Milano ormai è una città in cui si discute di tutto, ma proprio di tutto, tranne che del grande “convitato di pietra” che è la questione del lavoro a Milano e del welfare. Si è parlato spesso di “gentrificazione” di interi quartieri, che da popolari sono diventati zone per benestanti.
Si potrebbe invece dire che più che di gentrificazione questa città sta vivendo più processi di espulsione: la classe che un tempo si sarebbe detta media fa fatica a vivere nelle tradizionali zone borghesi o piccolo borghesi e si trasferisce dove le case costano meno, quindi spostandosi verso la periferia. Le classi popolari vengono spinte ancora di più ai margini.
Lavoro a Milano, cosa è mancato negli ultimi vent’anni
Questo perché nel corso degli ultimi 20 anni almeno non c’è stata una politica volta a tutelare il valore d’acquisto dei salari, degli stipendi, né tantomeno una politica abitativa degna di tal nome, lasciando libera la grande e la piccola speculazione, facendo quindi schizzare costi di affitti e case alle stelle.
A Milano il lavoro non manca, la disoccupazione è un fenomeno davvero marginale. Però sempre più lavori non consentono una vita in città dignitosa o “tranquilla”. Gli strumenti di un tempo non sono più adeguati alle necessità di oggi e non si intravede lo sforzo di individuarne di nuovi.
Giovani coppie di professionisti, che un tempo si sarebbero definiti borghesi, oggi faticano ad acquistare una casa e stanno sempre più attente alle spese. I lavoratori poveri sono sempre più poveri e faticano, nel vero senso della parola, ad arrivare a fine mese.
Ma parliamo di città a 15 minuti, di inclusioni immaginarie e non realizzate, e di “place to be”. Buon Primo Maggio.