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02. 05. 2024 19:18

Nessuno le può giudicare: il caso di Enea visto da Milano e i milanesi

Due episodi a Milano a pochi giorni di distanza. Tanti appelli, altrettanta confusione. Proviamo ad addentrarci, con grande cautela, nel mondo delle scelte più difficili da praticare con il cuore e con la mente. Scelte che difficilmente non hanno come unico obiettivo quello di garantire a un figlio il miglior domani possibile

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Di lui conosciamo il nome, il peso e la data in cui è stato portato alla Culla per la vita. A sua insaputa in questi giorni Enea è diventato il bambino più famoso d’Italia. La Mangiagalli, la clinica più scelta dalle donne che partoriscono a Milano, ha reso noto che un neonato era stato lasciato nella culla termica predisposta per ospitare i piccoli che i genitori decidono di non tenere con sé (terzo caso dal 2007). Il contenuto della lettera della mamma, definita dai medici che l’hanno raccolta “piena d’amore”, che accompagnava il neonato nel giorno di Pasqua, è stato riportato.

Nei giorni successivi sono scattati appelli, anche degli stessi sanitari del Policlinico, per incoraggiare la mamma a tornare sui suoi passi. Ezio Greggio si è offerto di aiutare la donna, supponendo che la sua scelta sia stata dettata da problemi economici. Pochi giorni dopo all’ospedale dei bambini Buzzi una coppia senza fissa dimora si è presentata con una neonata partorita in un capannone di Quarto Oggiaro dicendo di non volerla riconoscere.

E così, il chiacchiericcio, le polemiche e i giudizi su queste scelte così personali sono di nuovo riesplose sui giornali e sui social. L’aspetto che più lascia perplessi, però, è il fatto che queste notizie siano state rese note, seppur in buona fede, dagli ospedali: nonostante l’anonimato sia stato rispettato, forse le vicende avrebbero dovuto rimanere totalmente private.

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Caso Enea, la cooperativa Comin: «Così le nostre famiglie accudiscono i piccoli in attesa dell’adozione»

Da quando Enea è stato lasciato nella Culla per la vita a quando ha trovato una famiglia sono passati pochissimi giorni. Ma ogni situazione è a sé. Non tutti sanno che ci sono famiglie disponibili ad accogliere i bambini anche molto piccoli per alcuni mesi, finché non li si dichiara adottabili o fino a quando non si decide per loro un percorso di affido più stabile o il ricongiungimento con i genitori.

Sono le famiglie di pronta accoglienza. La cooperativa Comin ha creato un servizio che forma coppie ad accudire i piccoli dagli 0 ai 3 anni. Maria Luisa Coi è la coordinatrice del progetto (nella foto con l’equipe educativa dell’affido Comin, in primo piano al centro, ndr).

cooperativa comin
cooperativa comin

Innanzitutto cosa pensa della vicenda del piccolo Enea?
«Quella di questa donna è una decisione molto intima e personale e, si suppone, anche faticosa e dolorosa. Anche se la sua identità non è stata svelata, che se ne sia discusso così tanto, con giudizi e valutazioni, mi è sembrato un po’ forte. È giusto parlare della Culla per la vita, ma senza entrare nel caso specifico».

Non è strano che l’ospedale abbia reso noto il contenuto della lettera?
«In teoria questo tipo di documenti sono inseriti nel fascicolo del bambino, che viene tenuto segreto dai servizi sociali e dal tribunale fino al compimento dei 25 anni dei bambini adottati».

Cos’è il servizio di Pronta accoglienza di Comin?
«È stato pensato, in collaborazione con il Comune di Milano, per i neonati che vengono lasciati in ospedale o per bambini piccoli che vivono situazioni famigliari di grave difficoltà: data la loro età è meglio che vengano accolti in una famiglia anziché in comunità».

Quali sono i requisiti di queste famiglie disposte a tenere i bambini per un breve lasso di tempo?
«Devono essere coppie che hanno già dei figli, in modo che il successivo distacco dal piccolo non sia troppo doloroso, e nelle quali uno dei due è disposto a rimanere a casa dal lavoro per accudire il bambino: in genere questo tipo di affido dura circa un anno».

Enea ha già trovato una famiglia. Si tratta di una coppia di pronta accoglienza?
«No, perché questo tipo di affido viene attivato quando il tribunale non ha ancora capito se c’è un vero e proprio stato di abbandono. Invece in casi come questo la situazione è chiara e quindi noi non veniamo neanche interpellati e il tribunale apre immediatamente la procedura di adottabilità».

Cosa possono fare le coppie interessate invece alla pronta accoglienza?
«Possono consultare i siti coopcomin.org e associazionelacarovana.org, oppure chiamare il numero 392.453.59.14. Le famiglie vengono formate con un percorso tenuto da una psicologa e da una pedagogista. Poi vengono affiancate da un educatore per tutta la durata dell’accoglienza».

