16.3 C
Milano
20. 05. 2024 22:29

La Festa della Mamma in quattro storie: single, adottiva, doppia e con la fecondazione assistita

Ogni mamma è una donna che vive il suo tempo e per la Festa che la celebra raccontiamo 4 storie a lieto fine di 4 (anzi di 5 donne) che hanno desiderato fortemente diventare madri, nonostante tutto

Più letti

Festa della mamma: «Io, madre single di due gemelle, è dura ma si può fare»

Roberta Cavalieri racconta la sua esperienza fatta di ottimismo e forza di volontà: «Milano è una città che offre un aiuto, c’è il doposcuola che in altri centri minori non esiste, sono servizi che vanno solo potenziati»

Giovanni Seu

Lavora per una società di ricerche di mercato, 55 anni, single ma da nove madre di due gemelle. Roberta Cavalieri racconta a Mi-Tomorrow cosa significa portare avanti da sola una famiglia.

Le tre parole di oggi? Scoprile in newsletter!

Com’è stata la sua vita con due neonate?
«Molto faticosa, ma è diventata subito la mia routine. Ci vuole organizzazione, pazienza, non bisogna ambire alla perfezione e cercare di prendere le cose con leggerezza».

Due bambine richiedono attenzioni continue, come ha fatto a soddisfarle?
«Avevano ritmi simili e questo mi ha aiutato. Poi ci vuole intraprendenza, ad esempio io le allattavo contemporaneamente con il biberon, una con la mano destra e l’altra con la sinistra, così risparmiavo anche tempo».

Roberta Cavalieri
Roberta Cavalieri

Saranno state giornate infinite.
«Lo erano, a volte mi ritrovavo disperata, ma ho avuto la fortuna di trovarmi con bambine gestibili che di notte mi lasciavano dormire».

Chi l’aiutava?
«I miei genitori non potevano, ho avuto mio fratello e poi ho chiamato una baby-sitter. È stata importante una rete di amicizie che mi ha sostenuto».

Il fatto di essere madre single ha creato problemi nelle relazioni?
«Mai avuti a Milano e neppure nel mio paese di origine del mantovano».

Qualcuno le ha mai espresso ammirazione?
«Sì, in particolare è arrivata da altre donne».

Come ha fatto a conciliare il lavoro con l’impegno a casa?
«Ho lavorato in smart working e ho la fortuna di lavorare in un’azienda molto illuminata e attenta alla mia situazione. Certo i problemi ci sono».

Dal punto di vista economico come se la cava?
«Devo fare le scelte giuste, anche le rinunce, bisogna sapere riorganizzare la vita. Ho sempre amato fare lunghi viaggi, ora non è più possibile ma non ho smesso di viaggiare, semplicemente li organizzo più economici e più brevi».

Che tipo di sostegno ha bisogno una persona come lei?
«Guardi, Milano è una città che offre un aiuto, c’è il doposcuola che in altri centri minori non esiste, fornisce servizi anche d‘estate quando le scuole sono chiuse. Si tratta di potenziarli perché il problema delle famiglie sono i tempi che si fa fatica a conciliare».

Quale bilancio può tracciare di questa esperienza?
«Sono serena, ho fatto le mie scelte, ho avuto le mia figlie con la fecondazione assistita e guardo avanti con tranquillità».

Festa della mamma: «Non lasciatevi spaventare dall’adozione»

Ribaltando le aspettative, Donatella e il marito sono riusciti ad adottare (anche se non ancora in modo definitivo e per questo preferisce non comparire in foto) un bambino a Milano in pochi mesi, all’estero sarebbe stato più difficile: «La sera prima ci hanno detto che c’era un bambino per noi e la mattina siamo andati a prenderlo»

Manuela Sicuro

A Milano da Dublino per amore di un figlio che ancora non conoscevano, ma che in soli 16 mesi di iter e 12 ore effettive di attesa è arrivato a cambiare le loro vite. Donatella, 40 anni, racconta il percorso intrapreso con suo marito per diventare genitori.

