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23. 04. 2024 08:57

Milano, la moda riparte dalle donne: al via la Fashion Week tutta al femminile

Un anno fa, l’inizio di tutto. Ma il Made in Italy non molla e riparte ancora dal digital, sfoderando il parterre delle grandi occasioni: da oggi la Fashion Week è donna

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Il ricordo di un anno fa è ancora vivo. Furono Giorgio Armani e Lavinia Biagiotti (stilista e figlia di Laura) a prendere una decisione sofferta ma inevitabile: chiudere le porte e annullare le loro sfilate. Iniziava così il periodo più nero, quello che decretava l’inizio del primo lockdown dopo pochi giorni e un cambiamento di vita per l’umanità intera.

Oggi, la situazione non ancora risolta, ha obbligatoriamente costretto a decisioni radicali come nessun defilè in presenza ma il morale è a mille e la voglia di riprendersi e ricominciare è tangibile. La moda, uno dei settori più colpiti, si presenta per la Fashion Week milanese (dal domani al 1° marzo) con la determinazione giusta. Tutto sommato digital è bello o, per lo meno, tutti se lo fanno andar bene.

Tutti. O quasi. Lo dimostrano le tante presenze in calendario: Missoni, Alberta Ferretti, Fendi (con il debutto nel prêt-à-porter di Kim Jones, dopo la prima Haute Couture a gennaio), Max Mara, Blumarine (con Nicola Brognano al suo secondo appuntamento), Prada (terzo appuntamento, invece, per la co-direzione di Miuccia Prada e Raf Simons), Antonio Marras, Etro, Tod’s, Sportmax, Giorgio Armani, Salvatore Ferragamo e Dolce&Gabbana.

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Riconfermata la presenza di Valentino, già spostatosi a Milano lo scorso settembre. Mancano invece Versace, che ha annunciato una presentazione digitale il 5 marzo, e Gucci, uscito dal calendario tradizionale lo scorso maggio e proiettato nell’idea di presentare più a ridosso della messa in vendita delle collezione e con formati sperimentali.

Le novità. Non solo, tra le grandi novità ecco che nel calendario delle sfilate compaiono nomi come Brunello Cucinelli, Alessandro dell’Acqua x Elena Mirò, Del Core, Onitsuka Tiger, Fabio Quaranta, Dima Leu, Münn, Budapest Select, Alessandro Vigilante, Giuseppe Buccinnà e CHB. Camera Moda Fashion Trust, ente per il supporto dei talenti emergenti italiani, finanzierà le presentazioni di Marco Rambaldi e ACT N.1. Rambaldi sarà anche presente nel rinnovato spazio in La Rinascente insieme a Fantabody, Vitelli, Gentile Catone, Themoirè, Drome, Simona Marziali – Mrz, Melampo, Sara Battaglia, Giannico e Greta Boldini: le collezioni dei nuovi talenti saranno acquistabili dai visitatori dello store per un periodo limitato di tempo.

«Sono molto felice di vedere anche per questa Fashion Week la partecipazione di molti nostri Soci e la presenza di nuovi brand, a sottolineare l’importanza e la valenza della settimana della moda di Milano sia pure in un momento così difficile per la nostra industria», le parole di Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana.

L’omaggio. «Quest’edizione della Milano Fashion Week testimonia ancora una volta un approccio di grande flessibilità, che ha spinto tutti gli attori dell’industria della moda a sperimentare nuovi linguaggi espressivi ed a cercare modi alternativi per promuovere e distribuire le grandi creazioni che contribuiscono a rendere questa settimana unica nel panorama internazionale. Anche in questa edizione sono centrali argomenti come sostenibilità ambientale e sociale, formazione e sostegno ai brand emergenti, narrazione e chiaramente digitalizzazione. Un tema che però voglio sottolineare è l’attenzione all’artigianato, che ha più che mai bisogno di grande sostegno. In questo senso va l’accordo con Confartigianato Imprese, al nostro fianco nella costruzione di una fashion week che racconta di una filiera unica al mondo e mai così coesa».

