Italiani e stranieri, ristoranti deserti

Salvi dall’ordinanza che impone la chiusura a bar e pub, ma “snobbati” per la paura del coronavirus

Italiani e stranieri, ristoranti deserti
Italiani e stranieri, ristoranti deserti

Milano ai tempi del coronavirus non beve più.

 

Lo ha stabilito un’ordinanza della Regione Lombardia che ha chiuso bar, pub e locali notturni dalle 18.00 alle 6.00 fino almeno al 1° marzo. Rimangono aperti i ristoranti che, però, non se la passano benissimo in una Milano semideserta in cui la gente attanagliata dalla paura del contagio quasi non mette il naso fuori da casa.

A farne le spese sono stati per primi i ristoranti cinesi. Dopo la “Notte delle bacchette” di giovedì scorso sono tanti quelli che hanno tirato giù le saracinesche a causa dei tavoli vuoti e dell’impossibilità di sostenere i costi di personale e materie prime, tra questi ci sono anche i lussuosi Bon Wei e Dim Sum.

Rimangono, invece, aperti – «fino a quando ce lo permetteranno» – i locali del gruppo del gruppo “MU” a Milano e Nova Milanese. «Si tratta di una decisione maturata dopo esserci riuniti e aver valutato i pro e i contro. Siamo consapevoli che restare aperti sarà un impegno importante in termini economici, ma lo dobbiamo ai nostri dipendenti e ai clienti fidelizzati», spiega Liwei Zhou, titolare di MU Fish.

Italiani. Non chiudono, ma non se la passano meglio i ristoranti italiani che annullano gli “eventi”, ma almeno per il momento per la maggior parte continuano ad apparecchiare i tavoli nonostante le tante disdette.

«Se sabato scorso non ci sono state differenze sostanziali, domenica, tra pranzo e cena, abbiamo fatto appena 12 coperti contro i soliti 60», dice Peppe Barone, chef di Terrammare, ristorante gourmet siciliano di via Sacchi. Non va meglio al ristorante vichingo Valhalla che martedì sera contava appena cinque coperti prenotati. Le pizzerie Giolina e Marghe «assicurano massimo controllo e precauzioni di ogni tipo da parte del personale per chi non si farà intimorire» e, nel frattempo, puntano sul delivery.

Non sembra avere ripercussioni El Pecà di via Orti le cui prenotazioni (e le presenze) sono in linea con il passato. Rimangono aperti, ma soffrono, Giacomo Arengario e Terrazza Triennale, ristoranti all’interno del Museo del Novecento e della Triennale. Restano aperti anche i locali della catena Gud nei quali, dice Ugo Fava, «vogliamo offrire un servizio in questa città che sembra fantasma».

Stellato. Resistono Berton e Wicky’s che, però, hanno annullato la cena a 4 mani “La via della seta” in programma il 26 febbraio al Wicky’s. «Anche se abbiamo annullato l’evento il ristorante, salvo diverse disposizioni che potrebbero arrivare dalle autorità, resta regolarmente aperto. Vengo da una famiglia di medici Ayurveda da generazioni e per questo sono ben consapevole dell’importanza di adottare tutte le opportune misure per contenere il diffondersi dell’infezione. Rifacendomi proprio ai principi della medicina Ayurveda, ho pensato di mettere al centro del ristorante una vasca con un mix di acqua e spezie profumate per purificare l’aria. Al ristorante resta invariata infine l’attenzione che da sempre prestiamo alla pulizia e al rispetto di tutte le norme igieniche a tutela della salute dei clienti e del personale», spiega lo chef Wicky Priyan.

«Abbiamo annullato l’evento e avuto qualche disdetta ma il ristorante per il momento va avanti», dice Andrea Berton. «Anzi, dobbiamo andare avanti non dobbiamo fermarci, con tutte le attenzioni del caso dettate dal Ministero della salute. Abbiamo comunicato al nostro staff che non deve frequentare certi posti e zone. Da noi – conclude Berton – il personale lavora con i guanti e si disinfetta le mani da sempre, quindi è una prassi ormai consolidata all’interno del nostro ristorante».

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