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02. 05. 2024 05:16

Lettera a un “capo” che non è mai stato un capo: Raffa, grazie

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di Marco Maggio

Ho pensato a lungo a questa “lettera”. Mi sono chiesto, soprattutto, se fosse il caso di renderla pubblica. I motivi a favore del no stravincevano: la riservatezza di Raffaella – il mio capo, appunto – cui questo messaggio è dedicato, la sua discrezione ed eleganza (“eleganza” fa rima con “silenzio”, almeno secondo me)… Ma poi mi sono detto: e invece sì. Troppo spesso sentiamo storie di ragazzi e ragazze in fuga non tanto dal posto di lavoro, quanto da un capo che toglie loro ogni entusiasmo. Ecco, non è il mio caso. Quella che mi lega a Raffaella Bianchi, storico caporedattore prima di NonSoloModa e poi di X-Style (il settimanale glam-pop di Canale 5) è una storia di professionalità e amicizia, talento (il suo) e generosità. Una storia d’amore, nel senso più largo del termine. Questo è un giorno davvero simpatico nella sua casualità: da oggi, 11 gennaio 2024, “il mio capo” (non l’ho mai chiamata così, né vissuta come tale in senso gerarchico) interrompe ogni rapporto con l’Azienda che ospita il programma per cui ha lavorato una vita intera. “Lascia la festa quando la stanza è ancora piena”, come direbbero gli inglesi. E lo fa tra gli applausi di tutti. Esattamente 8 anni fa, nello stesso giorno, io iniziavo il mio percorso nel medesimo programma. Lo dico abbastanza spesso, appena ne ho occasione, perché mi faccio tanta tenerezza da solo: mai avrei pensato di lavorare per la trasmissione televisiva che aspettavo di vedere la sera tardi quando ero ragazzino, poi ragazzo, quindi giovane adulto… una vera benedizione, in senso stretto. Quello che non ho mai pubblicamente detto, per l’ovvia paura di scadere nella piaggeria o, peggio, nella mitizzazione dell’umano, è quanto questa benedizione abbia un volto, anzi quattro: quello di tutte e quattro le giornaliste che mi hanno fatto da mamma, professionalmente parlando. Raffaella Bianchi, appunto, insieme a Liana Molinari, Paola Acquati, Giulia Zentilomo. Fare ed essere squadra: dopo il primo anno mi resi conto di aver “assorbito” qualcosa da ciascuna di loro. Mai il detto “guarda e impara” si è reso più vero, nel mio caso. Ma “In principio fu la Raffa”. Con l’articolo davanti, sì. Suo il primo volto che ho impresso nella memoria la prima volta che entrai in redazione (l’obiettivo era portarsi a casa uno stage di due settimane…). La prima, grande soddisfazione, fonte di infinita sicurezza per un ragazzo che viveva intrinseche, ataviche insicurezze dovute alla sua storia personale, non fu tanto l’inizio in sé di un percorso che sarebbe diventato “il mio tutto lavorativo”, quanto l’esser stato “visto”, osservato e intuito per qualcosa che nemmeno io avevo ancora capito di me. Io non mi ero ancora capito… lei sì. Non è stata la primissima in ordine cronologico: negli ambienti lavorativi in cui mi sono trovato sono sempre stato molto fortunato, dalla radio alla pubblicità all’editoria ho sempre incontrato dei maestri (ne cito solo uno, perché non c’è più e perché ci siamo voluti bene: Franco Nisi, storico direttore e mitica voce di Radio Italia); ma Raffaella, per formazione, cultura, educazione, ha saputo “prendere” da me tante piccole parti che non sapevo nemmeno io mi componessero.


Mi ha scelto, facendomi capire la bellezza, il privilegio e la responsabilità prima dell’essere scelti, poi dello scegliere. Quando nel dicembre 2016 Franca Sozzani ritirò l’ultimo, ennesimo premio per non ricordo quale ennesimo riconoscimento, in pochissimi sapevano che di lì a qualche settimana sarebbe morta. Lei sì, lei lo sapeva. Nel suo discorso di ringraziamento citò solo Jonathan Newhouse (il suo Editore, “il suo capo”). Sozzani aveva una miriade di persone che avrebbe potuto ringraziare: fotografi, stilisti e creativi di ogni genere, persino un figlio… ma no: lei scelse di ringraziare l’uomo che 27 anni prima investì sulla sua controversa creatività, quella per cui lei stessa ha rischiato il licenziamento a ogni numero, a ogni copertina, prima di diventare “la Sozzani”. La motivazione fu:
“Per cambiare, bisogna correre dei rischi. Vorrei ringraziare una persona: Jonathan Newhouse, perché anche se all’inizio forse non apprezzava e non capiva, mi ha sempre sostenuta. Senza qualcuno che ti supporti, che ti dia fiducia, sarà molto difficile: ma tu mettici comunque tutto il tuo impegno… e corri dei rischi!”. Ecco, mi rendo conto di avere avuto la stessa fortuna: Raffaella si è fidata di me. Mi ha lasciato libero. Libero di imparare quanto e cosa volessi, di provare, sperimentare; soprattutto, mi ha lasciato libero di sbagliare: ed io considero questa la libertà più nobile tra tutte. Perché è con l’esempio, e non esercitando una autorità, che si insegna. Essendo autorevoli, ossia credibili. Anche questo, l’ho imparato da te, Raffa. Non ho mai lavorato per te: ho lavorato insieme a te. Ho imparato per osmosi, stando con te, con voi (perché una vera squadra, come siete voi, come siamo noi, condivide la stessa anima). La tua capacità di creare storie, anche dove non ce ne sono; le interviste fatte usando l’empatia, anche senza fare domande; l’attenzione alle luci, le riprese, i totali che non devono mai mancare e i dettagli da usare come jolly in montaggio perché non bastano mai; la creatività smisurata e la sconfinata abilità di mettere tutto insieme dando un senso a ciò che apparentemente senso non ha. La tua incrollabile onestà intellettuale, il tuo materno senso di protezione che non rinuncia all’oggettività professionale, la tua presa di posizione sempre morbida e mai schiacciante nei confronti dei colleghi; la tua generosità nel dispensare consigli, condividere aneddoti, racconti di una carriera che si inscrive negli anni d’oro di una società che non c’è più… come ti invidio gli anni e gli incontri che hai, che voi eterne ragazze di NonSoloModa avete vissuto. E poi… la tua curiosità: dall’attualità alle chicche più isolate ed insolite, tutto può essere raccontato… basta saperlo fare. Persino nella diversità dei punti di vista hai saputo vedere ricchezza e non minaccia, forte della tua sicurezza di professionista… e di donna. Mi rendo conto di avere un’ambizione, una speranza più precisa, oggi, ed è quella di essere un giorno per qualcuno anche solo la metà di ciò che sei stata tu per me. Una parola stavolta non bastava, scusa. Grazie, Raffa.

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