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29. 03. 2024 11:31

Orti, terrazza e bar: tempo di “mosso” al Parco Trotter

Rossetti (Comin): «Qui un luogo che si apre a due quartieri»p

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Incastonato tra la multietnicità di via Padova e il fermento di via Giacosa, strada inglobata a pieno titolo nella rinnovata vivacità di quello che oggi è il nuovo quartiere Nolo (acronimo chic dell’anglofono North of Loreto), il Parco Trotter cerca una sua identità. Ippodromo dal 1800 al 1920, poi scuola con convitto per bambini “gracili” a rischio tubercolosi, oggi il polmone verde del Municipio 2 è tante cose: una scuola di quartiere immersa tra gli alberi, un parco comunale aperto al pubblico negli orari di chiusura della scuola e, da qualche giorno, anche “mosso”.

Si chiama così il nuovo Punto di Comunità di Lacittàintorno, il programma di Fondazione Cariplo, in collaborazione con il Comune di Milano, che si propone di migliorare la qualità della vita e creare «nuove geografie» cittadine in spazi inutilizzati o in stato di degrado coinvolgendo gli abitanti dei contesti urbani fragili.

“mosso” al Parco Trotter, il progetto

A tornare a nuova vita è l’ex Convitto del Parco Trotter, un complesso di 2.400 metri quadri con 4 padiglioni, giardino, orti e terrazza al quale si accede, appunto, da via Mosso, angolo non proprio idilliaco di via Padova. A dare un’anima alla struttura saranno le cooperative sociali e le associazioni culturali che dal 2018 si sono riunite nell’Associazione temporanea d’impresa per sviluppare una “visione” che si è concretizzata in “mosso”.

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Coinvolte nella progettazione sociale guidata dalla capofila La Fabbrica di Olinda (già artefice della riconversione degli spazi dell’ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini di Milano), sono la cooperativa sociale Comin che realizza interventi educativi a favore di bambini e famiglie in difficoltà, il Centro Servizi Formazione che si occupa di formazione scolastica e professionale per adulti a rischio esclusione, e le associazioni culturali Ludwig e Salumeria del Design.

mosso al parco trotter

Al di là del politichese e della giusta attribuzione della progettualità – ben rappresentata al taglio del nastro dalla vicesindaca del Comune di Milano Anna Scavuzzo, dal Presidente di Fondazione Cariplo Giovanni Fosti, e dal presidente di La Fabbrica di Olinda, Thomas Emmenegger – per capire a fondo cosa accadrà a “mosso” occorrerà aspettare ancora un po’. Di sicuro adesso è un bar aperto dalle 7.30 all’1.00 di notte, arredato con il design open source di Enzo Mari, dove al bancone lavorano fianco a fianco baristi e operatori sociali, e una pizzeria in cui gli impasti sono preparati con farine artigianali semi-integrali e lievito madre.

Sono pronti da utilizzare lo spazio riuso, quello spettacoli, la cucina condivisa che servirà anche alla preparazione dei piatti della carta del ristorante che a breve affiancherà quella della pizzeria, e gli spazi riservati agli incontri e alla formazione. Ad accogliere tutti la portineria sociale dove l’ascolto sarà la priorità perché “mosso”, dicono i suoi promotori, «è un luogo multiforme, che indaga le differenze e accorcia le distanze, dove l’inclusività è l’inizio di un percorso di crescita e le aspirazioni sono capacità da allenare ogni giorno».

“Mosso” al Parco Trotter, intervista a Luca Rossetti

«mosso è un luogo dove è necessario un gioco d’equilibrio perché non è pensato come un luogo che porta dentro le persone, ma come un posto che si apre a due quartieri: via Padova da una parte e Nolo dall’altra». A dirlo è Luca Rossetti che per la cooperativa Comin si sta occupando della progettazione e della gestione delle relazioni del Punto di Comunità mosso.

Qual è logica che spinge le attività di Comin all’interno di “mosso”?
«Fare progetti sul tema dell’abitare, della sicurezza e della coesione sociale per portare a compimento un dialogo tra cittadini, associazioni e istituzioni locali, in questo caso Comune e Municipio 2. Stiamo già ragionando con l’Assessorato alla Partecipazione a un patto di collaborazione per la “gestione” del tratto di via Padova in cui ricade mosso per essere funzionali a un dialogo con chi vive in questo quartiere di cui non possiamo ignorare gli aspetti problematici anche legati alla sicurezza».

Come lavorerete in questo senso?
«Cercando di essere un ponte tra il comitativismo di quartiere che si spende su queste questioni e le istituzioni per ottenere risultati concreti che per noi non equivalgono a militarizzare la via, ma allargare le attività sociali e culturali nei cortili e nei caseggiati».

Questo non può innescare un processo di gentifricazione mettendo in difficoltà i residenti che volete aiutare?
«Inutile nascondere che i valori immobiliari sono cresciuti. Questo è nello stesso momento un valore, ma stiamo cercando di capire con il Comune cos’è possibile fare per calmierare i canoni di locazione. Ci piacerebbe anche far partire in spazi privati delle progettazioni europee che possano affrontare questi nodi. I due concetti sui quali lavoriamo sono: rigenerazione urbana e rigenerazione umana perché il nostro obiettivo è far continuare a vivere il quartiere a chi già lo abita. Il nostro è un progetto studiato non “per” il quartiere, ma “con” il quartiere».

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