Il recentissimo Rapporto Lombardia del Sole 24 Ore ha messo in luce ancora una volta le ferite della crisi che si riflettono nei quartieri più periferici di Milano. Non è certo una novità scoprire come la pandemia abbia acuito le diseguaglianze sociali e la povertà educativa, mentre è sorprendente il dato che riguarda le nuove realtà imprenditoriali nate proprio in quest’ultimo.
In questo senso il recupero è stato netto, persino inatteso nella sua forza. L’analisi, infatti, spiega che il 2020 è stato l’anno record, con poco meno di mille nuove start-up registrate in Lombardia, pari ad una crescita del 31% rispetto all’anno precedente.
E il motore principale di questo processo è stato ancora una volta Milano, che con quasi due nuove start-up al giorno. Insomma, esistono aspetti positivi anche nell’ambito del quadro economico falcidiato dall’emergenza Covid. E’ giusto senz’altro esaltare ancora una volta la laboriosità e la creatività dei milanesi, ma non può passare sottotraccia che a fronte di start-up nascenti ci siano migliaia di imprese fallite o in galleggiamento precario.
Se non si proverà a guardare anche e soprattutto a queste realtà, si rischierà di scrivere un futuro senza anima, privo di tradizione e valori che hanno fatto grande Milano nel mondo. Non è più tempo di sostenere le aziende esistenti con fondi a pioggia. Il passo più coraggioso sarebbe quello di dare credito a tutti, a lungo, anzi lunghissimo termine (15-20 anni), per consentire a tutti di partecipare alla grande sfida della “rinascita”.