Avete iniziato il percorso di adozione all’estero?
«Sì, a Dublino, ma il Covid ha bloccato tutto, poi ci siamo resi conto che in Italia il percorso era più veloce e ci siamo trasferiti a Milano per questo».

Qual è il percorso burocratico?
«Un corso con l’ATS del Sacco che è super, lo consiglio, ci lavorano bravissime persone. Poi alcuni incontri con psicologi e assistenti sociali e alcuni mesi dopo completato l’iter in consultorio abbiamo capito che stavamo per diventare genitori. Ci hanno detto che c’era un un bambino per noi la sera prima e la mattina dopo siamo andati a prenderlo».

Un parto in anonimato?
«Sì, è importante dire che tutte le donne possono tranquillamente andare in ospedale a partorire in sicurezza, mantenendo l’anonimato e dando così la possibilità a questi bambini di ricevere cure e l’affetto di una famiglia».

L’iter è stato veloce?
«Sì, abbiamo avuto nostro figlio dopo 34 giorni dalla sua nascita».

Adesso ha il vostro cognome?
«Ancora no. Ci sono tre fasi per l’adozione e noi siamo alla prima, al decreto di collocamento e in attesa dell’affido pre-adottivo. Legalmente non siamo ancora suoi genitori per un blocco burocratico. Speriamo entro l’anno di arrivare all’adozione definitiva, quando lui avrà quasi due anni».

E il percorso emotivo?
«Quando abbiamo capito che avevamo delle difficoltà ad avere figli è stato il momento più tosto. Abbiamo pensato all’adozione anche perché ci pensavo fin da quando avevo 17 anni».

Come è cambiata la vostra vita?
«Molto e abbiamo avuto 12 ore per rendercene conto. Prima progettavo mille cose, ora fatico a pensare a una sera fuori, ma su questo ci sto lavorando. Poi mi sono resa conto che in questo Paese le madri sono abbastanza sole».

Molti vedono l’adozione complicata.
«C’è molta disinformazione, noi in 16 mesi abbiamo fatto tutto. Per le info corrette potete rivolgervi al sito del Tribunale dei minori o per le adozioni internazionali a commisioneadiozioni.it».

Com’è essere madre?
«Vuol dire non dormire la notte ma essere abbracciata a lui che ti chiama mamma».

Festa della mamma: «In Spagna per avere nostro figlio»

Iris e Giada, insieme da 10 anni, festeggiano la loro doppia Festa della mamma tenendo in braccio il loro piccolo di quattro mesi: «In Italia la società è molto più avanti della politica»

Tiziana Cairati

La Festa della Mamma? Per Iris e Giada, da poco mamme di uno splendido bambino, è doppia. La loro esperienza è raccontata anche su Instagram sul profilo Mammeamodonostro.

Da quanto state insieme e da quanto desideravate avere un figlio?
«Siamo una coppia stabile da 10 anni. La volontà di diventare genitori è arrivata nel 2022. Eravamo a Miami e ho iniziato a interrogarmi sul senso della vita condividendo i miei pensieri con Giada. Ci siamo chieste se fosse meglio continuare a viaggiare o allargare la famiglia. Certo, i viaggi sono belli, ma sentivamo che ci mancava qualcosa».

Qual è stato l’iter per la fecondazione eterologa?
«Una volta rientrate in Italia, Giada ha contattato le prime cliniche e insieme ci siamo interrogate anche sulla tipologia del donatore (anonimo o aperto), perché in base a questa scelta, sarebbe cambiato lo Stato a cui rivolgersi. Noi abbiamo scelto per la donazione anonima e siamo andare in Spagna per il metodo ROPA, io ho donato l’ovulo e Giada ha portato avanti la gravidanza. Siamo state fortunate, nostro figlio è arrivato al primo tentativo. In Italia purtroppo la PMA è possibile solo per coppie eterosessuali (sono escluse anche le donne single)».

