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17. 05. 2024 00:44

Camihawke, tre date al Nazionale per chiudere la tournée dei record: «Il mio saggio, la mia maturità»

Portavoce dei millennials (ma non solo) con Il saggio di fine anno, fra ironia e riflessioni sulle nostre ansie quotidiane: «Il mio vissuto è diventato l’escamotage per imparare a riconoscere il calore e l’affetto di chi viene a teatro per darmi un abbraccio vero»

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Il suo nickname è nato leggendo i versi del poeta milanese Michele Mari, in Cento poesie d’amore a Ladyhawke. Era il 2006, allora c’era Tumblr, uno dei primi social network, oggi Instagram. Camihawke è un nome nato quasi per gioco diventato poi negli anni, inevitabilmente, parte di lei. E da allora, partendo da una piattaforma dove principalmente si scriveva o condividevano immagini, Camilla Boniardi non ha più abbandonato il mondo della comunicazione.

Anzi, ne ha sperimentati tanti rami, per riconoscersi in ogni sua più varia sfumatura. Dai social, appunto, alla radio e tv fino alla scrittura. Sempre sincera, diretta, ironica. Per i millennials milanesi, e non solo, Camihawke rappresenta una generazione piena di domande, ma anche e sopratutto di passioni. La musica, il cinema, per esempio. Ma di lei piace soprattutto la sua capacità di variare registri in maniera del tutto naturale e veloce, un modo di presentarsi che l’ha sempre accompagnata su Instagram, il luogo da cui è nato po’ tutto.

E quella sua capacità camaleontica, di variare, ma soprattutto di sapersi mostrare con autenticità in ogni contesto, la riporta anche nel suo spettacolo teatrale che porterà per la seconda volta a Milano (l’8, il 9 e il 10 aprile) in chiusura a un tour fittissimo in giro per l’Italia. Si chiama Il saggio di fine anno, un “one woman show” in cui potersi rispecchiare tra ansie quotidiane, tensioni del passato e momenti ironici per poter sdrammatizzare del presente. Così Camihawke torna qui a Milano, dopo le prime date al Teatro San Babila e Manzoni, questa volta al Teatro Nazionale CheBanca! con tre appuntamenti, tutti sold-out.

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Il saggio di fine anno è un’immagine evocativa, ma non così immediata. Come nasce questa idea?
«Tutto è partito da un’unica idea: lasciarsi ispirare da tutti quei momenti che le persone della mia stessa generazione hanno vissuto alla fine di ogni anno scolastico. Che fosse a scuola con una recita o nei piccoli teatri di paese con spettacoli di danza o musica, ad esempio».

Cosa succedeva?
«Lo spettacolo di fine anno è sempre stato il momento in cui dovevi dimostrare tutto quello che avevi imparato nei mesi precedenti, in pochi minuti si tiravano le somme di quello che avevi fatto prima. E così ho voluto fare lo stesso con il mio lavoro, trasformarlo in un saggio di fine anno per ripercorrere un po’ tutto quello che è stato fatto in quasi dieci anni».

Camihawke al Nazionale
Camihawke al Nazionale

Quindi sul palco porti anche delle tue esperienze personali.
«Assolutamente, tutto parte proprio da mie esperienze che poi ho voluto trasformare, raccontandole in modo che rappresentassero quasi una generazione. Il mio vissuto l’ho usato come escamotage per raccontare una storia in cui in tanti potessero identificarsi, parlo soprattutto di persone che oggi hanno dai venticinque ai trent’anni, la mia generazione insomma. Ma penso che nei momenti più introspettivi dello spettacolo possono toccare il vissuto di tanti, anche di chi è più grande. Lo spettro del mio pubblico è molto ampio».

Nello spettacolo ci sarà quindi spazio anche per la tua parte più riflessiva?
«Quando abbiamo ideato lo spettacolo avevamo in mente di costruirlo attraverso vari registri. Ci sono momenti in cui tenere alta l’attenzione con racconti ironici per poi proseguire con argomenti più di riflessione. È tutto molto colorato e vario: c’è anche una band che mi accompagnerà sul palco per tutto lo show e poi non mancheranno i momenti di improvvisazione».

