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29. 04. 2024 10:04

L’ultima volta che siamo stati bambini, l’esordio al cinema da regista di Bisio: «Si può raccontare l’orrore senza mostrarlo?»

Per la prima volta l'attore e presentatore è dietro alla macchina da presa per narrare la guerra con gli occhi dei più piccoli

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Roma, estate 1943. L’ultima volta che siamo stati bambini racconta di quattro bambini giocano alla guerra mentre attorno esplodono le bombe della guerra vera. Italo è il ricco figlio del Federale, Cosimo ha il papà al confino e una fame atavica, Vanda è orfana e credente, Riccardo viene da un’agiata famiglia ebrea. Sono diversi ma non lo sanno e tra loro nasce “la più grande amicizia del mondo”, impermeabile alle divisioni della Storia che insanguina l’Europa.

La guerra con gli occhi dei più piccoli, arriva l’esordio alla regia di Claudio Bisio con L’ultima volta che siamo stati bambini

Per loro tutto è gioco, combattono in cortile una fantasiosa guerra fatta di missioni avventurose ed eroismi, poi però fanno patti “di sputo” e non “di sangue” per paura di tagliarsi. Ma il 16 ottobre il ragazzino ebreo viene portato via dai tedeschi insieme a oltre mille persone del Ghetto. Grazie al padre Federale di Italo, i tre amici credono di sapere dov’è e, per onorare il “patto di sputo”, decidono di partire in segreto per convincere i tedeschi a liberare il loro amico. L’ennesima missione fantasiosa entra nella realtà, i tre bambini viaggiano soli in un’Italia stremata dalla guerra, fra soldati allo sbando, disertori, truppe di tedeschi occupanti, popolazioni provate e affamate…

In sala con Medusa Film in occasione degli 80 anni dal rastrellamento del Ghetto di Roma, L’ultima volta che siamo stati bambini segna l’esordio dietro la macchina da presa di Claudio Bisio. «Quando nei primissimi mesi del 2019 ho letto il libro di Fabio Bartolomei, ho sorriso e pianto. Quella era una storia importante e racchiudeva una combinazione di emozioni non facili da tenere in equilibrio, ma l’autore ci era riuscito in modo meraviglioso – le sue parole -. Mi sono quindi chiesto: si può raccontare l’orrore senza mai mostrarlo? E lo si può narrare attraverso lo sguardo disincantato e inconsapevole di tre bambini di nove anni?». Come testimoniato dal film, la risposta è naturalmente sì, con il mondo visto con gli occhi di un gruppo di bambini: «Questo è il film. Il cuore di questo racconto è rappresentato dai bambini, dal loro agire, dalle loro parole e pensieri che imprimono alla storia un tono leggero e ironico. Buffo, malgrado tutto, perché in realtà loro sono serissimi».

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