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03. 05. 2024 10:49

InGalera, sapori di libertà nel ristorante gourmet in cui lavorano i detenuti

Un carcere, un ristorante, un film. Tre parole che in genere non stanno nella stessa frase. Eppure a Bollate hanno la possibilità di convivere

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Segnalato nelle guide gastronomiche più esclusive, come la Michelin e il Gambero Rosso, InGalera è il ristorante del carcere più stellato d’Italia. Aperto all’interno delle mura della casa di reclusione di Bollate, è un modo innovativo di fare riabilitazione, unico al mondo, perché in sala e in cucina sono i detenuti ad essere impiegati nelle brigate.

Ma attenzione, nessun progetto caritatevole: l’ambiente è moderno e accogliente e il menù creativo e raffinato, ideato e creato dallo chef Davide, che prima di entrare a Bollate è stato allievo di Gualtiero Marchesi. L’idea è quella di portare la società all’interno del carcere, per sfatare il luogo comune che il detenuto sia sempre e solo brutto e cattivo, ma soprattutto senza possibilità di riscatto. InGalera è una seconda chance. Sembra un film.

InGalera arriva al cinema: il docufilm di Michele Rho: «Benvenuti in galera racconta l’idea di una donna visionaria, mia mamma»

Presentato in prima mondiale al Filmaker Festival di Milano nel novembre scorso, Benvenuti in galera è il docufilm di Michele Rho che racconta l’esperienza, unica al mondo, di un ristorante aperto al pubblico situato all’interno di un carcere, quello di Bollate, considerato una delle realtà penitenziarie italiane più all’avanguardia. In cucina e in sala lavorano i detenuti, con l’obiettivo di costruire un progetto di inclusione sociale e lavorativa.

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Arrivato in sala l’11 gennaio alla Cineteca Milano Arlecchino per una programmazione di una settimana, dopo quattro giorni il grande successo di pubblico ha portato al prolungamento fino al 31 gennaio. Nel frattempo, il film è stato selezionato per partecipare al Fipadoc 2024, il Festival Internazionale dei documentari di Biarritz che si chiude domani.

Chi l’ha pensato, scritto e diretto è Michele Rho, regista milanese classe 1976, che si è diplomato alla Scuola d’arte drammatica Paolo Grassi di Milano e ha studiato cinema alla Columbia University di New York. Ma è anche figlio di Silvia Polleri, colei che ha ideato e oggi gestisce InGalera Bollate, il ristorante del carcere più stellato d’Italia.

Michele Rho
Michele Rho

Michele, quando tua madre è partita con il progetto, l’idea del film ti è venuta subito?
«Le riprese sono state fatte nell’arco di 3 anni. Ho iniziato a girarlo nel 2019, ma a pensarlo nel 2015. Mia mamma lavorava già con i detenuti di Bollate con il catering e io avevo una mezza idea di far qualcosa, ma quando ha aperto il ristorante ho cominciato a pensarci seriamente».

Qual è stato l’aspetto più complesso?
«Complesso è stato il progetto stesso. Sentivo una grossa responsabilità nei confronti di mia mamma e dei ragazzi in generale, perché stavo toccando un tema delicato. Dall’altra parte però ci sono anche delle vittime, quindi era necessario prestare molta attenzione a non fare di loro degli eroi, ma neanche dei furfanti e basta. Per quello ho aspettato a iniziare l’avventura».

Come hai lavorato?
«Ho seguito il mio istinto, il mio modo di fare cinema e il materiale umano che avevo davanti. Non è stato facile, perché avevo tanto girato da selezionare in sala di montaggio, un altro lavoro a cui si è dedicata tanta energia e dove tutto ha trovato armonia grazie al montatore Walter Marocchi».

Vengono a vedere le scimmiette è un capitolo del film. Come far capire ai detenuti che non era questo il senso?
«Hanno capito che non ero a caccia di sensazionalismo, ma cercavo di raccontare loro e la loro umanità, volevo raccontare questa storia: la loro, che stanno cercando una nuova possibilità dalla vita e quella di una signora visionaria che pensa si possa farlo attraverso la cucina. E lei quasi ogni sera fa in modo di trasformare questa storia in un racconto, quando ci sono quelli “a caccia di scimmiette”» .