Com’è nata la parte della scrittura?
«La scrittura è un vero e proprio percorso. L’idea dello spettacolo è nata ben definita, avevamo una struttura ben precisa all’inizio dei lavori. Ma man mano che ci abbiamo lavorato le cose sono cambiate. Chi è venuto allo spettacolo al Teatro San Babila a ottobre ha assistito a qualcosa di un po’ diverso rispetto a quello che porterò al Teatro Nazionale tra pochi giorni, perché la scrittura continua a mutare».

Da bambina sognavi di avere uno spettacolo tutto tuo?
«In realtà per me era un sogno il solo fatto di riuscire ad affrontare il palco. Negli anni ho sempre vissuto il palcoscenico con numerosi saggi di danza, ad esempio, ma era diverso, si trattava di uno spettacolo corale. Una cosa che non ho mai affrontato prima di quest’avventura era il palco avendo tutto il peso sulle mie spalle. Diciamo che è costantemente una sfida a livello ansiogeno».

Cosa ti spaventa?
«Sicuramente il non piacere al pubblico, il feedback del teatro è immediato».

I cinque minuti prima di iniziare lo spettacolo sono lunghissimi?
«Direi tremendi, sono sincera. Mi chiedo sempre chi me lo abbia fatto fare. Sono una persona estremamente ansiosa, ho sempre paura di deludere le aspettative. Vorrei sempre dare il massimo per far uscire che alla fine sono una ragazza in gamba. In quei minuti penso a tutto: mi chiedo, per esempio, il motivo per cui mi trovo lì, in quel posto, a fare quella determinata cosa. Poi, una volta che salgo e supero i primi dieci minuti pieni e carichi di ansia, mi diverto. Sento il calore, l’affetto, capisco che sono davanti a persone venute lì per darmi un abbraccio vero e non per giudicarmi».

E gli ultimi dieci minuti come sono?
«Impagabili, hai quella sensazione di essere arrivata alla fine e esserti divertita. Poi solitamente incontro le persone che vengono a vedermi, la tensione scende, non puoi più sbagliare in modo catastrofico».

Qual è il vero mondo di Camihawke e quello di Camilla?
«Sicuramente mi sento più Camihawke sul web perché è la mia casa, Camihawke è nata sul web, è il suo habitat naturale. Io dico sempre che Camilla e Camihawke sono come due cerchi concentrici. Nel cerchio più grande che sono io, si trova una piccola parte in cui regna Camihawke. Ma l’ambito in cui sono stata più Camilla credo sia stato in quello letterario. La scrittura del romanzo (Per tutto il resto dei miei sbagli, ndr) mi ha permesso di toccare sicuramente sfere più intime, è lì che sono emersa di più».

Da lunedì 8 aprile sarai al Teatro Nazionale CheBanca! è un luogo che ricordi di aver frequentato da piccola?
«Sì, certo. Venivo qui spesso per vedere i musical. È un teatro davvero molto bello e pensare di esserci io al centro, fa strano. Ora, però, dopo lo spettacolo che farò penso che tornerò come spettatrice, come pubblico. Voglio rivivere uno spettacolo sapendo che cosa c’è dietro, con una nuova consapevolezza».

Ti accompagnerà qualcuno, oltre alla band?
«A ottobre ci sono state persone che sono salite insieme a me sul palco, per queste nuove date non posso dire molto, ma è cambiato qualcosa».

Torniamo a Milano, dove chiuderai il tour: che ricordi hai di questa città?
«La maggior parte sono legati all’università. Frequentavo la Statale in via Festa del Perdono, è stata la mia seconda casa, vivevo qui. Poi una volta finita, sono ritornata a Monza dove sono cresciuta».

