La “nuova normalità” annunciata con la fase 3 suona un pò come un paradosso per gran parte delle attività commerciali. Tra i numeri attuali e quelli registrati in passato c’è un abisso. I consumi a Milano non decollano e diventano lo specchio di una crisi socio-economica sempre più profonda.
Vendite in caduta libera. «Dopo il lockdown il calo nel settore è tra il 50 e il 60%», parola di Gabriel Meghnagi, presidente per Confcommercio della rete associativa delle vie milanesi. La situazione tra le vie dello shopping è desolante. Si sono persi gli introiti principali rappresentati dai turisti stranieri che affollavano le strade soprattutto in occasione degli eventi e delle fiere che caratterizzavano la città.
«Il Quadrilatero e corso Vittorio Emanuele, che campano di turismo estero, sono a zero – spiega ancora Meghnagi -. In Buenos Aires va già meglio. Però nelle vie laterali come Eustachi, Vitruvio, Plinio, siamo ancora al 50% di chiusure. In via Torino il 20. Che sembra poco, ma prima c’era la lista d’attesa per poter occupare qualche spazio».
Saldi. L’iniziativa del Comune di posticipare i saldi al 1° agosto e il via libera alle vendite promozionali dal mese precedente non è considerato un aiuto valido per i commercianti. «Senza turisti, chi ci sarà in città ad agosto? – si domanda ancora perplesso Meghnagi – Milanesi senza soldi per le ferie, figuriamoci per i vestiti».
Le cose non vanno meglio neanche per bar e ristoranti. Anche loro pagano l’assenza dei tanti turisti. «Solo coi milanesi c’è un 50-60% di clientela in meno – racconta invece Fabio Acampora dell’Epam, l’associazione provinciale dei pubblici esercizi -. L’unica salvezza sarà la riapertura di Europa e frontiere internazionali, soprattutto coi voli a lungo raggio. Ma al momento il 20% dei locali non ha riaperto e di questi metà non riaprirà e basta».
Mercato auto e viaggi. Tra i settori maggiormente in caduta libera c’è quello delle auto e quello turistico. Le immatricolazioni sono calate del 50%, per non parlare delle prenotazioni relative ai viaggi all’estero.«È nerissima – dichiara rassegnato Gabriele Milani della Federazione turismo organizzato -. Da marzo è stato tutto cancellato, nell’ipotesi più rosea ad agosto 2020 faremo il 30% del 2019 e chiuderemo il 2020 con l’80- 90% in meno. D’altronde non ci sono certezze sulle riaperture non solo di tutte le frontiere, ma anche di hotel e resort».
Ritorno al passato. L’unico settore che non sembri subire perdite è quello alimentare che ha incrementato i propri profitti con il lockdown. Anche gli ambulanti con la riapertura dei mercati scoperti sono tornati a fare buoni affari.
Quello che lascia però di stucco è il ritorno a pratiche commerciali ormai desuete e simbolo di un’Italia del passato che non avremmo voluto rivivere. «Certo, la crisi c’è: alcuni di noi sono tornati ai libretti dove si segnano i debiti dei clienti che pagano a fine mese – spiega Giacomo Errico, presidente di Apeca, l’associazione del commercio ambulante -. Ma per chi ha pochi soldi noi siamo una rete di salvataggio: i prodotti costano meno rispetto ai negozi».