Libertà, Lumbard? L’Autonomia regionale vista dai milanesi

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Certi amori fanno dei giri immensi e poi ritornano. Non un riferimento all’eterna canzone di Venditti, quanto un ritorno di un vecchio cavallo di battaglia leghista: il federalismo. Cambiano i tempi, cambiano anche i nomi. Dal termine coniato dai leghisti duri e puri della prima ora si è passati ad un più soft dibattito sull’autonomia regionale differenziata.

 

L’interrogativo che in molti si pongono è quanto realmente cambi la sostanza. Fatto sta che la pazienza del presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana sta per giungere al termine. Senza troppi giri di parole: «Chiamiamo le cose con il loro nome. Questo accordo tra Pd e M5S è fatto solo per perdere tempo alla faccia dei lombardi, dei veneti e degli altri italiani che chiedono la riforma dell’Autonomia».

Ogni riferimento è puramente voluto. Fontana sottolineava l’inutilità della nuova votazione, avvenuta in occasione della proposta sul taglio dei parlamentari, su una nuova legge quadro che definisca il percorso per concedere l’Autonomia. Il timore è che i tempi burocratici si dilatino fino a due anni prima di giungere all’emanazione del provvedimento.

Vantaggi? Oltre alle nebulosità sovrastanti le tempistiche di applicazione della legge, in molti si chiedono quali vantaggi concreti possa portare l’autonomia regionale. Le informazioni a riguardo non sembrano particolarmente chiare e, tornando per le strade di Milano, confermiamo questa sensazione. Si continua a confondere l’autonomia con una “particolare” forma di indipendenza.

Ma è effettivamente così? Nonostante aleggi un pathos secessionista, parte tutto da una rilettura dell’articolo 116 della Costituzione che stabilisce come le regioni con i bilanci in ordine possano richiedere l’assegnazione di maggiori competenze. Tra queste rientrerebbero la scuola e tanti altri temi, escludendo quelli più delicati come, ad esempio, la gestione dell’ordine pubblico.

Due velocità. La partita si giocherà, infine, sull’assegnazione delle risorse alle nuove regioni autonome. Queste prenderanno il nome di “fabbisogni standard”, ma la loro entità non è ancora definita. Il rischio principale è quella della creazione di un’Italia a due velocità: le regioni del nord più virtuose a livello fiscale e con maggiori risorse, con le regioni del sud relegate al ruolo di comprimari.

È un difficile gioco di equilibri. Intanto il presidente Fontana ha già fatto sapere di voler andare avanti da solo, lanciando una frecciatina al ministro per gli Affari Regionali Boccia. Puntuale, qualche rassicurazione: nella nuova commissione presentata dallo stesso ministro ci sarà anche l’ex governatore lombardo Roberto Maroni, uno dei fautori della prima visione leghista del federalismo.

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CRONISTORIA

2017
Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna avviano l’iter per l’ottenimento dell’autonomia regionale. Mentre nel caso dell’Emilia-Romagna il provvedimento viene approvato semplicemente tramite una votazione in consiglio regionale, Lombardia e Veneto indicono un referendum consultivo. Oltre il 90% dei votanti si dichiara favorevole all’avvio del percorso autonomo della propria regione.

28 febbraio 2017
Il governo di Paolo Gentiloni sottoscrive tre distinti accordi preliminari con Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna che individuano i principi generali, i metodi ed un primo elenco delle materie oggetto dell’autonomia, in vista della definizione dell’intesa. Nonostante dovesse giungere in tempi brevi, la caduta del governo da lì a poco interrompe i lavori. La questione dell’autonomia viene poi riproposta nel contratto di governo del nascente esecutivo giallo-verde.

Luglio 2019
Durante un vertice estivo alla presenza di tecnici e ministri si raggiunge un accordo di massima sullo schema finanziario da applicare alle intese che prevederebbe trasferimenti statali di risorse alle Regioni calcolati in base alla spesa storica di ogni competenza in quella determinata regione (ad esempio, quanto spende pro capite la Lombardia per la scuola ogni anno). La caduta estiva del governo lascia nuovamente il tutto in via di definizione.

Buongiorno #milanesi e buon sabato.«Noi speriamo di non dover fare da soli perché vorremmo che l'Autonomia fosse letta…

Posted by Mi-Tomorrow on Saturday, 2 November 2019

VOX POPULI

Alberto Favalli
Alberto Favalli

«Ritorno a Mazzini»
Alberto Favalli
46 anni, imprenditore
«Il discorso dell’autonomia va di pari passo con la ridiscussione della Costituzione, che ormai è vecchia di 70 anni. Dopo 150 anni di storia unitaria è arrivato il momento di “fare l’Italia” oppure accettarla per i suoi particolarismi. Le dichiarazioni di Fontana non le capisco. Come può far da solo? Come in Emilia-Romagna? La soluzione resta quella del vecchio confederalismo ipotizzato da Mazzini, in cui ogni regione si costituisce come elemento autonomo coordinato da un governo centrale per i temi di interesse nazionale».

