Milano si accomoda sul lettino, quello dello psicologo. Un professionista in ogni Municipio, pronto a raccogliere le esigenze dei cittadini e orientarli alle varie soluzioni presenti in città. E’ il senso del servizio che l’Ordine degli Psicologi della Lombardia ha progettato insieme al Comune e alle nove sedi municipali. In ogni quartiere, negli spazi WeMi del Municipio di riferimento, è disponibile un professionista selezionato dall’Ordine, cui ci si può rivolgere gratuitamente (orari e sedi su wemi.milano.it).
«Occuparsi della salute mentale e del benessere psicologico delle persone è diventato un tema centrale per qualsiasi comunità locale», spiega a Mi-Tomorrow Riccardo Bettiga, presidente dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia.
Come si è arrivati al progetto dello psicologo di quartiere?
«Nel 2015 abbiamo colto l’opportunità di Expo, che ha trasformato Milano in una grande vetrina, scegliendo, però, di portare la psicologia, più che nel circuito dell’Esposizione universale, nelle periferie della città per andare a coprire quegli spazi che potevano restare scoperti dal punto di vista dell’attenzione. Abbiamo invertito la rotta: di solito si predispone un servizio e si aspetta che la gente vi acceda; in questo caso siamo andati noi nelle strade, tra le persone».
Tutto questo non perché – pare – l’offerta non sia sufficiente, ma per andare incontro alla domanda, abbassando la soglia e “democratizzando” la psicologia: è così?
«Esatto. Occuparsi della salute mentale e del benessere psicologico delle persone è diventato un tema centrale per qualsiasi comunità locale, specie per una realtà eterogenea, multiculturale, complessa e in forte trasformazione come Milano, dove, nonostante una valida offerta pubblica e privata di servizi di supporto psicologico, la domanda che emerge dalla popolazione non sempre riesce a incontrare un’offerta adeguata».
Come è andata finora l’esperienza?
«Abbiamo imparato molto anche noi: stare nelle periferie e conoscere le diversità delle singole realtà di Milano ci ha fatto gradualmente affinare questa psicologia di servizio. Abbiamo visto che le persone non chiedevano informazioni generali, ma servizi immediatamente raggiungibili sul loro territorio per avere risposte precise ai loro bisogni».
Che altro?
«Sono emersi temi su cui la soglia di attenzione era più alta e a essi abbiamo dedicato approfondimenti speciali, per esempio al mondo della scuola, incontrando ragazzi, genitori e insegnanti e dialogando su tematiche del percorso educativo, su bullismo e cyberbullismo. Nel tempo l’iniziativa si è strutturata sempre meglio, grazie al confronto continuo con i Municipi e l’assessorato alle Politiche sociali del Comune».
Pensa che l’iniziativa possa diventare stabile in futuro?
«Più che pensarlo, lo auspico e lo spero: credo molto nell’utilità di questo servizio e ritengo che debba diventare uno dei servizi essenziali erogati all’interno delle politiche sociali».
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