Dodici anni dopo il trionfo al Roland Garros, Francesca Schiavone resta l’unica tennista italiana ad aver vinto a Parigi. Al maschile c’è riuscito solo Panatta, tra le donne nessuna ha alzato il trofeo e solo l’amica Flavia Pennetta è riuscita a vincere un altro torneo dello Slam (l’Us Open in finale contro la connazionale Roberta Vinci). Oggi il sogno è scovare e formare tennisti che possano riuscire nella stessa impresa, attraverso lo Schiavone Team Lab.
Una scuola, nelle strutture dell’Aspria Harbour Club e dello Sporting Club Marconi, per aspiranti professionisti e per chi già lo è ma deve perfezionare alcuni aspetti del gioco. Ad affiancare la Schiavone ci saranno il maestro nazionale Lorenzo Frigerio e il preparatore atletico Sergio Bugada.
Nasce a Milano lo Schiavone Team Lab
Perché ha deciso di partire con questa nuova avventura?
«Nasce dal desiderio di condividere la mia esperienza e quel che ho vissuto negli anni. Mi sono ritirata da quattro anni e mezzo e in questo periodo ho guardato tanto tennis, parlato con dei coach di livello e studiato dalla parte esterna del campo».
Qual è il risultato di questo studio?
«Dentro so cosa avviene, fuori devi capire come comunicare. In questo lasso di tempo ho investito su di me e su come poter arrivare ai ragazzi, ai giovani come ai più grandi. Con i professionisti è più facile per me. So cosa vivono, ne ho un ricordo ancora fresco. Per i bambini abbiamo costruito un sistema specifico e innovativo che riguarda sia la parte fisica che il tennis».
Perché avete scelto l’Harbour Club?
«Perchè venivo ad allenarmi qui da giovane e oggi può fornire ai ragazzi una struttura forte, organizzata, con campi da tennis, palestre. È una base importante per loro».
C’è un sogno nel cassetto legato a questa nuova esperienza?
«Certamente quello di vedere qualcuno che possa seguire le mie orme, alzando un trofeo come il Roland Garros. L’asticella è sempre molto alta».
A Parigi avete appena vinto il torneo delle Legend con Flavia Pennetta: com’è andata?
«Con Flavia siamo partite come rivali e ora siamo diventate amiche. Passiamo insieme anche il tempo libero con le rispettive famiglie. A Parigi ci siamo trovate a giocare contro Gabriela Sabatini e Martina Navratilova, nostri idoli, esempi con cui siamo cresciute. Mi hanno insegnato loro il rispetto, la disciplina. Ancora adesso si allenano con costanza. È stata una grande vittoria per me e anche per l’Italia».
Come mai si trova così bene a giocare al Roland Garros?
«Parigi è un campo in cui riesco a esprimermi. C’è una componente fisica e mentale, non c’è solo una questione di forza. C’è una parte logica, strategica. La palla salta in modo particolare e io sono nata con questa qualità di riuscire a colpirla bene sulla terra».
Un’altra qualità è il rovescio a una mano: dopo di lei è sparito dal circuito.
«Si fa una fatica tremenda, è un colpo certamente meno solido rispetto a quello a due mani, ma quando colpisci la palla ti dà un angolo che altrimenti non riusciresti a trovare».