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29. 04. 2024 03:45

Periferie e territorio, Maran: «Milano sostiene il fermento»

L’assessore affronta il tema delle periferie, della gentrificazione e della vivacità delle iniziative del territorio: «Gli investimenti pubblici hanno avuto un ruolo importante nella valorizzazione delle zone. Come NoLo»

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Una città dei quartieri, senza periferia. Lo pensa il sindaco Sala e chiediamo a Pierfrancesco Maran, assessore alla Casa e Piano Quartieri, dopo avere guidato la Mobilità e l’Urbanistica, qual è il suo pensiero.

Periferie e territorio, intervista all’assessore Pierfrancesco Maran

Assessore Maran, è davvero finita la contrapposizione centro-periferia?
«Sì, sono d’accordo con il sindaco».

Perché?
«Milano ha il vantaggio di essere una città piccola, in un’ora e 45 si raggiunge piazza Duomo partendo dal quartiere più esterno. I quartieri periferici non possono più essere considerati tali perché hanno assunto caratteristiche economiche proprie del centro di tante città».

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Esempi?
«Tanti, basta guardare Dergano o il Gallaratese».

Il centro si è dilatato sino alle periferie?
«Precisamente, è accaduto che centinaia di migliaia di persone si sono spostate verso le periferie, uno degli esempi è il quartiere NoLo nato dalla saturazione di Porta Venezia. In questo processo un ruolo importante lo hanno avuto gli investimenti pubblici».

Le periferie hanno cambiato volto ma è dilagata la gentrificazione.
«Intanto voglio chiarire una cosa: meglio gestire le crisi di crescita che il declino. Detto questo è vero che siamo di fronte ad un accrescimento dei valori immobiliari molto forte che mette in difficoltà chi vuole vivere in città».

Acquistare casa sta diventando proibitivo.
«A Milano esiste una proprietà diffusa, c’è sempre stata, come nel resto d’Italia c’è la tendenza a vivere in case di proprietà. Essendo sempre più oneroso l’acquisto in quanto da 15 anni le case si rivalutano, si ripiega sull’affitto dove, però, l’offerta è diventata inferiore alla domanda».

Non c’è via d’uscita?
«Oggi la criticità principale è rappresentata dagli affitti, ad esserne colpiti sono soprattutto gli under 35 per i quali l’affitto è la scelta pressoché obbligatoria».

Non resta che trasferirsi nell’hinterland?
«Non è più una soluzione, come poteva essere anni fa, perché la città urbana offre esperienze di vita che nell’hinterland non ci sono».

Bisogna ritornare a un ruolo più forte del pubblico?
«Abbiamo un ruolo in modo particolare adesso, sono finiti i tempi in cui si diceva: conta solo il mercato. Vediamo all’estero forme d’intervento, in Spagna si è posto un tetto agli affitti, a New York di fatto si è quasi dato lo stop agli Airbnb: anche noi dobbiamo avere un ruolo, lo stiamo esercitando pur nella consapevolezza di avere strumenti insufficienti per regolare».

A proposito del ruolo del Comune: i quartieri esprimono una grande vitalità, riuscite a sostenerla e indirizzarla?
«C’è una grande energia che, per esprimersi, ha bisogno di spazi dove fare vita sociale, cultura, ristorazione. Solo alla Martesana, dove sabato è stata inaugurata Stazione Radio, ci sono altri 4-5 spazi che hanno fatto diventare un boulevard quel tratto sul Naviglio. Noi ci siamo, basta guardare le nostre ultime iniziative come l’ex Macello dove sono previsti 1000 appartamenti in edilizia convenzionata, i tempi di Porta Nuova e Citylife in cui regnava l’edilizia libera sono finiti».

Nonostante i problemi sembra che lei sia ottimista.
«Sì, credo che ci siano le condizioni per costruire una città più coesa, perché il mondo possa puntare su Milano».

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