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08. 05. 2024 16:18

Alessio Boni: «Il mio Don Chisciotte, genio e follia»

Al Manzoni Alessio Boni interpreta un classico di Miguel de Cervantes, al suo fianco Serra Yilmaz

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È in scena al Teatro Manzoni – fino a domenica – Don Chisciotte, adattamento italiano del romanzo di Miguel de Cervantes con la drammaturgia a otto mani di Francesco Niccolini, Roberto Aldorasi, Alessio Boni e Marcello Prayer. Sul palco insieme a Boni, nel ruolo del protagonista Don Chisciotte, anche Serra Yilmaz, nei panni del fedele servo Sancho Panza.

Alessio Boni racconta il suo Don Chisciotte

Perché Don Chisciotte è un eroe dei nostri tempi?
«Perché ha mantenuto intatto il suo messaggio sin dai tempi in cui è stato scritto. È talmente convinto di essere un cavaliere errante che si investe di un’armatura, trova un ronzino nella stalla, si affianca al contadino-scudiero – quasi pazzo quanto lui – e parte per questa avventura verso la Mancia, territorio spagnolo come metafora della vita, non per arricchirsi o per guadagnare fama o denaro, lo fa per un’ambizione più alta».

Ovvero?
«In lui c’è il desiderio di dare contro ai truffatori e corrotti per lasciare il mondo migliore ai suoi posteri. Oggi se avessi un nonno o un padre così ne sarei fiero, ma è raro trovarlo. Don Chisciotte si affida alla sua lucida follia per una geniale immaginazione del futuro».

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Quanto può essere utile per l’uomo moderno possedere questa lucida follia donchisciottiana?
«Sarebbe fondamentale averla, ma molto spesso non glielo permettono vista l’attitudine del prossimo al gioco al massacro. Bisogna avere molto coraggio e costanza insieme ad una ossessiva volontà, quasi folle, di perseguire quello che si ha in mente di fare. Sono gli stessi rischi che corriamo noi attori, costantemente in bilico, oggi in scena e domani non si sa».

In che misura essere in scena, oggi, è più difficile del solito?
«Molto. Inutile negare che sia sempre stato un lavoro precario, ma le condizioni di oggi pesano ancora di più. Saremo in scena con questo spettacolo in Italia fino al 27 marzo, dal giorno dopo non sappiamo nulla. E noi siamo i fortunati».

Manca quella tutela promessa dallo Stato?
«Sappiamo quanto lo Stato concede alla cultura in termini percentuali, ma sono stanco di lamentarmi. Vedo esprimersi grandi conoscitori di teatro, cinema e arte, ma la verità è che non è affatto facile governare. Il punto è che l’Italia detiene più del 70% del patrimonio artistico mondiale e lo sanno tutti, la cultura ha un potenziale di indotto spaventoso: questo non andrebbe mai dimenticato. Siamo fortunati ad essere nati in questo Paese e dovremmo smetterla di sentirci più furbi del prossimo. C’è più bisogno del “noi”, soprattutto adesso: i cambiamenti si fanno insieme».

Oggi alle 20.45 e fino a domenica 30 gennaio
Teatro Manzoni
Via Alessandro Manzoni, 42
Biglietti: da 23 euro su teatromanzoni.it

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