L’incendio dei rifiuti di via Chiasserini ha tenuto la città con il fiato sospeso nel vero senso della parola. Sono serviti giorni per domarlo e ancora i focolai sono tenuti sotto controllo. Migliaia di metri cubi di rifiuti andati in fumo, l’odore acre che da Quarto Oggiaro si è diffuso in tutta la città, la diossina sprigionata che ci ha resi tutti ansiosi.
Questo però, purtroppo, è stato solo l’ultimo in ordine di tempo. Sono mesi che a Milano, in provincia, nel pavese vengono sistematicamente incendiati centri di stoccaggio rifiuti (spesso tossici), provocando rischi per l’ambiente e la salute pubblica. Incendi dolosi, causati da chi ha interessi criminali. Ci sono le indagini della magistratura in corso e non possiamo che augurarci che le forze dell’ordine e i magistrati individuino nel più breve tempo possibile i responsabili e li assicurino alla giustizia.
Ma non possiamo solo sperare nell’azione giudiziaria. C’è un problema antico: quello dei rifiuti è un business, un affare enorme su cui la criminalità organizzata ha messo occhi e mani da tempo. Sono molti gli elementi che inducono a pensare a interessi specifici di organizzazioni mafiose in questo campo. Per una volta la definizione giornalistica ha centrato il punto drammatico: la Lombardia sta diventando una terra dei fuochi. È necessaria una lotta senza quartiere: per l’ambiente già precario (la qualità dell’aria è un’emergenza), per una gestione più ecologica possibile dei rifiuti e contro le ecomafie che mettono a rischio la salute nostra e dei nostri figli. Milano ha bisogno di strumenti e di potere per combattere questa vera e propria guerra.