Oggi la Week si aprirà con un video tributo a Beppe Modenese, storico inventore della settimana milanese, scomparso lo scorso novembre.

«La moda è un dono che mi è arrivato dal cielo»
Parola di Martino Midali, che omaggerà così i magazine di settore durante la Week

Martino Midali celebra Milano, capitale italiana della moda, da sempre sede del brand Made in Italy, lanciando il progetto Martino Midali for Fashion per omaggiare i magazine di settore durante la Fashion Week. Midali dedicherà le vetrine della boutique di via Mercato e di via Madonnina, nel cuore della città, alle più importanti pubblicazioni fashion, con una speciale installazione che vedrà protagonisti durante la settimana i numeri simbolo della storia dei vari magazine, con le cover più rappresentative.

Un gesto simbolico e di impatto, quello di Martino Midali, per comunicare al grande pubblico la sinergia e la vitalità di tutto il comparto e portare alla ribalta l’indotto di lavoratori.

Come nasce questa idea?
«In un contesto come quello attuale, sentivo che era giunto il momento di fare una riflessione più approfondita e di valorizzare Milano dal suo interno, partendo dall’editoria, uno degli asset strategici della città, che crea prodotti iconici che sono di ispirazione in tutto il mondo. Questo progetto vuol essere anche un cortocircuito, con installazioni fisiche nelle nostre vetrine delle cover più rappresentative dei magazine, proprio in una Week caratterizzata da eventi digital per l’emergenza in atto. Credo che Martino Midali for Fashion sia anche un modo per celebrare non solo la mia città, ma anche le tante persone dell’indotto editoriale che, spesso da dietro le quinte, contribuiscono al racconto del nostro settore con contenuti di assoluta eccellenza».

Da dove parte la sua storia?
«Da un paesino del lodigiano, Mignete. Fin da ragazzo, a 15 anni, avevo le idee ben chiare su quello che avrei voluto fare da grande. Quindi guardai subito avanti, prima a Lodi e poi a Milano che stava espandendosi e sempre più diventando il centro della moda. Capivo che bisognava fare il gran salto».

Quindi la moda è sempre stata una vera e propria passione.
«Esotericamente parlando, la moda è un dono che mi è arrivato dal cielo. Allora non c’era ancora la figura dello stilista. Ero un creativo in ogni ambito. Andavo dallo straccivendolo e da quelle grosse balle acquistate a Livorno, che arrivavano dall’America, tiravo fuori di tutto e partiva la mia fantasia. Mettevo insieme cose che davo alle mie amiche. Ero sempre stato attirato dai figli dei fiori anche se, nato nel 1952, facevo parte della generazione successiva».

Come definirebbe la sua moda? Trasversale? Democratica?
«Posso vestire diecimila donne e sarebbero tutte diverse una dall’altra. Se vuole indossare one size e stringerlo vicino al corpo è lei che lo decide a suo piacere, io do una forma. Mi innamorai del jersey proprio per questo, così come del taffetà, tessuti che ognuna si adatta. Non è il mio abito a vestire le donne, ma sono le donne a vestire il mio abito. È logico che propongo il mio stile, ma è uno stile che possono adattare a loro. Le donne che vestono Midali non indossano un mio capo, lo interpretano. Lo stesso abito è diverso a seconda della donna che lo veste».

Lei ha rivoluzionato certi concetti del vestire…
«Ho creato l’elasticizzato inserendo l’elastomero nel jersey, ho messo l’elastico in vita facendo così capire che una donna può vivere una vita più comoda e più semplice. E poi il cotone, che non si restringe nel lavaggio: anche quella è una conquista. I miei capi sono dei progetti, l’abito a uovo ci stanchiamo di produrlo. Il mio credo è suggerire un gusto, una filosofia, senza imporre dei canoni».

 

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