Caso Enea, parola ai milanesi

Francesco Aloise
Francesco Aloise

«Scelta dolorosa, non l’ha abbandonato»
Francesco Aloise
36 anni, impiegato
«Una cosa è certa: la mamma di Enea non ha abbandonato il bimbo. Bensì ha pensato a qualcuno che potesse dargli una vita migliore in futuro senza magari vivere l’infanzia e l’adolescenza in difficoltà. Per questo ne possiamo solo prendere atto: non siamo nessuno per poter giudicare la scelta di questa mamma che sicuramente è stata ponderata. E, allo stesso tempo, dolorosissima».

 

Martina Cassano
Martina Cassano

«Enea è stato adottato da tutti noi»
Martina Cassano
24 anni, studentessa
«Accanto a Enea, ormai adottato da tutti noi, una lettera di amore e di addio della sua mamma, consapevole di non potergli donare la vita che merita. Una giovane ragazza, una donna con difficoltà economiche da non consentirle di coccolarlo e averlo con sé, persino vittima di stereotipi e pregiudizi che la società costruisce, chissà. Armiamoci di comprensione verso chi, come lei, è a un terribile bivio».

 

Giancarlo Labate
Giancarlo Labate

«Giusto sfruttare quella culla»
Giancarlo Labate
24 anni, giornalista
«Se i genitori non possono allevare i propri bambini con dignità, sfruttando questa opportunità della “Culla della Vita” in Mangiagalli consentono in primis al figlio di vivere meglio e in condizioni più agiate e poi, se viene consegnato in affido ad altri genitori, permettono alla famiglia adottiva di crescere un bambino che magari non riuscirebbero ad avere in maniera naturale per diversi motivi».

 

Rosa Mele
Rosa Mele

«Scelta fatta col cuore, lo ha salvato»
Rosa Mele
33 anni, impiegata
«La scelta della mamma di Enea è insindacabile e fatta col cuore. Non lo ha abbandonato: lo ha salvato. Lasciare un bimbo in ospedale è una scelta d’amore, un amore troppo grande che solo una madre può provare verso un figlio. Di sicuro la mamma di Enea è l’emblema di un coraggio immenso.
E anche noi, da esterni, non possiamo che dirle semplicemente grazie per il gesto che ha compiuto».

 

Simona Aprile
Simona Aprile

«Non lo avrei fatto, che prevalga l’amore»
Simona Aprile
41 anni, impiegata
«Penso che ognuno di noi sia in grado di avere un briciolo di consapevolezza nell’affrontare il futuro. Questa signora si è vista senza lavoro, senza nessuna entrata… Ha preferito lasciarlo in altre mani che lo avrebbero aiutato a crescere. Io non lo avrei mai fatto, la nascita di un figlio è la cosa più bella per una donna. Ma i dottori hanno fatto bene a lanciarle quegli appelli: spero possa prevalere l’amore verso un bambino».

 

Martina Martire
Martina Martire

«Non si contesta la scelta di una madre»
Martina Martire
24 anni, studentessa
«Da studentessa e non da madre, posso dire che il limite tra l’abbandono e la scelta consapevole che ha fatto questa donna è molto sottile. Se esiste la possibilità di utilizzare la culla, è opportuno farlo in caso di necessità. Se lei ha maturato questa scelta va solo accettato per il bene del piccolo. Non ha senso farlo nascere e poi affrontare delle difficoltà. Non è stata una scelta fatta con fretta».

 

Angelo Runco
Angelo Runco

«Mediaticità in conflitto col fine della culla»
Angelo Runco
25 anni, studente
«Rendere mediatico un caso come quello della mamma di Enea penso si ponga in contraddizione con la ragion d’essere dell’Istituto, che nasce per mantenere riserbo sulle identità e soprattutto per dare una seconda possibilità a bambini nati da genitori che per motivi diversi sentono di non essere in grado di ricoprire un ruolo non facile. In cuor suo terrebbe il bambino, ma la coscienza segue altre strade».

Francesco Mazza
Francesco Mazza

«Sponsorizziamo di più questa culla»
Francesco Mazza
26 anni, studente
«Bisognerebbe apprezzare quello che ha fatto la mamma di Enea. Ha dimostrato di amare suo figlio. Piuttosto che farlo nascere in una situazione disagiata, ha preferito consegnarlo a un ospedale per dargli un futuro con più speranze. Si è dimostrata intelligente nel compiere questo atto, anche se spesso i bambini vengono abbandonati nei cassonetti. Dovrebbe essere ancor più sponsorizzata la Culla per la vita».

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