C’è un luogo che ti fa sentire bene?
«Tra i tanti luoghi direi che quello che mi ha sempre molto affascinata è la Stazione Centrale. Sia per gli spostamenti di lavoro che sono parecchi, ma anche per amore. Ho sempre avuto relazioni a distanza, anche ora, e ho sempre dovuto prendere i treni in Stazione Centrale. È il luogo degli inizi. Da qui partivano i miei lavori, partivano le mie relazioni. Direi che questo è un luogo davvero rappresentativo per me. Poi ricordo tantissimi locali che frequentavo anni fa: il Deus, il Rocket per andare a ballare il sabato sera e poi il Nottingham Forest, mi divertivo sempre tantissimo quando andavo».

Nello spettacolo c’è un momento in cui si possono ritrovare i milanesi?
«Sì, c’è una piccola parte in cui cito il Naviglio Pavese. Finché sono a Milano non mi preoccupo di spiegare dove sia, ma ultimamente facendo un tour fitto per tutta Italia, ho iniziato a esplicitarne il luogo. E qui i milanesi ritroveranno una parte di casa nel mio “saggio di fine anno”».

Da lunedì 8 aprile a mercoledì 10 aprile alle 21.00

Teatro Nazionale CheBanca!

Via Giordano Rota, 1

Biglietti: sold-out presso i canali ufficiali di vendita

Camihawke, lo spettacolo

Camihawke scrive il suo primo spettacolo basandosi su tante sue esperienze personali. Dagli spettacoli, da piccolissima, che affrontava al termine dei corsi di danza oggi tiene le redini di un suo personalissimo show. Sul palco sarà accompagnata da una band e parte del resto della scenografia invece sarà occupata da una serie di alberi costruiti in legno. «Non voglio fare nessuno spoiler – spiega – ma anche la scelta di questa scenografia ha un suo perché. E poi c’è un led, molto bello, di cui vado molto fiera, è molto particolare, stondato. Ma le risposte a tutto poi le si troveranno durante lo spettacolo».

Camihawke, il messaggio

All’interno de Il saggio di fine anno, Camihawke varia tra diversi registri e ai momenti più scanzonati alterna quelli più introspettivi. Ricorda così una tematica molto cara ai suoi stessi coetanei (generazione millennials), quella delle aspettative sul futuro e ci racconta:

«È molto importante per me il momento in cui si ricordano le difficoltà che ha vissuto la mia generazione intorno ai 18-25 anni. È un momento molto delicato perché ci si trova a essere ancora molto giovani, al termine delle scuole superiori, quando la società inizia a chiederti, in un attimo, cosa voler fare “da grande”. È un momento cruciale perché sembra che il mondo non aspetti altro se non che tu prenda decisioni importanti per la tua vita, subito. E allora inizia a venire fuori l’ansia da prestazione in un momento in cui non hai veramente ancora capito cosa ti piace. E, intanto, il mondo va avanti e tu ti senti “sbagliato” perché in ritardo con la tua scelta».

Una tematica che abbraccia anche le generazioni più giovani che seguono con entusiasmo Camihawke: «Io vorrei solo tranquillizzarli. Vorrei far capire loro che si può scegliere che cosa fare della propria vita anche più tardi. Ciò che facciamo prima di capire dove volerci posizionare, le strade che prendiamo nel frattempo non le chiamerei errori, direi più esprerimenti. Quando sono uscita dalle superiori c’erano i corsi di orientamento, ma erano pochissimi e venivano un po’ snobbati. Non ci andava nessuno. Invece credo che siano indispensabili, soprattutto è importante avere un confronto con chi è già nel mondo del lavoro perché si esce dalle scuole molto disorientati, a me sarebbero serviti dei consigli in più»

CON MI-TOMORROW
AL TEATRO NAZIONALE

Destiniamo 2 biglietti per ciascuna delle tre date dello show di Camihawke ai primi tre lettori che chiameranno il 340.24.31.528. Il numero è attivo dal lunedì al venerdì, dalle 10.00 alle 19.00

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