Sono giorni di corsa e rincorsa per l’assessore comunale alle Politiche Sociali, Gabriele Rabaiotti. Tra vecchie povertà alle quali garantire il continuo sussidio. E nuove povertà per le quali occorre mettere in campo risposte. In mezzo l’esigenza di semplificare e snellire ogni domanda per garantire aiuti nel minor tempo possibile e nella maniera più efficace.
L’intervista all’assessore comunale alle Politiche Sociali, Gabriele Rabaiotti
Assessore Rabaiotti, come impiegherete i 7,2 milioni garantiti dalla Protezione Civile?
«Lo gestiremo con tre linee. La prima, per 700.000 euro di risorse, andrà a potenziare i sette hub che preparano e distribuiscono pacchi alimentari a tremila famiglie».
In che modo?
«I nuovi fondi ci permetteranno di garantire un pacco settimanale a queste tremila famiglie almeno fino a metà giugno. Non solo. La spesa sarà un po’ più sostanziosa, da otto passeremo a dieci chili alla settimana».
La seconda misura?
«Un altro milione di euro sarà destinato alle famiglie indigenti che hanno già fatto richiesta di sostegno economico, ma, pur avendo giudicato ammissibile la loro domanda, non avevamo più risorse economiche per garantire l’aiuto».
Di quante famiglie parliamo in questo caso?
«Sono circa 1.200 nuclei, ai quali verrà consegnata una carta prepagata o un voucher per la spesa alimentare che varietà da 150 euro a 350 euro al mese a seconda delle dimensioni della famiglia. Partiamo da un minimo di tre componenti e possiamo impegnarci a garantire questa misura per almeno due mesi».
Passiamo al terzo target…
«Con circa 5,5 milioni di euro individueremo tutte quelle famiglie che sono finita in condizione di difficoltà a causa dell’emergenza».
Come le individuerete?
«Apriremo una domanda di ammissione a questo contributo. Sarà una finestra breve, una settimana di tempo per compilare un modulo online e farsi assistere telefonicamente con una linea ad hoc».
A chi vi rivolgerete?
«Vogliamo trovare le famiglie con dichiarazione di redditi inferiori a 20.000 euro nel 2018 o fino a 40.000 euro, nel caso in cui abbiano perso il lavoro nei primi tre mesi di quest’anno».
Ci sarà una graduatoria?
«Sì, terremo conto del fatto che siano necessariamente residenti nel Comune di Milano, che vivano in affitto o in casa di proprietà con mutuo ancora aperto, che abbiano più figli a carico. Ma soprattutto premieremo i redditi da lavoro precario: partite Iva, professionisti autonomi, collaboratori occasionali».
Che cosa riceveranno concretamente queste famiglie?
«Come per il secondo cluster di cui parlavamo prima, prevederemo buoni spesa da 150 a 350 euro al mese attraverso carte prepagate o voucher, solo per spese alimentari, motivo per cui non avranno un bonifico sul conto corrente».
Potreste attingere anche dal fondo di mutuo soccorso lanciato dal sindaco?
«No, le destinazioni sono diverse. Noi stiamo ragionando sull’emergenza più bruciante, mentre il fondo sarà destinato a rimettere in pista la ripresa economica e il lavoro. Diciamo che quel fondo non ha una prospettiva emergenziale».
Intanto continuate a cercare strutture per le quarantene, con quali criteri?
«Abbiamo lanciato una call che definisco un’indagine esplorativa, perché mira a verificare se esistano strutture e spazi su cui poter eventualmente contare».
Tradotto?
«Vuol dire che il Comune ha necessità stringenti, ma vuole anche avere chiare opzioni sul tavolo da poter attivare in caso di bisogno. Quindi non c’è impegno per le parti, né per chi si propone, né per noi che riceviamo la disponibilità».
Anche in questo caso ci sono livelli diversi…
«Sì, abbiamo previsto tre misure con una diversa gradazione del protocollo sanitario. Al Michelangelo, ad esempio, c’è alta profilazione medica con la presenza dell’Ats, mentre al Saini cerchiamo di portare soprattutto i senza fissa dimora».
Ci sono ancora tanti “irriducibili” della strada?
«Con la dovuta moderazione posso dire che alcuni di questi si stanno convincendo ad andare nelle strutture a disposizione».
L’emergenza li ha convinti?
«Si sono trovati “chiusi fuori” perché in strada non c’è più nessuno. Sono persone che hanno perso chi lasciava loro qualche moneta, ma anche quel supporto delle attività commerciali che li supportavano portando brioche e caffè, o mettendo a disposizione i servizi igienici. Milano ha una rete di solidarietà informale che oggi è saltata».