dopo quasi tre mesi di epidemia?
«Se consideriamo il lato economico, posso dire che ci troviamo ad un livello appena inferiore a quello sanitario, è una situazione di emergenza che arriva subito dopo quella della salute».

Dove le famiglie sono più colpite?
«È evidente la contrazione dei redditi, basti pensare che sono arrivate da tutta la regione 46mila richieste di contributi. Sono colpiti dalla crisi in modo particolare i liberi professionisti, le partite Iva, i giovani».

Come avete risposto?
«La nostra iniziativa più importante è il pacchetto famiglia che abbiano finanziato con 16,5 milioni di euro ai quali aggiungeremo altri 6 milioni per assicurare il finanziamento a tutte le domande pervenute lunedì scorso, entro mezzogiorno».

Com’è strutturato il pacchetto famiglia?
«Agisce su due linee: un contributo di 500 euro per la rata del mutuo prima casa e un altro di 500 per l’acquisto di strumenti per la didattica a distanza».

Le famiglie si sono trovate a svolgere compiti che prima gestivano per niente o solo in parte.
«È un tema molto attuale, riguarda la gestione dei figli, delle persone non autosufficienti in un momento in cui i servizi sono sospesi».

Registrate ricadute negative anche sul piano psicologico?
«Sicuramente la quarantena ha aggravato la situazione della violenza sulle donne, la convivenza forzata ha portato alla recrudescenza dei comportamenti violenti. Come Regione siamo intervenuti sul raccordo delle reti antiviolenza del territorio, chiedendo che fossero sempre operative, poi abbiamo stretto un accordo con la grande distribuzione affinché venissero diffusi messaggi audio per informare le donne che le reti sono sempre attive».

Quali sono le priorità per la stagione estiva?
«In primo luogo la gestione della famiglia, stiamo lavorando per la riapertura dei centri estivi, abbiamo un’interlocuzione con il governo e gli stakeholder: la criticità è come gestire i figli considerando che molti genitori devono anche lavorare».

Lo smart working è una necessità, ma sta mostrando anche aspetti critici: è possibile una normazione anche da parte della Regione?
«Vedremo, ad oggi c’è la richiesta dei datori di lavoro di concederlo, in questo modo almeno uno dei due genitori può restare a casa. Lo smart working è uno strumento utile perché consente la flessibilità di orario e di gestire le famiglie».

Ritiene che sarà sempre più utilizzato?
«Non sono sicura, alcuni lavori non si possono svolgere da casa. Ora è imprescindibile, è uno strumento essenziale e diffuso ma mi auguro di tornare a una normalità».

Nella Giornata Internazionale delle famiglie cosa significa “famiglia” per voi?
«Penso che abbiamo tanti tipi di famiglie, per esempio ci sono quelle con i genitori separati per le quali abbiamo stabilito misure specifiche, oppure ci sono quelle che hanno anziani in casa»

Come vi ponete di fronte alle famiglie arcobaleno?
«Io faccio riferimento alla famiglia come è intesa nella Costituzione, poi è chiaro che si agisce anche con i Comuni dove ci sono vedute anche più ampie della mia».

C’è un tema su cui non si è fatto abbastanza?
«Nonostante le famiglie siano cambiate tanto ci sono ancora donne costrette a lasciare il lavoro per i figli, credo che dobbiamo impegnarci per superare l’obbligatorietà di questa rinuncia».

Valerio Cipollone, Preside IC Giusti D’Assisi: «Le nostre videolezioni arrivano fino in Cina»

di Katia Del Savio

L’Istituto Comprensivo Giusti-D’Assisi era stato al centro dell’attenzione prima dell’esplosione dell’emergenza coronavirus nel Lodigiano. Erano i primi di febbraio e c’era chi chiedeva che i bambini di ritorno dalla Cina rimanessero a casa due settimane in quarantena. Le due scuole elementari e la media del Comprensivo si trovano in piena Chinatown e il 25% degli studenti è di origine cinese. Ma i primi negozianti a chiudere furono proprio quelli della zona Paolo Sarpi.

Cambiamento. Poi l’evoluzione dell’epidemia in Italia ha cambiato tutto, anche i pregiudizi che serpeggiavano nei confronti della comunità cinese, che però non hanno fatto breccia fra le famiglie della scuola. Ora il quartiere sta riprendendo vita con i tipici carrellini dei commercianti che ricominciano a girare per i marciapiedi.

Valerio Cipollone
Valerio Cipollone

Preside, siete riusciti a mantenere i rapporti con le famiglie cinesi?
«Le abbiamo contattate subito per organizzarci con la didattica a distanza. Molte hanno partecipato, ma purtroppo altre sono arrivate in Italia da poco e non conoscono la lingua. Tramite una mediatrice culturale, le abbiamo chiamate una a una per spiegare loro le procedure per attivare i collegamenti online. C’è anche una piccola parte di famiglie che è tornata in Cina. Alcuni di questi ragazzi, nonostante l’accesso a Google sia bloccato dalla censura, riescono a connettersi lo stesso e, pur avendo un fuso orario a loro sfavorevole, si collegano di notte per assistere alle videolezioni. Un’abnegazione che ha fatto commuovere le loro insegnanti. Altri bambini rimasti in Cina non si sono più fatti sentire. Comunque sono casi rari, in tutto circa una ventina».