Il film è in bianco e nero, perché?
«È una scelta che ho fatto prima di iniziare a girare, perché volevo fare un film che raccontasse la dignità di persone che cercano una seconda possibilità di riprendersi la vita in mano, di chi ha sbagliato e vuole ritrovare la via. Questo racconto doveva passare attraverso una via elegante e il bianco e nero mi è sembrata la scelta migliore. Il livello del ristorante è alto e anche nel film l’estetica doveva essere alta».

Questo film può essere un seme?
«Le storie possono essere molto potenti. Vorrei portare il film nelle carceri perché è una storia che può far partire delle cose e poi anche nelle scuole, perché lì c’è il futuro, i ragazzi che magari porteranno avanti dei cambiamenti».

Benvenuti in galera, i numeri del docufilm

3

Anni di durata delle riprese del film

120

I detenuti che hanno lavorato al ristorante

50

I coperti del ristorante

2015

Anno di apertura del ristorante

InGalera, l’ideatrice: «Non dimentico le facce di tutti i ragazzi che sono passati da qui»

Dopo 10 anni di catering di alto profilo per la buona borghesia milanese, nel 2003 Silvia Polleri viene contattata dall’allora direttrice della casa di reclusione di Bollate, Lucia Castellano, con una “proposta indecente”: impiegare dei detenuti nel suo catering all’insegna del bon ton. Detto, fatto. E per una come Silvia, dalla cooperativa sociale ABC Catering ad aprire il ristorante InGalera il passo è stato naturale.

Silvia, perché un ristorante in carcere?
«La ristorazione mi ha dimostrato che questo lavoro è perfetto per chi ha trasgredito la legge, perché è molto gerarchico ed esige un rispetto ferreo delle regole, muovendosi però in un ambito di estrema piacevolezza, soprattutto per chi è privato della libertà: quello del maneggiare odori e sapori. Poteva diventare una straordinaria palestra e mi sono resa conto dell’importanza che avrebbe avuto una formazione professionale».

Come avete fatto per la formazione?
«Con la cooperativa di educatori ci prodigammo per far entrare a Bollate una sezione carceraria dell’Istituto Alberghiero Paolo Frisi, che dal 2012 sforna detenuti con diplomi di maturità quinquennali. L’idea del ristorante è stato il passaggio successivo, perché il catering è un lavoro occasionale, io sognavo un ristorante fatto dai nostri ragazzi».

Silvia Polleri
Silvia Polleri

Quando ha aperto InGalera?
«Nel 2015. Fummo cercati dalla società PwC, che mi chiese di aprire un ristorante per loro. Non riuscivo a trovare un posto adatto a Milano e mi sono detta: ribaltiamo la situazione, venite voi in galera! A quel punto se la società inizia a venire dentro, anche solo per curiosità, troverà un bel locale e mangerà molto bene. Quando uscirete non sarete più quelli che sono entrati, non potrete non pensarci. Il ristorante è uno strumento molto potente».

Quante persone ci lavorano?
«15, presto 16 detenuti con 3 esterni: io, il maître che tiene la gestione della cassa e un’altra persona che fa con me i catering. Tutti sono pagati con busta paga regolare e c’è un dettaglio che la società fa fatica a cogliere: nel momento in cui emetto la busta paga al detenuto lavoratore, lui diventa anche contribuente dello Stato».

La cosa più bella?
«Le facce di tutti i miei ragazzi che sono passati. Ho lavorato con 120 detenuti e la maggior parte di loro mi telefona alle feste, mi manda i video quando non sono è più con noi e io mi emoziono davvero per chi ce l’ha fatta».

Al termine della pena hanno proseguito con questo lavoro?
«Molti. Uno ad esempio lavora come cuoco in un ristorante in Spagna, un altro è diventato primo chef in un famoso hotel di Corvara, mentre prima di entrare in carcere lavorava in mensa, ma da Davide, lo chef, ha imparato moltissimo. Del resto Davide prima di arrivare a Bollate si è formato da Gualtiero Marchesi. E si tenga conto di un dato: in Italia la recidiva all’uscita dal carcere è del 70%, a Bollate del 17/20%».

