Giorni della merla, i posti da non perdere “al chiuso”

Con le temperature rigide ecco un breve itinerario di posti da non perdere “al chiuso”

giorni della merla
giorni della merla

Dove andare durante i tre “giorni della merla”, i più freddi dell’anno? Per non rinunciare ad un giro, ma senza rischiare di prendere troppo freddo, per queste giornate una visita a luoghi al chiuso è la soluzione migliore. Non prima, però, di conoscere perché questi tre giorni si chiamano così.

 

Giorni della merla, la leggenda

Tutto nasce come spesso accade da una leggenda che ha come protagonista una merla ed i suoi piccoli: a causa del freddo intenso si rifugiarono per tre giorni dentro un camino e quando finalmente uscirono il loro bel piumaggio era grigio come la fuliggine. Ovviamente esistono diverse versioni di questa storia.

Senza rischiare come la merla di sporcarsi con la fuliggine, una visita al caldo delle Gallerie d’Italia è certamente un’ottima soluzione: qui si ha modo di entrare in un mondo davvero particolare, dove arte e architettura convivono in modo sublime.

Piazza Scala. Come i giorni della merla, anche qui è il numero tre ad essere protagonista: tanti infatti i palazzi che compongono le Galleria d’Italia. Palazzo Brentani, costruito entro il 1720, Palazzo Anguissola Antona Traversi, “La casa forse la più ammirata di Milano” come disse Luigi Zucoli nel 1841 e la sede storica della Banca Commerciale italiana; entrano in quest’ultima si ha fin da subito una forte emozione nel vedere l’architettura di un tempo conservata e restaurata con pregio ed eleganza.

E le mostre, permanenti e temporanee, sono davvero tante. Irrinunciabile la visita alla sala dedicata ai quadri su Milano: un viaggio nel tempo alla riscoperta anche di quanto purtroppo dal vivo non possiamo più vedere.

Via Verdi. Pochi passi, attraversando piazza della Scala e prendendo via Verdi ecco la chiesa di San Giuseppe, all’angolo con la via Andegari. Costruita nel 1607 dall’architetto Richini, forse il migliore sulla piazza all’epoca, ricorda molto la doppia aula di Sant’ Alessandro, ma il risultato è comunque innovativo.

E’ infatti la prima chiesa barocca costruita a Milano, non proprio una qualunque, visto che qui si mette fine al manierismo. Inaugurata nel 1616 venne completata solo 14 anni dopo, fondendo modelli d’avanguardia romani, come la copertura a cupola e non a vela, a concezioni più autoctone e tradizionali lombarde.

 

Giorni della merla, ci vediamo in…

Palazzo Clerici

L’ingresso da una via che è poco più di un vicolo, la facciata che fa dell’ordinarietà la sua eleganza. Insomma, o lo si conosce o Palazzo Clerici passa del tutto inosservato. Una piccola rientranza, quasi un sagrato, segnala il portone d’ingresso. Una piccola finezza architettonica utile a dare un po’ di agilità alle manovre delle carrozze, altrimenti difficoltose visto gli spazi sacrificati su cui affaccia la dimora.

Ben altro tenore ci aspetta negli interni perché siamo di fronte ad uno dei palazzi più fastosi del ‘700 milanese. Già dimora di casati d’un certo spessore, qui vivevano i Visconti di Somma Lombardo i quali decidono di vendere a Giorgio Clerici. Nobile di nuova generazione aveva ottenuto il titolo di Marchese entrando nel ghota cittadino forte delle ricchezze accumulate commerciando seta e prestando denaro non proprio a gratis.

Facciata modesta si, ma l’interno è una selva di arazzi, stucchi e ori. In quel momento lavorava in città il maestro Tiepolo. La volta della sala degli arazzi diventa un capolavoro, un tesoro della città di allora come della Milano di oggi.

L’opera del Tiepolo è la ciliegina sulla torta di uno dei rari esempi di barocco milanese, qui a Palazzo Clerici. Talmente esoso il palazzo che i Clerici svuotano le tasche costringendosi a rivendere a parenti. Francesco Clerici preferisce affittarlo a chi può permetterselo visto che qui alloggiano poi Ferdinando d’Asburgo e consorte, Beatrice d’Este.

Resta poi in mano ai governi che si susseguono fino a quello italiano che qui ci insedia la Corte d’Appello. Oggi è sede dell’ISPI e fortunatamente visitabile.

RETROBOTTEGA
Scaldiamoci al Bar Magenta

Centotredici anni e non sentirli: è infatti dal 1907 che all’angolo tra via Carducci e corso Magenta troviamo l’unico posto di Milano che non è un bar, non è un pub, non è un locale, ma è per tutti sempre e solo il Bar Magenta. In oltre un secolo di storia da qui sono passati davvero tutti, dagli intellettuali agli studenti, dagli uomini d’affari alle modelle.

Lo stile unico che si trova al suo interno è stato capace di adattarsi a qualsiasi situazione, da quelle patinate delle copertine a serate con musica live e mostre d’arte. L’arredo liberty è entrato di diritto nella storia della nostra città, anche grazie ad una indimenticabile presenza di Adriano Celentano durante le riprese del film Asso.

SE PARLA MILANES
El frègg e ‘l cald je mangia minga el loff

Tradotto letteralmente è di difficile comprensione: “Il freddo ed il caldo mica li mangia il lupo”. Si tratta di un modo di dire abbastanza pittoresco, visto che fino a prova contraria, è alquanto difficile vedere un lupo mangiare persino le temperature.

Il significato è in realtà più semplice di quanto si possa pensare: il freddo ed il caldo, nessuno li porta via. Quando arrivano, ce li dobbiamo tenere.

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