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29. 04. 2024 03:47

In viale Tunisia col naso all’insù, tra le bellezze storiche artistiche di Porta Venezia

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Le zone non conosciute dai turisti, e spesso neanche dai milanesi, per le bellezze storiche artistiche, sono davvero tante. A volte ci si passa davanti senza farci caso, tra la confusione dei negozi e del traffico. E’ il caso, per esempio, di viale Tunisia: bisognerebbe fermarsi ogni dieci metri per osservare i palazzi e le case che troviamo in ambo i lati per apprezzare questa strada che spesso è citata solo per la congestione della viabilità nelle ore di punta.

 

Una prima tappa è la piscina Cozzi: impossibile non notarla, sul lato destro della strada per chi arriva da Gae Aulenti. E’ una struttura che ha davvero tanta storia e tanti primati ed ancora oggi è un punto di riferimento per i milanesi che vogliono nuotare. Ma anche per chi non vuole fare un tuffo, ammirare la struttura da fuori è certamente interessante.

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Prendendo la vicina via Lazzaretto, passando l’incrocio con via San Gregorio si arriva in via Settembrini: qui davvero non si può perdere l’occasione di ammirare i tanti palazzi che arricchiscono questa strada. Sono davvero molto belli e particolari e camminando potete notare i tanti dettagli che li rendono così speciali: fra i tanti che certamente colpiscono l’attenzione ecco Palazzo Pathè.

Girando a destra in via Boscovich ed ancora a destra in via Settala dopo pochi passi ecco la chiesa di San Gregorio Magno. E’ una costruzione tutto sommato recente (inizi ‘900), ma ciò che può stupire è che la strada fatta per arrivare fino a qui, un paio di secoli fa, era un cimitero: detto anche Foppone di San Gregorio o anche di Porta Orientale, era uno dei cinque cimiteri cittadini. Venne chiuso con l’apertura del Monumentale. Riprendendo via Settala fino all’incrocio con viale Tunisia e girando quindi a sinistra, ecco la chiesa di San Carlo al Lazzaretto: voluta da San Carlo Borromeo, è qui dal 1500.

CI VEDIAMO IN…
Palazzo Archinto

Fu Francesco Maria Richini a progettarlo nel XVII secolo e fin da subito venne considerato uno dei migliori esempi di barocco lombardo: è Palazzo Archinto. La Seconda Guerra Mondiale ne causò purtroppo la totale distruzione: la ricostruzione in seguito cercò di ripristinare l’aspetto originario ma nulla riuscì a recuperare gli affreschi di Andrea Lanzani, Vittorio Maria Bigari e Giambattista Tiepolo che abbiamo irrimediabilmente perso.

Proprio Tiepolo si occupò della sala detta dell’Archivio, della sala col Trionfo d’Aurora, quella con la liberazione di Andromeda e quella con l’allegoria nuziale. Palazzo Archinto era famoso per le collezioni, le raccolte e la ricca biblioteca. Quando ci si passa davanti è facile individuare le tredici aperture della facciata così come le decorazioni del piano nobile. Il cortile a portici è l’unica parte sopravvissuta alle bombe.

RETROBOTTEGA
Dagli anni Trenta ad oggi: Divise Brambilla

La storia di questa bottega comincia nel 1926 quando Ambrogio, più milanese di così, crea un piccolo laboratorio specializzandosi nella produzione di berretti militari. La Prima Guerra Mondiale è finita, ma il lavoro è assicurato dall’importanza che le divise militari hanno anche nei periodi di pace. Passano pochi anni e quel laboratorio diventa un negozio: si trasferisce in via Larga, dove è rimasto fino al 2017 e diventa un punto di riferimento per tutte le forze armate.

Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale è un momento particolare per la bottega, visto che a differenza di altre realtà il lavoro aumento enormemente. Arrivano gli anni ’60 e la voglia di pace ed i movimenti culturali di quegli anni mettono in crisi il negozio che nel frattempo è passato di mano ai figli di Ambrogio, Alberto e Adolfo. Oggi, al civico 28 di via Vincenzo Russo, la bottega storica è in mano ai nipoti Andrea ed Ambrogio che portano avanti l’attività puntando tanto sulla ricerca di nuovi materiale e per poter offrire alle loro numerosa clientela una serie di oggetti utili anche nella quotidianità, senza snaturare lo spirito della bottega creata dal nonno.

SE PARLA MILANES
La ròba troada l’è mèzza robada

Traduzione letterale: “Le cose trovate sono mezze rubate”. Il significato è chiaro: quando si si trova qualcosa il senso civico dovrebbe spingerci a consegnarlo agli enti preposti, le forze dell’ordine per esempio, affinché possa essere restituito al legittimo proprietario. Sappiamo, però, che questo non sempre avviene: chi trova qualcosa se lo tiene. E per il dialetto milanese è cose se fosse un “mezzo ladro”.


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