«Quando tutto questo finirà, chiunque lavori oggi in un ospedale avrà delle pesanti cicatrici dentro, queste sì paragonabili a quelle lasciate da una guerra, o da una catastrofe», raccontava un medico in un’intervista di alcuni mesi fa. A confermare quella che sembravo soltanto un’ipotesi all’epoca uno studio condotto dagli specialisti dell’ospedale «Sacco», del «Policlinico» e della «Statale» .
I dati. Secondo quanto emerso dallo studio il 40% degli oltre 650 medici, infermieri, assistenti e tecnici di laboratorio coinvolti nell’indagine soffrirebbe di un “disturbo da stress post-traumatico”.
Scendendo nei dettagli sono le donne ad avere una probabilità maggiore di entrare in tale condizione, così come la categoria più colpita in questi mesi è stata quella delle infermiere e delle assistenti socio-sanitarie.
La patologia. Il disturbo da stress post-tramautico è una forma di disagio mentale che fu riscontrata per la prima volta ai reduci della guerra in Vietnam. Chi è affetto da tale disturbo è costretto in un certo senso a rivivere l’esperienza traumatica. I sintomi che si manifestano sono: difficoltà nel controllo delle emozioni, irritabilità, depressione, ansia, insonnia.
Lo relazione dello studio si apre non a caso così: «Il personale sanitario ha sperimentato condizioni di lavoro estreme, con sovraccarico di lavoro, esposizione al rischio di contagio, cambiamento nelle mansioni, pazienti in condizioni critiche, mancanza di supporto. A livello privato, non hanno avuto tempo di riposo o svago, e molti hanno rinunciato alla vita familiare per paura di diffondere il contagio».