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26. 04. 2024 04:21

La città a 15 minuti: c’è differenza tra luoghi comuni e luoghi in comune

L'orizzonte della città a 15 minuti nasconde delle insidie: e se Milano fosse vittima di una "quartierizzazione"?

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Si è parlato tantissimo, negli ultimi due anni e ancor di più durante la campagna elettorale, della “città a 15 minuti”. Talmente tanto che da strumento, l’idea è diventata un fine, e non è detto che sia un bene.

Quanto sarà utile la città a 15 minuti?

Sicuramente dotare ogni quartiere di servizi disponibili per la cittadinanza senza bisogno di grandi spostamenti, luoghi appunto raggiungibili in un quarto d’ora a piedi, è cosa utilissima, intelligente e che può aiutare la città a essere meno congestionata, con ritmi meno frenetici.

Quando però lo strumento diventa un fine, quasi assumendo una connotazione ideologica, si possono far notare, sommessamente, dei rischi. Il primo è che se passa l’idea che la nostra vita quotidiana debba svolgersi a “15 minuti” uno poi comincia a pensare quali sono i suoi 15 minuti a piedi (nel caso di chi scrive, i 15 minuti a piedi sono l’Ortomercato: diciamo non il massimo) e non è detto che ne resti entusiasmato.

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In secondo luogo, bisogna fare attenzione a “quartierizzareMilano. La nostra città ha sempre avuto una sua forza proprio nel fatto di non avere una forte identità dei quartieri a favore del tutto, dell’insieme. Questa “romanizzazione” (a Roma invece l’identità di quartiere è talmente forte che può capitare che un cittadino romano non abbia mai visto alcuni rioni della sua città) può portare a una serie di “micro patrie” facendo venir meno un po’ il senso unitario della nostra città.

E aumentando la distanza tra posti “fighi” (e fighetti) e posti “brutti”. Infine, la bellezza di Milano sta nell’avere molti centri e non solo un centro, ma anche nella mobilità interna, nel passare da un luogo all’altro anche nella stessa sera, nel non avere un punto di riferimento fisso, ma sempre mutevole. Insomma, meno luoghi comuni e più luoghi comuni. E utilizzare gli strumenti utili, ma non farli diventare dei totem ideologici e valoriali.

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