Un anno in due. Anche non interrompendo più la frequenza in presenza, gli studenti delle superiori negli ultimi due anni scolastici avranno seguito un numero di lezioni in classe pari a un anno regolare. Al momento, in zona arancione, vanno a scuola in presenza ancora al 50%. Mi-Tomorrow riporta in due puntate (la seconda venerdì) le opinioni dei protagonisti di questo ennesimo rientro.
Romanello (liceo Cremona-Zappa): «Capiremo se i ragazzi avranno studiato davvero»
Luisa Romanello, docente di lettere in due prime e in una quinta del liceo scientifico Cremona-Zappa, a gennaio aveva partecipato alla “Giornata dell’orgoglio della scuola pubblica”.
Professoressa, come sta andando questa nuova fase?
«Da noi si va a scuola a settimane alterne per garantire il mantenimento dell’intero gruppo classe. Gli studenti da un lato sono contenti, ma dall’altro non credono che le lezioni in presenza possano durare. Inoltre temono che ora li possiamo riempire di verifiche e interrogazioni. Non vogliamo tartassarli, ma allo stesso tempo non devono avere paura di mettersi alla prova».
In Dad verifiche e interrogazioni non si sono fermate…
«Certo, ma con modalità incomplete. Ho dato brevi compiti di latino, ma alcuni ragazzi sono andati peggio rispetto a quando eravamo in presenza: l’idea di dover riconsegnare in tempi stretti li ha messi in crisi. In classe invece non strappo loro di certo il foglio di mano».
Di recente è esploso il caso di una studentessa che ha dovuto bendarsi durante un’interrogazione a distanza. I professori non si fidano dei ragazzi?
«Questa è una situazione estrema e va condannata. Non si può però negare che i ragazzi provino a copiare. Dobbiamo innanzitutto creare una relazione di fiducia e tornando in presenza possiamo verificare se i ragazzi hanno studiato veramente. Con la Dad il sistema di valutazione è profondamente compromesso».
I ragazzi si sentono pronti per la Maturità?
«Una parte dei miei studenti avrebbe preferito sostenere anche gli scritti, soprattutto quelli bravi in matematica e fisica. In generale sono consapevoli di avere un profondo vuoto a livello formativo. Sono preoccupati anche all’idea di dover affrontare i test di ingresso all’università».
Il problema dei contagi si pone soprattutto quando gli studenti si ritrovano fuori dalla scuola…
«I ragazzi più piccoli, che sono molto responsabili, hanno meno occasioni di ritrovo, anche se i genitori cercano di spronarli a uscire per non avere solo relazioni virtuali. Gli studenti di quinta si trovano più facilmente insieme e a volte hanno comportamenti scorretti. Prima del rientro a scuola avevamo già quattro casi positivi: ragazzi che si erano contagiati facendo attività sportiva a livello agonistico».
Massa (Università Statale):«Pronti coi test salivari, ma attendiamo l’ok»
Valentina Massa (nella foto, seconda da ds), docente di biologa applicata, fa parte del gruppo di ricerca dell’Università Statale di Milano che a ottobre ha messo a punto i test salivari da utilizzare nelle scuole: un metodo non invasivo che in queste settimane viene usato per tracciare la presenza del Covid-19 su bambini e ragazzi di tutti gli istituiti di Bollate.
In cosa consiste il test?
«E’ un test molecolare sulla saliva, che si raccoglie con una sorta di lecca-lecca. In laboratorio è poi sottoposto allo stesso processo dei tamponi naso-faringei, ottenendo il risultato in 24-36 ore. Ciò accade nel laboratorio della professoressa Elisa Borghi, che è accreditata da Regione Lombardia per fare i tamponi naso-faringei».
Quali sono le differenze rispetto al tampone naso-faringeo?
«Oltre a non essere invasivo, la raccolta della saliva può essere fatta da sé e poi portata in laboratorio. Inoltre risulta che in alcuni casi il virus arrivi prima alla saliva che al naso e alla faringe. Quindi è più adatto a individuare gli asintomatici o i pre-sintomatici».
Il vostro team è composto tutto da mamme. E’ vero che avete testato il nuovo metodo sui vostri figli?
«Un anno fa abbiamo cercato di capire come fare i tamponi ai bambini durante l’inverno, per distinguere il Covid dai comuni raffreddori. Saputo che l’università di Yale aveva messo a punto il test molecolare salivare, abbiamo adattato quel protocollo alle nostre macchine e lo abbiamo testato sui nostri figli».
Dai test eseguiti nelle elementari di Bollate solo lo 0,59% dei bambini è risultato positivo…
«Credo che questa percentuale così bassa dipenda dal fatto che Bollate abbia avuto un lockdown più lungo del resto della Lombardia. Con il picco di casi avvenuto tra febbraio e marzo, ora la circolazione del virus è bassa. Non abbiamo però termini di paragone perché nessun altro sta facendo un tracciamento di questo tipo sugli asintomatici».
Perché il test non può essere utilizzato per tutti?
«Regione Lombardia è da sempre convinta della bontà di questo sistema. Se si accreditassero i laboratori, il test potrebbe essere fatto come routine diagnostica, anche per gli adulti. Stiamo aspettando che il Ministero dica che basta il test salivare per accertare o no la positività al virus, senza bisogno del tampone naso-faringeo di conferma. Il metodo era stato pensato per le scuole, ma fra poco l’anno finirà…».