Dopo oltre cinquant’anni alla gestione del bar Gatto di piazza Argentina a Milano il titolare, Carlo Pangrazzi, va in pensione e lascia tutto in mano a un giovane ragazzo che rispetterà le tradizioni e si prenderà cura dell’attività per molto altro tempo. Il signor Carlo, oggi 74 anni, è un’istituzione della zona. Con i suoi clienti aveva un rapporto davvero speciale, ma adesso per lui è arrivato il momento di lasciare il locale, parte integrante della sua vita, e godersi un po’ di tranquillità.
Bar Gatto in piazza Argentina: il signor Carlo va in pensione
Carlo, molto conosciuto nella zona di piazza Argentina per la gestione del bar Gatto a Milano amava chiamare simpaticamente i suoi clienti «dottore», «cavaliere», « professore» o «avvocato». Pangrazzi era solo un ragazzo quando prese in mano l’attività che negli anni si consolidò come punto di ritrovo per giovani milanesi, mamma anche per famiglie e bambini. «Negli anni Ottanta dovevamo spingere fuori la gente quasi a calci», ama raccontare ancora oggi il 74enne.
Dal bar Gatto sono passati proprio tutti: lavoratori di ogni genere, faccendieri, turisti stranieri, ereditieri, magistrati e anche personaggi famosi. Due tra i tanti Celentano mentre girava un film e Mogol, chi abitava a due passi da lì. Insomma, un classico luogo milanese intriso di storia.
Ora la gestione del bar Gatto passa nelle mani di Nicola Radice, 33 anni. A trovarlo, a seguito di una lunga e approfondita ricerca, sono stati il fratello minore del signor Carlo, Paolo e la moglie Linda. «Si prenderà cura lui di quest’istituzione, in una staffetta generazionale», assicurano.
Intanto sono tantissimi i messaggi sul web sui social degli abitanti della zona, sia i più grandi che i più giovani, che si dicono tristi per dover dire addio a Carlo, personaggio molto amato e apprezzato, Ehi che da ora in poi non gestirà più lo storico bar Gatto. «Grazie per tutto quello che hai fatto in questi anni», si legge tra i commenti. «Sei un idolo!» «Ciao signor Carlo, il bar Gatto non sarà più lo stesso senza di te».