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26. 04. 2024 16:25

Manuel Agnelli è il Milanese dell’anno per i lettori di Mi-Tomorrow: «Il mio primo comandamento: non mentirmi»

«La noia è un vero lusso ed è stata il motore che mi ha permesso di concepire e creare Ama il prossimo tuo come te stesso»

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«Grazie per avermi votato come Milanese dell’anno per Mi-Tomorrow. Siete pazzi!». Manuel Agnelli ringrazia così i nostri lettori che lo hanno nominato Milanese del 2022, con oltre il 28% delle preferenze (su 41mila voti) e dimostra ancora una volta che quell’attitudine rock che lo ha portato al successo come leader degli Afterhours, in più di trent’anni di carriera, brucia ancora.

In una lunga chiacchierata con Mi-Tomorrow, Manuel Agnelli ha ripercorso il processo creativo che l’ha portato a concepire, nel silenzio totale del primo lockdown, il suo primo disco solista, Ama il prossimo tuo come te stesso (uscito lo scorso settembre per Universal) che contiene anche la potentissima La profondità degli abissi, meritata vincitrice del David di Donatello come miglior colonna sonora del film Diabolik.

Un album che Manuel Agnelli ha portato in tour affiancato da una nuova formazione: i Little Pieces of Marmelade, Giacomo Rossetti dei Negrita e Beatrice Antolini, attualmente con Vasco Rossi. L’esibizione estiva al Carroponte e quella autunnale all’Alcatraz hanno registrato entrambe il sold-out: segno che quella Milano, presente in molti brani in modo esplicito o più celato, ha apprezzato l’onestà intellettuale di un artista che, con intelligenza ed eleganza, ha voluto rimettersi in gioco uscendo dalla propria comfort zone. Una “sperimentazione” pienamente riuscita, a giudicare anche dall’esito del nostro contest.

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Manuel Agnelli Milanese dell’anno: l’intervista

I nostri lettori ti hanno votato come Milanese dell’anno. Ci credi?
«È abbastanza sorprendente: in lizza c’erano personaggi che interagiscono con la città in maniera più diretta, più visibile. Persone che sono impegnate nel sociale o nella politica: ambiti che, magari, le persone considerano più importanti rispetto al fare musica. Non mi sento comunque fuori posto: da anni mi impegno anche in ambito culturale e, in città, organizzo festival di letteratura, videoarte e cinema (a Germi, in via Cicco Simonetta, uno spazio culturale a 360 gradi, fondato da Agnelli nel 2019, ndr)».

Il premio è dedicato alla memoria di Martina Luoni, morta di cancro a 27 anni: una ragazza che abbiamo conosciuto e alla quale siamo molto legati. Forse non è un caso: tu hai scritto un album, Folfiri o Folfox, che va a fondo delle sofferenze di questa malattia.
«È un disco che mi ha aiutato a elaborare la perdita di mio padre. Lui aveva molta fiducia nel sistema sanitario lombardo e, girando l’Italia, ho potuto constatare che Milano ospita vere e proprie eccellenze, non solo nel campo delle cure ma anche in ambiti collaterali, come ad esempio, l’assistenza. Però, purtroppo, c’è ancora molto lavoro da fare».

Alla città hai dedicato Milano con la peste. Come hai trascorso il periodo della pandemia?
«All’inizio in un appartamento a Milano, nei dintorni di piazza Sant’Alessandro, ma non essendo molto spazioso appena c’è stata occasione ci siamo trasferiti ad Abbiategrasso, dove alcuni anni fa ho comprato una casa più ampia con un piccolo studio di registrazione, che mi ha permesso di utilizzare il tempo per comporre, suonare e registrare in parte Ama il prossimo tuo come te stesso».

manuel agnelli

Cosa ti ha spinto a scrivere, a raccontare?
«Il lockdown ha avuto un aspetto positivo: il recupero della concezione del tempo che avevo da ragazzo. La noia è un vero lusso ed è stata il motore che mi ha permesso di concepire e creare il disco. Ho vissuto appieno i tempi morti, dimenticando l’obbligo di riempire a tutti i costi ogni minuto della giornata. Un’abitudine che porta a non godere di nulla, a non osservare, a non imparare. Quelle giornate ricche di noia sono state molto stimolanti. Mi hanno permesso di elaborare alcuni aspetti che prima giudicavo superflui o poco importanti, di pensare a me stesso in modo interiore e, non per forza, concreto: un aspetto che, in quei momenti, è diventato poi una necessità».