Qual è il suo bilancio sulla didattica a distanza?
«I miei docenti sono stati fantastici. Quasi tutti fanno videolezioni, anche chi non era convinto che fosse il mezzo più adatto. Di contro c’è tanta ansia da parte delle famiglie sullo svolgimento del programma: vorrebbero che venisse portato fino in fondo, ma in queste condizioni non è possibile per tutti. Ho consigliato ai docenti di consolidare almeno le conoscenze apprese prima della chiusura delle scuole, per evitare che i bambini regrediscano. Ci sarà sempre l’anno prossimo per recuperare. Comunque la maggior parte dei genitori è stata molto collaborativa, ha aiutato altre famiglie e persino qualche insegnante in difficoltà con la tecnologia».

I bambini hanno continuato a fare anche attività extrascolastiche?
«Abbiamo cercato di mantenere il più possibile tutto ciò che si faceva a scuola prima della chiusura: dai giornalini ai corsi pomeridiani di latino e di lingue. Un’insegnante di seconda media ha organizzato uno studio statistico sulla didattica a distanza: i ragazzi hanno svolto un’indagine sulle piattaforme utilizzate dalle singole classi e su quali attività svolgono a casa. Inoltre i bambini delle primarie hanno costruito delle girandole che sono servite per un flashmob con cui si sono incontrati da un balcone all’altro. Non è saltata neanche la tradizionale GPP Run».

Di cosa si tratta?
«È una corsa che si svolge ogni anno fra le due sedi dell’Istituto, via Giusti e via Palermo, per raccogliere fondi per l’associazione scolastica GPP, che organizza diversi corsi. Al suo posto, ragazzi, genitori e insegnanti sono stati coinvolti in una serie di giochi sportivi organizzati online da animatori professionisti».

Come vi state preparando per il rientro a settembre?
«Finché non avremo indicazioni precise non posso muovermi in nessuna direzione. Dal punto di vista degli spazi la scuola è messa bene, con ampi cortili e palestre. Inoltre non abbiamo problemi strutturali. Se si decidesse di creare delle micro-classi senza aumentare l’organico, qui, come in tutte le scuole d’Italia, sarebbe impossibile far lezione, a meno che non si decida di ridurre l’orario a quattro ore. Vedrei difficile anche il controllo della temperatura a tutti e il continuo lavaggio delle mani dei bambini. In più ci chiediamo se dobbiamo essere noi a fornire le mascherine a tutti, docenti e personale ATA compresi».

IC Giusti D’Assisi: «Le nostre videolezioni arrivano fino in Cina»
IC Giusti D’Assisi: «Le nostre videolezioni arrivano fino in Cina»

Arisa canta Nucleare per Maternità Covid-19: il progetto della Fondazione Rava

di Katia Del Savio

La Fondazione Francesca Rava N.P.H. sta sostenendo case famiglia, comunità per minori, anziani e famiglie fragili in tutta Italia attraverso la fornitura di mascherine, gel, e beni di prima necessità. Un supporto al quale si può contribuire attraverso il sito donisolidali.nph-italia.org.

Arisa
Arisa

Raccolta fondi. La Fondazione ha lanciato anche la raccolta fondi Maternità Covid-19 dedicata alle donne positive al coronavirus al momento del parto alla Clinica Mangiagalli e all’ospedale Sacco, punti di riferimento di Milano individuati da Regione Lombardia. Alla Mangiagalli, dall’inizio dell’epidemia, due ostetriche volontarie della Onlus si sono aggiunte come supporto allo staff dell’ospedale.

I medici. «Per rispondere all’emergenza, la nostra struttura sanitaria si è duplicata. Dal primo marzo, abbiamo due cliniche ben distinte – spiega Enrico Ferrazzi, direttore dell’Unità operativa complessa al Policlinico di Milano e responsabile del Mangiagalli Center –: una è dedicata alle donne non contagiate e una alle positive all’infezione. Siamo molto grati alla Fondazione Francesca Rava, ancora una volta al nostro fianco per reperire strumenti essenziali di supporto in questa emergenza». In questo momento «la nostra area maternità è dedicata alle pazienti che hanno il coronavirus. Per il controllo delle mamme e dei feti, sono indispensabili apparecchiature come gli ecografi, utili anche per le donne che non sono in gravidanza e che hanno bisogno di essere ugualmente monitorate», aggiunge Valeria Savasi, responsabile Clinica Ostetrica e Ginecologica dell’ospedale Sacco Università di Milano.

Testimonial. Arisa, volontaria della Fondazione, insieme a Manupuma ha interpretato il brano Nucleare, dedicato alle future mamme e ai loro bambini nati nell’emergenza, che sarà disponibile a breve sulle piattaforme online, legato proprio al progetto Maternità Covid-19. Ma non sono le uniche a partecipare alla challenge lanciata sui social con hashtag #lavitapiùfortedelcovid: a partire da Martina Colombari, da anni attiva nella Fondazione, a Caterina Balivo, da Elena Santarelli a Laura Chiatti. Tutte hanno pubblicato una foto legata alle loro maternità e hanno nominato altre cinque amiche invitando a imitarle per sostenere la campagna. Per sostenere il progetto, IBAN IT39G0306234210000000760000 con causale: “emergenza coronavirus”.

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