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05. 05. 2024 11:26

L’attesa per il Don Carlo, Wilma Vernocchi: «La Scala, il sogno che sto ancora vivendo»

La soprano ripercorre la sua carriera e i suoi anni di al Piermarini

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In attesa della prima della Scala con il Don Carlo, la soprano Wilma Vernocchi, che conosce bene quel palco, dove ha cantato per quindici anni consecutivi e per sette anni è stata nel Consiglio d’amministrazione del Museo, racconta a Mi-Tomorrow il suo rapporto con Milano, con Verdi e con Maria Callas, celebrata in questi giorni dalla città.

La Prima alla Scala con Don Carlo, Vernocchi: «Verdi è un compositore immenso, speriamo che il tutto sia in armonia con la regia. E quella volta che incontrai la Callas…»

Com’era studiare al Piermarini?
«I maestri erano severissimi, vigilava una disciplina quasi militare. Entravo in teatro la mattina alle 10.00 per la lezione, poi stavo nel loggione a vedere le prove fino a sera tarda. Oggi mi ritengo fortunata per questa esperienza di vita e di studio, una fortuna per me e per i miei allievi».

Qual è il ruolo che le è rimasto più sulla pelle?
«La mia Butterfly interpretata nella stagione 1972/73 e l’Elisir d’Amore con Luciano Pavarotti».

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Qual è il fascino del Piermarini?
«Il fascino della storia del nostro risorgimento italiano».

Se le dico Verdi, cosa le viene in mente?
«Un compositore immenso. Smise di scrivere quando i critici italiani lo giudicarono troppo provinciale rispetto a Wagner. Fu solo grazie ad Arrigo Boito, compositore e persona di grande cultura, che in età avanzata compose due capolavori come Otello e Falstaff».

Wilma Vernocchi
Wilma Vernocchi

Il Don Carlo di Verdi inaugurerà ancora una volta la stagione scaligera: perché piace tanto?
«Perché è un’opera possente, straordinaria, impegnativa per tutti i ruoli e il libretto si riferisce a un periodo storico la cui politica poco cambia rispetto a quella odierna. L’orchestrazione è considerevole. Speriamo che il tutto sia in armonia con la regia».

In che senso?
«Oggi va di moda stravolgere le rappresentazioni liriche, ma creare arte non è facile e il più delle volte le “trovate” che scandalizzano fanno pubblicità. Tutto si può modernizzare, ma nel rispetto dell’arte del teatro lirico: è come dire mettiamo i baffi alla Gioconda per rinnovare il ritratto».

Milano sta celebrando la Callas. Lei nel ’73 è stata in tournée con lei e Giuseppe Di Stefano: ci racconta qualche aneddoto?
«Callas e Di Stefano furono invitati dal mio agente Shinichi Nakajima come ospiti d’onore alla terza edizione della competizione Madama Butterfly. Per la Callas allora fu il primo viaggio in oriente, ma mentre Di Stefano con il suo fascino e la sua simpatia fu accolto con entusiasmo, lei, diva di fama internazionale, fu ricevuta quasi con soggezione. Dopo la separazione da Onassis voleva tornare in attività, ma fu una grande illusione».

Cioè?
«Mi impressionò vederla indifferente a tutto ciò che le girava intorno, oso dire spenta, quasi non parlava. Io avevo circa trent’anni, avevo ottenuto grandi soddisfazioni e mi sentivo forte: avrei spaccato il mondo! Eppure…».

Eppure?
«Vederla mi fece riflettere sul “peso” della notorietà, su come ti costringe a interpretare ruoli che il pubblico si aspetta obbligandoti a dimenticare di “essere”. Decisi allora di puntare solo su ciò che avrei potuto permettermi seguendo la mia natura».

Oggi canta e insegna in Italia, Cina, Finlandia, Giappone, Russia, Lettonia: la musica lirica è più viva che mai?
«Sì, il teatro lirico è un valore d’arte inestimabile che sottovalutiamo. Anch’io durante i miei anni di teatro mi ripetevo che mai avrei insegnato canto, materia complessa. Ma come sempre la vita ci sorprende e ora insegno l’uso di quel miracoloso strumento che è la voce ad amatori, studenti e artisti».

Nel cast del Don Carlo ci sono 4 italiani: che ne pensa?
«Un’ottima compagnia di canto. Oggi i cantanti sono attori che interpretano con esigenze moderne i personaggi; sono le trovate dei registi che temo quando per modernizzare stravolgono ciò che la musica già rappresenta in perfetta unione con la parola».

Si sente milanese?
«Infinitamente. Sono grata a Milano e ai milanesi. Si immagini, da Forlì riuscii da sola ad arrivare nel luogo più importante del mondo lirico, la Scala! E fu l’inizio di un sogno che sto ancora vivendo».

Don Carlo
Don Carlo alla Scala

CHI E’

Forlivese di nascita, milanese di adozione, è stata allieva del Centro perfezionamento artisti lirici del Teatro alla Scala (1966/69). Quando fu scelta per rappresentare l’Italia in Giappone al concorso lirico per soprano, che vinse dopo aver studiato il personaggio per due anni, avvenne la svolta della sua carriera, una carriera impossibile da sintetizzare in poche battute. Dal 1989 al 1996 nel Consiglio d’amministrazione del Museo alla Scala di Milano, oggi insegna in accademie e scuole musicali, italiane e straniere. Il suo seminario estivo “Vacanze in lirica” in Italia è giunto alla ventinovesima edizione. A 80 anni ha inciso il suo primo disco.

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