InGalera, il menù

Pranzo da martedì a venerdì

Piatto unico €15 (primo + secondo del giorno, acqua e caffè). Tutti i secondi piatti sono accompagnati da contorno. Solo primo del giorno €10; solo secondo del giorno €12.

Pranzo del sabato

Percorso di degustazione a scelta di carne o pesce, composto da antipasto, piatto principale, dolce, acqua, vino e caffè 45€.

Chef Davide
Chef Davide

Cena alla carta

Ristorante InGalera

Via Cristina Belgioioso, 120 – Milano

Aperto dal martedì al sabato

Dalle 12.15 alle 14.00 e dalle 19.30 alle 22.00

Chiuso domenica e lunedì

334.30.81.189

ristoranteingalerabollate@gmail.com

ingalera.it

InGalera, il Festival con il docufilm

Il docufilm Benvenuti in galera in questi giorni è in programma nella speciale sezione Focus Italie della sesta edizione del Fipadoc, il primo grande evento documentaristico internazionale dell’anno, in programma a Biarritz dal 19 al 27 gennaio. Il festival francese presenta opere selezionate ai quattro angoli del mondo, con la particolarità di rappresentare tutti i formati, tutte le forme e tutti i generi di documentario per tutti gli schermi.

Quest’anno saranno presentati oltre 150 film, 5 serie di documentari, 24 cortometraggi e 19 esperienze digitali, per un totale di 174 opere. Per sottolineare la sua dimensione europea, ogni anno il Fipadoc celebra la ricchezza e il dinamismo della produzione di documentari in un territorio europeo. Per il 2024 la rassegna dedica un approfondimento all’Italia, il Focus Italie, con una programmazione di sei progetti tra i più recenti ed importanti della produzione nazionale.

Tra questi, oltre a Benvenuti in galera di Michele Rho, anche Marx può aspettare di Marco Bellocchio, Apnea di Stefano Poggioni, Claudia Cataldi ed Elena Poggioni, Jump out di Nika Saravanja, Don’t come back di Chiara Avesani e Matteo Delbo e Sconosciuti puri di Valentina Cicogna e Mattia Colombo.

InGalera, dove si svolge il progetto

«Non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri, poiché è da esse che si misura il grado di civiltà di una nazione». La frase di Voltaire, che nel ‘700 così si esprimeva sulla necessità che i penitenziari fossero luoghi dignitosi, campeggia nella home page del sito della Casa di Reclusione Milano Bollate. Attiva dal dicembre 2000, sin dalla sua apertura si è caratterizzata per l’obiettivo di realizzare su grande scala un progetto a custodia attenuata, volto alla graduale inclusione sociale dei detenuti.

Il modello gestionale si fonda sui specifici principi: la responsabilizzazione dei detenuti, ai quali si offrono ampi spazi di libertà e un’ampia scelta di opportunità, chiedendo loro d’imparare a gestire in modo responsabile tali spazi ed essere protagonisti attivi della vita detentiva; un modello di sicurezza fondato sulla conoscenza dei detenuti e non su una costante vigilanza fisica da parte della polizia penitenziaria; la grande integrazione con la comunità territoriale (istituzioni, imprenditoria, terzo settore), il cui contributo è indispensabile per programmare efficaci interventi di reinserimento sociale.

Infine il progetto si fonda sulla condivisione dell’organizzazione delle attività lavorative, scolastiche e terapeutiche con gli enti pubblici e del privato sociale che lavorano con l’Istituto: una delle ambizioni del progetto è quella di cedere progressivamente la gestione delle attività di somministrazione alle cooperative dei detenuti che si sono costituite in questi anni.

Come la Cooperativa ABC–La sapienza in tavola, il servizio di catering e gestione del Ristorante InGalera o la Cooperativa CascinaBollate (produzione e vendita piante ornamentali), la Cooperativa Alice (sartoria, produzione e vendita abbigliamento), la Cooperativa Zerografica (brochure, cataloghi, biglietti da visita, calendari, cartoleria personalizzata). L’attuale direttore del carcere è Giorgio Leggieri.

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