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05. 05. 2024 11:28

La Milano artistica di Omar Pedrini: «In questa città si stanno sacrificando luoghi di cultura»

Tutto pronto per il concerto sold-out di Omar Pedrini che salirà sul palco giovedì sera ai Magazzini Generali

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Sta lì, in quel sold-out, previsto per giovedì 18 ai Magazzini Generali, tutto l’amore del pubblico per Omar Pedrini, bresciano di nascita, ma milanesissimo di adozione come dimostrano – ce n’è bisogno? – le canzoni da lui dedicate negli anni a Milano. Una città che ama alla follia e dove ha comprato casa, ricorda, ancora in lire in un quartiere allora operaio ed oggi il più richiesto a livello internazionale, l’Isola.

Omar Pedrini, giovedì ai Magazzini Generali: «A Milano si sacrifica la cultura per un fiume di soldi che dà solo l’illusione di essere fuori dalla crisi»

Come sta?
«Molto bene. Felice del mio ultimo tour ed impaziente di salire sul palco giovedì a Milano, la mia amata città che sale».

La città che sale?
«Come la città di Boccioni. Noi “di provincia” la vediamo un po’ così quando usciamo dai gradini della stazione Centrale».

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Appassionato anche di arte!
«Sì. E a Milano, città da sempre baciata dagli uomini di grande cultura, ho creato la mia banda di poeti metropolitani di cui facevano parte artisti che oggi ci hanno lasciato. Penso a Tommaso Labranca, Giulio Giorello, Andrea G. Pinketts: almeno loro non vedono come sta mutando».

Cioè?
«A me piace leggere quando vengono riaperti cinema e teatri. Invece si stanno sacrificando luoghi di cultura davanti ad un fiume di soldi che da’ solo l’illusione di essere fuori dalla crisi. Ricordiamoci che siamo la sola città italiana mitteleuropea!».

Dopo Expo Milano è diventata più turistica.
«Ben vengano i turisti, ma dove li mandiamo? La cultura si misura anche dal peso specifico di locali come Le Trottoir o le osterie sui Navigli di Alda Merini o degli chansonnier milanesi: chiuderli significa mortificare il giro di intelletti che li frequentano. Milano che ci vai a fare a Londra, seguendo un modello di business che non ci appartiene?».

E’ proprio un Angelo ribelle…
«Io amo Milano incondizionatamente quindi sento il dovere di fare critiche costruttive perché la trasformazione in atto sia accompagnata con una spinta, non con un urto violento. Il compito di chi amministra è equilibrare le varie forze che puntano alla città, oggi e non domani, se no, oltre al primo tempo, avremo perso la partita».

Torniamo al tour Dai Timoria ad oggi, goodbye rock’n’roll.
«6 date infuocate con una grande affluenza di pubblico; ho rischiato più volte di commuovermi! Una malinconia che ho affrontato lasciando parlare le mie canzoni di 35 anni: 2 ore un quarto, 19 canzoni a scaletta e 1,5 chilo in meno ogni concerto. Una partita di rugby».

E ora a Milano celebra il decennale di Che ci vado a fare a Londra, il suo album da solista più fortunato.
«Un album pazzesco al quale è legata la mia rinascita, in tutti i sensi: 10 mesi di tour con l’entusiasmo degli esordi che mi costò quasi la vita. E pazzesca sarà la serata a Milano, con la mia Band, un ospite d’eccezione, Michael Beasley dei Folks, con il quale scrissi il pezzo a Manchester con la benedizione di Noel Gallagher e la mia squadra tra il pubblico».

La sua squadra?
«I miei vecchi compagni dell’Arnaldo Rugby Brescia! Sono emozionatissimo».

Non solo musica; è in tour anche con un nuovo libro, Cane sciolto.
«Non mi fermo mai. Ho scritto musica per il cinema, per esempio con Pupi Avati, e programmi televisivi. Mi piacerebbe riprendere a comporre colonne sonore e perché no tornare alla mia seconda casa, il teatro».

E il suo cuore?
«Batte, tra un sussulto e l’altro. Ora devo trovare il giusto equilibrio per dedicare il mio corpo alla famiglia e la passione all’arte».

Giovedì alle 21.30
Magazzini Generali
Via Pietrasanta, 14
Biglietti: sold-out presso i canali ufficiali di vendita

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