Luigi Dolci
Luigi Dolci

«L’ennesimo populismo»
Luigi Dolci
52 anni, artigiano
«Ammetto di non avere una conoscenza tecnica delle richieste della Lombardia. Sono però dell’opinione che autonomia e solidarietà non debbano contrapporsi. Da un lato vedo tale richiesta come l’ennesima propaganda populista che non scende nel merito della questione, dall’altro come un qualcosa di pericoloso perché certe competenze dovrebbero rimanere allo stato centrale. Sono questioni che parlano semplicemente alla pancia e non fanno altro che dividerci».

Emma Crescenti
Emma Crescenti

«Un equilibrio instabile»
Emma Crescenti 
28 anni, studente
«L’idea di una Lombardia autonoma fa indubbiamente gola a molti. La possibilità di avere maggiore libertà nelle gestione delle risorse è qualcosa di attraente. Dobbiamo però ricordare che viviamo all’interno di uno Stato che si regge su una serie di equilibri importanti. Con l’autonomia si potrebbero generare squilibri. Se poi la volontà di Fontana di andare avanti da solo significhi solo promuovere leggi regionali per migliorare i servizi, ben venga».

 

Camilla Zanola
Camilla Zanola

«Una c… pazzesca»
Camilla Zanola
29 anni, allenatrice di pallanuoto
«Permetta il termine: è una cagata. Certamente la Lombardia ha più risorse, ma non vedo per quale motivo non debbano essere messe a disposizione delle altre regioni. In uno stato con tante differenze tra nord e sud è necessaria una condivisione per mantenerne l’equilibrio. L’articolo 117 della Costituzione in materia autonomia regionale è già più che sufficiente. Dona alle regioni proprio quelle competenze che richiedono una maggiore presenza sul territorio».

Paolo Dolcera
Paolo Dolcera

«Io sto con Fontana»
Paolo Dolcera 
46 anni, addetto sala slot
«Credo che sia giusto velocizzare questo processo come dichiarato dal presidente Fontana. Reputo questo ritardo come qualcosa di scandaloso dato che nel 2017, al referendum consultivo, il 96% della persone ha votato “sì”. Perciò è doveroso rispettare il volere della popolazione lombarda e garantire l’autonomia che hanno richiesto. Speriamo che la situazioni si sblocchi al più presto, ma non ne sono per nulla convinto date le lungaggini della nostra burocrazia».

Alessandro Damiano
Alessandro Damiano

«Questione delicata»
Alessandro Damiano 
30 anni, consulente finanziario
«Prendere decisioni sull’autonomia differenziata è estremamente delicato e penso che gli attori non debbano essere solo regione e governo, visto che i cambiamenti avranno potenzialmente ripercussioni sull’intero Paese causando un ulteriore divario nelle condizioni di vita dei cittadini italiani. Le affermazioni di Fontana sono propagandistiche. Come può andare avanti solo? Tra Stato e regione la Consulta si esporrà indubbiamente a favore del primo».

Serena Conti
Serena Conti

«Lo dice la Costituzione»
Serena Conti 
29 anni, impiegata
«Penso che le affermazioni di Fontana siano giuste e legittime. La Costituzione dà la possibilità alle regioni di ottenere maggiore autonomia su determinate materie, è giusto che i suoi rappresentanti chiedano di andare avanti. D’altro canto la delicatezza dell’argomento e le conseguenze che potrebbero generarsi necessitano di una presenza più seria del governo. A Roma dovrebbero trovare un accordo che soddisfi le richieste delle regioni, ma che al tempo stesso non mini i principi di unità».

Enrico Di Domenico
Enrico Di Domenico

«Un’Italia a due velocità»
Enrico Di Domenico
46 anni, carrozziere
«Io sono uno dei tanti immigrati a Milano. Sono originario di Napoli, devo ammettere che la Lombardia mi ha teso la mano permettendomi di crescere professionalmente fino ad avere un’attività tutta mia. Non vedo perché bisogna in qualche modo limitare la solidarietà che ha sempre contraddistinto la regione per chiudersi in questo recinto dell’autonomia. Certamente la Lombardia dovrebbe avere la possibilità di gestire meglio le proprie risorse, ma che senso ha creare un Italia a due velocità con un Nord rapido e un Sud lento?».


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