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29. 04. 2024 12:18

Il lockdown visto da un’auto dei Carabinieri: «Quando Milano è stata mia»

Carlo Mari ha realizzato un libro fotografico sul lockdown milanese al seguito dei Carabinieri: il progetto

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Un libro fotografico di cento pagine sull’aprile 2020 di Milano, realizzato in pieno lockdown con le immagini scattate al seguito dei Carabinieri, in un periodo in cui, oltre alle ambulanze, erano pressoché le uniche vetture a circolare per le strade deserte del capoluogo lombardo.

Un fotografo, Carlo Mari, nato a Legnano ma milanese d’adozione, poco avvezzo a fotografare la città, più propenso a immortalare l’Africa e gli oceani, si è trovato guardare dalla finestra le strade della capitale italiana della frenesia e a scoprirle immobili, in maniera surreale.

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Com’è nata l’idea della Città vista dai Carabinieri?

«Quando è arrivato il lockdown e mi sono ritrovato chiuso in ufficio, dopo i primi dieci giorni di prigionia volevo uscire a fotografare. Ho pensato, io faccio tutt’altro, fotografo oceani e savane, ma in quella circostanza la città era un deserto e quindi rientrava nelle mie corde. Ma uscire non si poteva, a meno che tu non fossi un inviato di qualche testata. Quindi ho pensato ai carabinieri».

Cioè?

«Avevo un contatto con il Gen. Boccaccio, comandante della caserma Pastrengo, per un altro progetto. L’ho chiamato e gli ho proposto di documentare insieme a loro la Milano svuotata dalla pandemia. Il permesso, però, poteva concederlo solo il comando generale di Roma, che inizialmente ha bocciato il progetto: c’era ben altro di cui occuparsi in quel periodo. Dopo una settimana mi ha chiamato il Generale di Corpo d’Armata Gaetano Mariuccia: ci avevano ripensato, mi ha detto “Dobbiamo lasciare un segno di questa situazione epocale”».

Come si è svolto il lavoro?

«La sera stessa mi sono imbarcato con la radiomobile dei carabinieri e sono rimasto al loro seguito per dieci giorni e altrettante notti, andando dove dovevano andare loro, vedendo quello che mi facevano vedere loro».

Che cosa ha visto il suo obiettivo?

«Normalmente io con la città ci litigo, mi dà fastidio la troppa frenesia, ma in questo caso Milano è stata mia. Era impressionante, perché sentivo il rumore dei miei passi, vedevo la mia ombra e quella del carabiniere che mi seguiva. Era un ambiente dove potevo sdraiarmi per terra, come sono abituato a fare in Africa. Da un lato mi sembrava di essere in una città ideale, ma la sensazione era molto forte a livello emozionale, perché sembrava allo stesso tempo di essere sullo scenario di una guerra nucleare, dove io ero l’unico sopravvissuto».

Il libro era già nei suoi progetti?

«Questo lavoro non era previsto, come non lo era questa pandemia. Ci ho pensato in seguito, vedendo gli scatti. Ho proposto l’idea a Skira, che ha risposto in modo entusiastico, poi è entrata Banca Intesa in qualità di sponsor dei carabinieri e quindi è nato il libro. Ma ne è venuta fuori anche una mostra, che stava per essere inaugurata nel chiostro delle Gallerie d’Italia, proprio quando la Lombardia è diventata zona rossa e i musei hanno chiuso. Speriamo di riuscire a riaprire al più presto».

Il Gen. Maruccia:«Abbiamo seguito il palpito dolente della città»

«Questo volume ha una sua particolarità nel mostrare come i Carabinieri, in una fase così delicata, non hanno “controllato” la città ma l’hanno “accompagnata” – scrive Gaetano Angelo Maruccia, Generale di Corpo d’Armata, Vice Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, nel presentare il libro -. Le foto mostrano una città sola, una città vuota, in realtà si tratta di una città sospesa e in questa sospensione si erge la presenza dei Carabinieri. C’è una differenza tra controllare e accompagnare. Il nostro compito, il compito dell’Arma, è certamente quello di controllare che tutto si svolga secondo giustizia, ma noi, nel controllare, abbiamo anche accompagnato una città smarrita, confusa e disorientata. Siamo stati attenti a seguirne il palpito dolente. Ma la capacità artistica di Carlo Mari non è inferiore alla sua sensibile generosità, da lui tangibilmente dimostrata donando gli introiti derivanti dalla commercializzazione del libro all’Opera Nazionale di Assistenza agli Orfani dei Militari dell’Arma, tra le cui fila si sono purtroppo aggiunti i figli dei Carabinieri sopraffatti dal famigerato Covid-19, ben sei solo nel Comando Interregionale “Pastrengo”, che in quel non facile periodo ho avuto l’onere, ma anche il prestigio, di comandare. È al loro servizio e alla loro memoria che ritengo debbano essere dedicate queste fotografie, così piene di una vita che resiste e trova senso nell’esserci a fianco di chi ha bisogno di cura e difesa».

 

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