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28. 03. 2024 18:11

Alla galleria Orsi arriva “Oltre il Novecento”: una prospettiva su Ubaldo Oppi e Arturo Martini

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Amedeo Porro organizza negli spazi espositivi milanesi della Galleria Carlo Orsi (Via Bagutta 14) la mostra “Oltre il Novecento. Ubaldo Oppi – Arturo Martini, due artisti a confronto” che riprende un vecchio tema di affiancamento espositivo di due artisti rappresentanti della più alta cultura artistica del primo Novecento italiano.

Oppi e Martini, due artisti a confronto

Oppi e Martini nascono nello stesso anno – 1889- a pochi mesi di distanza; Ubaldo Oppi, a Bologna (da cui la famiglia mosse nel 1893 ancor lui giovanetto nella città di Vicenza dove poi visse tutta la sua vita) Arturo Martini a Treviso. Due formazioni e caratteri molto simili. Peraltro come se il destino li avesse in qualche modo legati, moriranno tutti e due giovani e in anni vicini, nel 1942 Oppi a 53 anni e nel 1947 Martini a 58.

Il confronto tra questi due artisti nasce dall’accostamento di due opere che hanno un ruolo cardine nel loro percorso – La Povertà Serena di Ubaldo Oppi e La Nena di Arturo Martini. Questi due lavori si inseriscono in una delle tematiche più interessanti del primo Novecento, il dibattito tra le cosiddette arti tradizionali – pittura e scultura – e il nuovo medium di rappresentazione, la fotografia.

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La fotografia, che sin dai suoi albori si interroga sulla possibilità di rappresentare oggettivamente la realtà, è la grande novità con cui artisti e studiosi dell’epoca si confrontano e Martini ed Oppi non fanno eccezione, focalizzandosi particolarmente sul tema della ritrattistica.

Una storia tutta da scoprire

Nel caso di La Povertà Serena e La Nena gli artisti dialogano con questo tema dedicandosi a ritratti di familiari, ma il risultato non potrebbe essere più distante e le opere diventano emblematiche dei due poli attorno a cui verteva l’acceso dibattito: l’individualizzazione di Arturo Martini– tesa verso la caratterizzazione del soggetto e della sua interiorità – e la tipizzazione di Ubaldo Oppi – alla ricerca di una sintesi formale che si potrebbe definire archetipica.

Oppi peraltro aveva sperimentato sulla propria pelle cosa volesse dire “ispirarsi” alla fotografia. Nel 1925 infatti viene denunciato dalla Famiglia Artistica Milanese di aver copiato da una fotografia l’opera che aveva esposto alla Galleria Pesaro e contemporaneamente venduto alle Civiche Raccolte della città di Milano “Sera romagnola”.

Era questo un nudo di donna in piedi, con le mani dietro alla nuca, un dipinto estremamente sensuale con sullo sfondo un paesaggio al tramonto. A queste accuse Oppi rispose con queste parole: “Chi ha detto che il mezzo meccanico, quando sia inteso come mezzo, come sussidio, non possa essere adoperato anche da noi? ….chi, superando la prima impressione, cercasse i rapporti tra le masse plastiche del quadro e della fotografia, vedrebbe che parlare di plagio diventa semplicemente ridicolo”.

Il diverso approccio al tema del ritratto caratterizza quindi anche il resto della loro produzione artistica e consente una lettura ‘per differenze’ di uno dei momenti storico-artistici più ricchi di tutto il Novecento. Entrambi attratti dai movimenti d’avanguardia formulati nell’ambiente parigino, Oppi e Martini elaborano risposte divergenti, esplorabili tramite le opere presenti in mostra con una tecnica pittorico/scultorea molto personale e lontana dagli stilemi del momento.

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