Iris e Giada
Iris e Giada

Come è stato accolto dalla comunità la vostra famiglia?
«Benissimo, come lo sono tutti i bambini. Anche in ospedale quando è nato 4 mesi fa noi eravamo “le sue mamme”. La società, le persone, sono molto più avanti rispetto alla politica».

Per visite mediche, permessi etc… riscontrate maggiori difficoltà rispetto alle altre mamme?
«Solo Giada, genitore riconosciuto legalmente, ha questi diritti. Però devo dire una cosa…».

Prego.
«Nella compilazione dell’ISEE, per i bonus e gli aiuti alla genitorialità, siamo un unico nucleo familiare e questa per noi è una contraddizione».

Avete un profilo Instagram, “Mammeamodonostro”…
«Sì, lì condividiamo il nostro percorso. Si è creata una rete di supporto e confronto. Certo, ci arrivano anche commenti di tipo lesbofobico, anche molto pesanti, ma nella vita reale, siamo circondate da persone che ci supportano e ci vogliono bene».

Festeggerete la Festa della Mamma?
«Certo, festeggiamo il doppio. È la nostra prima volta, siamo un po’ emozionate».

Festa della mamma: «Madre dopo tre tentativi con la fecondazione assistita»

Adele e il marito hanno fatto un percorso lungo e doloroso: «L’infertilità ti fa sentire meno “donna” e ti obbliga a trattenere le lacrime»

Manuela Sicuro

Decidere di intraprendere la strada della fecondazione assistita significa vivere un percorso fisico ma soprattutto psicologico molto tortuoso. Lo sa bene Adele Lapertosa, 47 anni, che con suo marito dopo aver scoperto i loro problemi di fertilità hanno cercato di diventare genitori in tre diverse strutture private, prima di avere la loro bambina qui a Milano.

Dal punto di vista emotivo come è stato?
«Gestire tutto questo processo emotivo è stata la cosa più difficile, che ha lasciato ferite profonde. Poca comprensione e comunicazione da parte dei medici che non mi spiegavano nulla. Poca comprensione da amici e familiari, che non capiscono davvero il dramma che si vive. E poca comprensione dal partner, che ha vissuto tutto in modo diverso da me».

Chi vi ha aiutato?
«L’unico vero aiuto è venuto dalla psicologa da cui siamo andati. Difficile metabolizzare il problema di fertilità, che ti fa sentire meno “donna” e ti obbliga a lavorare senza parlarne con nessuno e a trattenere le lacrime».

Adele Lapertosa
Adele Lapertosa

Quali le maggiori difficoltà e le più belle soddisfazioni in questo percorso?
«Tra le difficoltà, “sprecare” dei mesi preziosi per gli esami necessari, oltre che ai problemi sul fronte emotivo-psicologico. La più bella soddisfazione è stata ovviamente rimanere incinta con una tecnica, la iui, la più semplice e basilare che di solito ha il 10% di possibilità di successo. Non potevo sospendere la mia vita se non arrivava un figlio, quando l’ho capito le cose sono andate bene».

Hai anche scritto un libro.
«Altra soddisfazione è stata scrivere Il bambino possibile, una guida in cui ho cercato di dare tutte le informazioni utili a chi si trova a vivere questo percorso, per farli sentire meno soli e per avere un’arma in più con cui camminare in questo lungo tunnel, dove poi arriva alla luce».

Cosa si può dire ad una coppia che deve affrontare la fecondazione assistita?
«Di parlare e farsi aiutare psicologicamente da qualcuno. Non sentirsi soli, non affidarsi a internet ma andare da professionisti e centri di provata esperienza». MaS

In breve

FantaMunicipio #30: così si fa più spazio ai pedoni in una Milano più green

Questa settimana registriamo due atti molto importanti per dare più spazio ai pedoni. Uno riguarda le varie misure proposte...