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28. 04. 2024 02:20

Conoscere la ricerca clinica, Brunelli: «Favoriamo la comunicazione fra ricercatore e paziente»

Dall’Istituto dei Tumori di Milano il primo corso dedicato al PPI (Public and Patient Involvement)

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La ricerca clinica non deve avere segreti né punti oscuri. Questo è uno degli obiettivi della prima edizione del progetto formativo che l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, in collaborazione con l’Istituto Mario Negri, ha organizzato per sviluppare la collaborazione tra ricercatori e pazienti. Il corso introduttivo sul PPI (Public and Patient Involvement) vede il coinvolgimento di professionisti sanitari tra clinici, ricercatori e infermieri per un cambiamento culturale, che vede ogni specialista considerare il paziente come una figura attiva «PPI vuol dire coinvolgere pazienti e pubblico nelle diverse attività della ricerca, quindi dalla pianificazione degli argomenti fino all’interpretazione e disseminazione dei risultati» spiega a Mi-Tomorrow la dottoressa Cinzia Brunelli, della SC Cure Palliative Hospice Terapia del Dolore e Riabilitazione dell’INT.

Conoscere la ricerca clinica: all’INT il primo corso dedicato al PPI, la dottoressa Brunelli: «Maggiore consapevolezza migliora il risultato finale»

ricerca clinica

Quali sono i vantaggi del PPI?
«La medicina lavora in funzione del paziente e quindi è giusto coinvolgere maggiormente quest’ultimo, anche per il suo benessere. I vantaggi attesi sono per tutti: per i ricercatori che riescono a pianificare studi che abbiano maggiore fattibilità per i pazienti. Si migliorano poi le competenze dei pazienti».

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In questo modo si evita lo scetticismo che a volte c’è verso la ricerca?
«Sì, in realtà i pazienti possono vedere con i loro occhi che si seguono procedimenti rigorosi. La ricerca è un ambito moto trasparente, più di altri, e che si mette sempre in discussione».

A Milano, come Istituto Nazionale dei Tumori, siete stati i primi a lanciare il progetto formativo sul PPI.
«Sì, siamo stati i primi in città. In Italia il PPI non è molto diffuso. Adesso ci viene chiesto sempre di più perché ci sono molti bisogni formativi dei pazienti che spesso non sanno quanto è gravoso l’iter di uno studio clinico».

Come nasce il progetto?
«Questa iniziativa di formazione per ricercatori è nata all’interno del progetto CCE-DART, finanziato dalla Comunità Europea, che coinvolge sette centri oncologici di eccellenza in Europa».

I pazienti sono interessati?
«I pazienti vogliono essere coinvolti e trovano più senso in quello che gli succede se riescono a dare un contributo particolarmente attivo come quello della partecipazione alla ricerca clinica».

Quanto può giovare al paziente questo nuovo approccio?
«I pazienti che si mostrano interessati traggono sicuramente beneficio, perché hanno la possibilità di dare un senso alla loro esperienza e di poterla mettere al servizio di uno sviluppo futuro e di contribuire a questo processo di ricerca che sarebbe bene che non rimanesse isolato».

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