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23. 04. 2024 16:38

Come nel ‘68, licei occupati per una scuola “non ansiogena”

Studenti in agitazione a Milano: ecco la situazione nei licei, dal Vittorio Veneto al Carducci

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Volge al termine una settimana “calda” per Milano e i suoi licei occupati. In alcuni, come all’artistico Boccioni e allo scientifico Bertrand Russel, si è dato vita a cortei e assemblee mentre in altri si è arrivati all’occupazione della scuola. E’ il caso dello scientifico Vittorio Veneto e, in particolare, del classico Carducci che si è rivelato l’epicentro di questa agitazione studentesca.

Licei occupati: la situazione a Milano

Che esista un malessere non è una novità, già durante il periodo delle prime fasi della pandemia che ha portato le scuole superiori in dad, ovvero le lezioni seguite da casa con il computer, è emersa l’insoddisfazione per questo tipo di didattica che priva gli studenti della socialità. Adesso la situazione sembra aggravata, vengono fuori nuove problematiche, difficoltà sinora non affrontate nel modo migliore su cui gli studenti chiedono risposte: per ottenerle hanno utilizzato tutti gli strumenti a disposizione, anche quelli radicali.

Come al Carducci, liceo situato a pochi metri da piazzale Loreto, dove gli studenti hanno occupato il complesso tutta la settimana, impedendo lo svolgimento ordinario delle lezioni e instaurando una didattica “alternativa” con figure esterne alla scuola.

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Un clima da ’68 che ha motivazioni remote, come spiega a Mi-Tomorrow Arianna Carpinella, esponente del collettivo che ha promosso l’occupazione: «Esiste un malessere, che non riguarda soltanto la nostra scuola, provocato da un ambiente performativo: la pressione sugli studenti è molto forte e tra le conseguenze ci sono, come documentato da un nostro sondaggio, attacchi di panico che hanno coinvolto il 76% dei compagni durante le interrogazioni. La pandemia ha solo accentuato questi problemi che però esistevano da prima».

I licei occupati e le rivendicazioni degli studenti sono articolate e presuppongono una riorganizzazione della scuola: «Abbiamo un solo psicologo per mille studenti, è un servizio che andrebbe rafforzato – prosegue Carpinella -, inoltre crediamo che si debbano migliorare le condizioni di lavoro degli insegnanti che porterebbero ad una maggiore qualità dell’insegnamento e magari consentirebbe la continuità didattica evitando di avere cambi di docenti durante il corso di studi. E’ importante che si riveda il rapporto scuola-lavoro, a cominciare dagli stage».

L’occupazione del Carducci è stata decisa dopo un’assemblea in cui la maggioranza degli studenti si è pronunciata a favore. Al posto delle lezioni si pratica l’autogestione, un gruppo di 50-60 ragazzi resta a turno anche di notte. Sono stati invitati alcuni esperti, tra cui uno psicologo, a parlare: una decisione che ha contribuito a fare precipitare i rapporti con il preside Andrea Di Mario, che pure all’inizio aveva avviato un dialogo con gli studenti. Al termine della manifestazione studentesca di oggi, alla quale hanno aderito diversi licei, gli studenti decideranno se portare avanti l’occupazione oppure ripiegare su altre iniziative meno drastiche per tenere viva la domanda nei confronti non solo della scuola ma di tutta la società.

Licei occupati, lo psicologo Milanese: «Bisogna capire i ragazzi»

milanese licei occupatiPsicologo, collaboratore del consultorio Aied, Luca Milanese offre una riflessione a Mi Tomorrow su quanto sta succedendo nelle scuole di Milano.

Qual è il suo rapporto con la scuola?
«Ho tenuto un incontro al liceo Carducci proprio sabato scorso che ha preceduto l’occupazione».

E’ rimasto sorpreso da ciò che è accaduto?
«Dovremmo chiederci perché è successo e sta succedendo, perché i giovani sentono il bisogno di manifestare».

Lei come lo spiega?
«Io non giudico, cerco di capire, forse c’è un disagio che non è stato ascoltato».

Quanto ha pesato la pandemia e la conseguente chiusura delle scuole?
«Ci sono compagni di scuola che hanno potuto vedersi in faccia per la prima volta solo dopo molto tempo: sono cose che a livello relazione producono criticità».

Forse è una generazione fragile?
«Questo è un discorso che va calato nella soggettività dell’individuo».

Al Carducci tre su quattro hanno avuto una crisi di panico durante un’interrogazione.
«Probabilmente molti sono stati interrogati in presenza per la prima volta esponendosi così ad un tipo di giudizio diverso».

Un altro tema è il rapporto scuola-lavoro: gli studenti, anche sull’onda del caso drammatico di Udine, chiedono che sia rivisto.
«E’ un tema molto delicato, credo che ciò che più li preoccupa è il fatto che dopo gli studi ci sia lavoro oppure no: hanno bisogno di risposte, non possono navigare in un vuoto cosmico».

Questa è la prima generazione digitale, dovrebbe essere avvantaggiata rispetto a quelle precedenti.
«La tecnologia bisogna saperla usare, non sono sicuro che in tutte le scuole venga utilizzata nel modo migliore».

In base alla sua esperienza, qual è il comportamento migliore da adottare con gli studenti?
«Le persone spesso mandano dei segnali, bisogna stare attenti a individuarli e comprenderli: direi che la cosa più importante e sapere ascoltare».

E poi?
«Si può capire cosa non va e si può passare all’azione».

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