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27. 04. 2024 15:15

Sindrome di Down, il racconto di vita di Martina Fuga: «Per includere ci vuole tanta volontà»

La presidente dell’Associazione Genitori e Persone con sindrome di Down di Milano, parla della sua esperienza con la figlia Emma nel libro Diciotto

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In occasione della Giornata Mondiale sulla sindrome di Down, che cade il 21 marzo, arriva la campagna Assume that I can promossa da Coordown Coordinamento Nazionale Associazioni delle persone con sindrome di Down. Una campagna per mettere fine ai pregiudizi, stereotipi e basse aspettative nei confronti dei portatori di questa disabilità. Martina Fuga – responsabile della comunicazione di CoorDown e presidente dell’Associazione Genitori e Persone con sindrome di Down di Milano – è uscita con il libro Diciotto (Salani) per raccontare la sua esperienza di vita con la figlia Emma dalla nascita all’arrivo dell’età adulta.

L’esperienza di Emma e di Martina Fuga, presidente dell’Associazione Genitori e Persone con sindrome di Down di Milano nel libro Diciotto: «La nostra è una città che risponde bene alla diversità»

 

sindrome di down
 

Emma ha partecipato alla stesura del libro? Le piace che si parli di voi e della vostra storia?
«Emma è un’adolescente, quindi il suo ego è molto forte. E’ orgogliosa di avere un libro che parla di lei. Ma al di là di questo, non ha partecipato alla costruzione del libro, ma ci siamo prese il tempo per leggere insieme ogni pagina, ogni riga: sentivo anche un certo imbarazzo nel parlare di lei al posto suo quando ormai è una ragazza maggiorenne. E’ stato un momento molto intenso ed emotivamente potente».

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Nella sua vita Emma ha incontrato una maestra di danza che l’ha accolta insieme alle altre bambine senza alcun problema, ma non sempre è andata così. Secondo lei cosa manca: volontà, formazione o entrambe le cose?
«Sicuramente manca la formazione, ma penso anche che le maestre, per accogliere, non debbano essere laureate in “disabilitologia”. Quindi in tante situazioni serve anche la volontà. Spesso le difficoltà non sono altro che semplici preoccupazioni. Ad esempio, una società sportiva che si diceva inclusiva ha rifiutato l’iscrizione di Emma dicendo di non avere istruttori preparati».

Quanto è inclusiva Milano?
«In generale è una città che risponde bene alla diversità, ma posso parlare per la mia esperienza. Certamente è più inclusiva della Francia, dove abbiamo vissuto con tutta la famiglia, ma ogni Paese ha i suoi tempi di maturazione. Penso che Milano offra tante opportunità. La nostra associazione Genitori e persone con sindrome di Down è un punto di riferimento, grazie al quale Emma sta facendo un bellissimo percorso. L’associazione supporta le famiglie a scuola e nell’inserimento nel mondo del lavoro. Per i ragazzi dell’età di Emma ci supporta con i club dell’autonomia: accompagnano i ragazzi a diventare autonomi, a usare i mezzi, il denaro, a capire i propri sentimenti e ad affrontare il tema della sessualità e dell’affettività».

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