Come hai vissuto la crisi che ha attraversato il settore musicale per via delle chiusure?
«Ho partecipato a molti incontri online con i colleghi per cercare di sollecitare l’intervento delle istituzioni. Purtroppo il musicista è visto come un intrattenitore e non come un professionista. Un aspetto che abbiamo pagato a caro prezzo: nessuno si è preoccupato che migliaia di persone fossero costrette a cambiare lavoro. Non è scattata nessuna regolamentazione che potesse tutelarci, com’è accaduto per altri settori».

Adesso a che punto siamo?
«La pandemia ha messo a nudo problemi strutturali e mai risolti, propri dell’industria musicale. Abbiamo cercato di approfittarne per revisionare la legge sulla musica che è sensibilmente migliorata, ma la strada è ancora lunga».

Tecnicamente, com’è nato il disco?
«Il mio studio non è totalmente attrezzato e ho iniziato a utilizzare i materiali che avevo a disposizione: pentole, piatti, mestoli, il coperchio del water, catene, scatoloni e, anche se non sono un batterista, grazie alla tecnologia, sono riuscito a creare pattern ritmici validi. Alcuni di questi sono stati risuonati in studio, altri sono rimasti invariati, perché quella ruvidezza ha attribuito una personalità distintiva ai brani».

A proposito del titolo: è più semplice amare se stessi o gli altri?
«Amare se stessi potrebbe essere facile se ci si accetta, ma questo è tutt’altro che scontato. Tutto dipende dalla nostra sensibilità. Io sono una persona tormentata di natura, anche se mi considero un privilegiato: ho avuto una vita molto dinamica e, anche nei periodi difficili, ho avuto la fortuna di avere accanto persone che mi hanno sostenuto. Nonostante ciò, non sarò mai totalmente soddisfatto. Quindi forse per me è più semplice amare gli altri, anche se risulta difficile farlo, se non ti vuoi bene».

Qual è il tuo primo comandamento?
«Non mentirmi».

Il tuo bilancio, a tour concluso?
«Gli Afterhours sono un brand: chi partecipa ai live vuole sentire certi pezzi e assistere a precise dinamiche sul palco. Da un lato è una fortuna, perché abbiamo un pubblico fantastico che ci segue da anni ma, dall’altro, è un limite. Il tour mi ha fatto scoprire un’attitudine totalmente nuova e, allo stesso tempo, un modo di vivere il palco che, per certi aspetti, mi ha riportato agli anni Novanta quando, grazie al passaparola, il pubblico cresceva data dopo data. La stessa cosa è successa nella seconda parte del tour, dopo l’uscita del disco. Questo significa che il disco è stato apprezzato. Ed è la più grande soddisfazione».

Perché un artista come te provoca polemiche se compone per il cinema o, prima ancora, se partecipa a un talent?
«Siamo stati tempestati, un po’ ovunque, da presenze che parlano fuori luogo. Capisco che si possa sviluppare una specie di meccanismo di difesa nei confronti di tuttologi che, senza titoli, discutono di qualsiasi argomento. D’altra parte, la storia del nostro Paese è ricca di personaggi trasversali: inventori che sono anche scultori, pittori, soldati. Ho vissuto la Milano degli anni Ottanta, un periodo di grande fermento culturale: ho frequentato gli studi di Ettore Sottsass e Vittorio Gregotti. Ricordo serate in compagnia di fotografi, stilisti, pittori e musicisti, durante le quali gli scambi culturali erano vivi e la trasversalità era l’assoluta normalità».

E oggi?
«Purtroppo oggi si tende a incasellare le persone in ambiti troppo rigidi, fissi. Forse qualcuno pensa che io non sappia coniugare un congiuntivo, perché mi ha visto roteare con un microfono in tv (durante la scorsa edizione di X Factor, ndr). Loro sono liberi di pensarlo. E io di fare ciò che voglio».

 

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Manuel Agnelli: dal Tora! Tora! a guru di X Factor

Classe 1966, cresciuto a Corbetta, in provincia di Milano, Manuel Agnelli ha segnato profondamente la scena alternative rock italiana con la band che ha fondato nel 1986, gli Afterhours. Cantautore e polistrumentista, negli anni, ha collaborato a diversi progetti musicali producendo lavori di Patty Pravo, Cristina Donà, Marco Parente e Verdena.

È ideatore e organizzatore del Tora! Tora! Festival, un evento musicale itinerante che ha toccato diverse città italiane, dal 2001 al 2005. Nel 2006 è in tour con gli Afterhours tra Stati Uniti, Canada ed Europa, per 120 date. Nel 2009, la band è a Sanremo con il brano Il paese è reale. Sempre in quell’anno scrive per Mina, con la quale duetta, Adesso è Facile. Nel 2016 Manuel Agnelli è tra i giudici di X Factor, ruolo in cui viene riconfermato anche in tutte le edizioni successive, fino al 2022, ad eccezione di quella del 2019 in cui sceglie di non partecipare.

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